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Queste cose però le pensava soltanto, non le diceva.<br />
Dire, diceva piuttosto che aveva voglia di vivere. E Pasqua,<br />
toccata dalle parole e ignara dei pensieri, esclamava impietosita:<br />
«Poverino». Che in lingua nostra, in verità, suona diverso:<br />
si dice con una parola nella quale in qualche modo,<br />
non so perché, entra un’idea di oscuro, di buio.<br />
«Ah, bah» lui concludeva «lasciamo perdere». Dopo<br />
tutto, tantissimi come lui. E tantissimi peggio ancora, anche<br />
se è vero che ognuno prega solo il suo santo. In fin dei<br />
conti era tornato, con tutte le ossa a posto, e eccolo in questo<br />
momento occupato a conversare piacevolmente con<br />
una bella ragazza.<br />
Qui Pasqua trasalì e parve non ritrovarsi. Era stata con<br />
lui alla guerra, poi in prigionia; aveva vagabondato per tutti<br />
i luoghi toccati dal suo racconto, lontani e misteriosi, da<br />
dubitare che realmente esistessero. Ma adesso, bruscamente,<br />
l’accenno galante alla sua persona la faceva approdare alle<br />
rive di se stessa. Bella ragazza? Oh!<br />
Era venuta ascoltandolo tutto quel tempo in uno stato<br />
di incantata meraviglia. La figura di lui, il suo fare, i modi<br />
stessi del suo parlare – quell’accento curioso che egli dava al<br />
dialetto, mettendovi, a causa della lunga assenza, un che di<br />
esitante e quasi di straniero – la ponevano in soggezione nel<br />
significato pieno della parola: la soggiogavano. Nulla di simile<br />
le era mai accaduto prima. Né sapeva da che cosa questo<br />
fosse, né come e perché. Dipendeva dalle cose che lui diceva?<br />
Abituata ai discorsi dei familiari, dei bastanti, della<br />
gente della sua condizione; adusa alle frasi fatte, alle cose risapute,<br />
ai pensieri ovvii (eccetto qualche segreta temeraria<br />
sortita della sua immaginazione, in momenti particolari); assuefatta<br />
a considerare il mondo entro i confini geografici<br />
delle colline di Serri o, fino all’anno prima, dei monti di Baronia:<br />
legata insomma al suo ambiente come la civetta al<br />
trespolo nelle case delle fattucchiere; questo parlare del giovane<br />
di cose così inconsuete, questo slargo improvviso degli<br />
orizzonti, e la strana parlata, e il passare bizzarro di lui dall’umor<br />
lieto all’umor nero e viceversa; e il timbro, ancora,<br />
della voce, e chissà che altro, esercitavano su di lei il fascino<br />
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delle cose nuove e inattese. Ma era forse nella persona di lui<br />
come tale che s’incentrava il motivo dell’attrazione. Lui per<br />
sé. Lui in quanto “diverso”. Era sì, il figlio di Nanni Pòrcina,<br />
figlio del suo padrino, suo fratello in religione. Ma arrivava<br />
dalla luna, più ancora che dai paesi che aveva nominati.<br />
E recava con sé, aveva in sé, lei non sapeva che forza e<br />
che seduzione. Non era come i giovani da lei conosciuti sin<br />
qui, fatti tutti su una misura che poteva comprendere. Era,<br />
a un tempo, presente e ignoto, leggibile e inaccessibile, vicino<br />
da potersi toccare e insieme come veduto da miglia di<br />
lontananza.<br />
Sicuramente inoltre emanava da lui qualche cosa (ma<br />
cosa?) d’impreveduto e mutevole, era come se rivelasse una<br />
natura violenta e dolce, contraddittoria, sorprendente, cattivante.<br />
E poi c’era anche che aveva fatto la guerra. Anche<br />
questo gli conferiva, agli occhi di lei, una sorta di alone. Lui<br />
adesso ne parlava quasi con sufficienza e fastidio a motivo di<br />
quello che vi aveva patito, poverino; ma certo, al momento<br />
giusto, si era portato con valore e coraggio. La guerra, secondo<br />
lei, era qualcosa che per se stessa glorifica.<br />
Così press’a poco lei si rappresentava la figura di lui. Ma<br />
quanto alle reazioni sue proprie e più intime, non le era facile<br />
gettare lo scandaglio e toccare il fondo. Troppo lungo il<br />
collo del pozzo, e troppo alta l’acqua. Più che un sentimento<br />
(e quale?) erano moti confusi quelli che avvertiva. Quando<br />
lui la osservava – e altro in verità non faceva da quando<br />
era lì – e avveniva che lo sguardo di lui si urtasse nelle iridi<br />
scure di lei – che era più raro – una sensazione indefinibile<br />
si comunicava al suo essere. Si sarebbe detto un freddo improvviso<br />
o una paura. Perché, sebbene impercettibilmente,<br />
ma proprio fisicamente, lei avvertiva dei brividi. Solo che<br />
questi, poi, non restavano un fatto esterno, penetravano anche<br />
dentro, si comunicavano all’anima, giù nel profondo,<br />
proprio la polpa dell’anima, suscitando, là, sconosciuti, risonanze,<br />
echi, languori, e un indefinibile bisogno di tenerezza.<br />
Qui del resto ogni suo sforzo di comprensione si afflosciava<br />
e la vela sbatteva. In queste inconsuete avventurose<br />
immersioni in se stessa, era come un palombaro al quale a<br />
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