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Il raccolto - Sardegna Cultura

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Quella sera come le altre: Mariangela Siddi filava lana e<br />

Pasqua la secondava. ’Ntoni cavava forcelle per fionda da rami<br />

di ulivo. <strong>Il</strong> vecchio, lui, fabbricava giocattoli per il vento<br />

e inganni per gli uccelli, oggetti con i quali ingannava frattanto<br />

le proprie mani, poco inclini a restare inoperose.<br />

Fabbricava aeroplani, banderuole, aquiloni. Su corti fusi<br />

di canna applicava enormi eliche, pure di canna, ruotanti su<br />

un perno. <strong>Il</strong> tutto poi sistemava in cima a una pertica e l’aeroplano<br />

era fatto. L’alzava per prova contro il vento: funzionava.<br />

Urtata dal vento l’elica si scuoteva, brandeggiava, pigliava a girare<br />

con sempre maggiore scioltezza e infine con furia e tutta<br />

l’apparecchiatura ronzava e vibrava. Ridevano i geni del vento<br />

e il dio degli uccelli – ché questo doveva essere il marchingegno<br />

per spaventarli – e Momo dal canto suo uggiolava e sbavava.<br />

E così per le banderuole, fatte di intrecci di foglie di palma<br />

inastate anch’esse su pertiche. E per gli aquiloni, provvisti<br />

di una coda di filacce di tela che il vento scioglieva come capelli<br />

e faceva schioccare. Piantati qua e là per il campo e messi<br />

in azione dal vento, tutti questi apparecchi avevano lo scopo,<br />

insieme con gli spauracchi, di fare il babau ai passeri, sgominandone<br />

ardire e ingordigia. Ma sono migliaia di anni che i<br />

passeri conoscono il trucco.<br />

In questo oziare dunque indugiavano, tutt’e cinque lì<br />

fuori, in attesa che il giorno, nei grandi letti celesti, se ne<br />

morisse e si celebrasse subito dopo, nel ponente, il mortorio.<br />

A un tratto, da tramontana, venne col vento rumore di<br />

zoccoli. E fu Pasqua che prima l’avvertì.<br />

«Gente?» domandò. Perché accadeva raramente che qualcuno,<br />

e poi a quell’ora, passasse per la strada di Serri, e meno<br />

ancora che salisse alla fattoria.<br />

Ascoltarono. Piccolo trotto. <strong>Il</strong> cavaliere non doveva aver<br />

troppa fretta né strapazzare fuor di misura il cavallo. <strong>Il</strong> tloctloc,<br />

del resto, giungeva incerto, ora si udiva ora dileguava.<br />

Sinché il centauro apparve sulla collina, stagliato contro<br />

il cielo.<br />

Là egli sostò, si tolse il cappello e lo agitò nel saluto.<br />

Lampu e Tronu, i due cani guardiani, si slanciarono alla sua<br />

volta abbaiando; mentre Tricò, cane da caccia, si limitò senza<br />

schiamazzi a drizzare le orecchie.<br />

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«Straneo, è» disse Mariangela Siddi. «E chi può essere?».<br />

«<strong>Il</strong> cavallo» il vecchio disse «mi pare quello di compare<br />

Pòrcina».<br />

E Pasqua: «Non sarà il figlio, tornato da soldato?».<br />

Frattanto il cavaliere, chetati i mastini, veniva al passo a<br />

questa volta, ancora agitando il cappello.<br />

«Ma è lui, sicuro» disse Mariangela Siddi.<br />

«È lui, è vero» disse anche Giuanni Cinus levandosi.<br />

Giunto a portata di voce, il nuovo venuto parlò:<br />

«Salute alla nuova gente di Serri, miei padroni» disse.<br />

«Salute al padrone vero» gridò di rimando Giuanni Cinus<br />

rispondendo per tutti. Ma una punta di apprensione e<br />

quasi di contrarietà si insinuò nel suo animo nel dire questo.<br />

Se il figlio di Nanni Pòrcina era tornato, dopo anni di<br />

assenza, non sarebbe accaduto ora che il compare revocasse<br />

il contratto di affitto stipulato l’estate scorsa? Ma scacciò<br />

questo pensiero, che gli sembrava in contrasto con il rispetto<br />

dovuto all’ospite, e ripeté con fermezza: «Salute».<br />

Gli altri non dissero nulla. Aspettarono che il cavaliere<br />

venisse a paro, balzasse giù dall’arcione e si facesse dappresso,<br />

le briglie affrancate al polso. <strong>Il</strong> cavallo, venendogli dietro<br />

così tira-tira, sbuffava e si scrollava.<br />

«Salute!» anche l’ospite replicò, tendendo la mano a<br />

Giuanni Cinus.<br />

La stretta di mano fu accompagnata, da una parte e dall’altra,<br />

secondo un rituale antico, da una parola che si potrebbe<br />

tradurre: “Abbastanza bene, vero?”, ma che è, senza<br />

che la gente più lo sappia, il comparativo latino beatius,<br />

conservatosi quasi incorrotto per quest’uso singolare.<br />

L’ospite si volse subito dopo a Mariangela:<br />

«Ave Maria, Mariangela Siddi» disse compunto. E anche<br />

s’inchinò con bella grazia, quasi dovesse ricevere a sommo<br />

del capo il segno della benedizione. Anche questo fa<br />

parte dell’uso antico.<br />

Mariangela si limitò a rispondere benevolmente «Ave<br />

Maria». Non gli dette però la mano. Non dà una donna la<br />

mano a un uomo. Neppure accennò a ogni modo a segni<br />

di benedizione.<br />

Fu la volta di Pasqua. Anche a lei l’ospite disse «Ave<br />

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