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«E tu?».<br />
Era sorpreso anche lui. Era chiaro che nemmeno lui si<br />
aspettava di incontrarla.<br />
«Sto andando alla sorgente, come vedete» lei disse. E, con<br />
subita determinazione di cui lì per lì non avrebbe saputo<br />
spiegare il motivo, aggiunse:<br />
«Perché non venite anche voi, a accompagnarmi fin là?<br />
Ho paura». E rise, dicendo questo.<br />
Ricordarsi i suoi dissidi con sé. Voleva offrirsi la prova che<br />
non lo temeva, non aveva paura di lui, non le importava<br />
niente di lui. E che la sua presenza, quand’anche avesse accettato<br />
– ma non avrebbe accettato – non la turbava per nulla.<br />
Lui non rispose né ah e né bah. Fece dietro front e la<br />
seguì. Aveva accettato.<br />
Così andarono: lei qualche passo avanti e lui dopo, dato<br />
che il sentiero li costringeva a procedere in fila indiana.<br />
E non parlavano, nessuno dei due.<br />
«Non parlate, oggi, Fieli Pòrcina. Siete diventato muto?»<br />
lei domandò a un certo punto, ancora con insolito ardire.<br />
Neanche questa volta lui rispose. Poi se ne uscì inaspettatamente<br />
in questa domanda:<br />
«Perché non mi dai del tu?».<br />
Altro silenzio. Dentro il quale, sul fondo battuto della<br />
strada di Sènniri, si udivano picchiare gli zoccoli di ginepro<br />
che lei calzava e il suono un po’ più sordo dei passi di lui.<br />
Quando ormai la risposta sembrava non dovesse venire<br />
più, lei disse senza voltarsi a guardarlo:<br />
«Darvi del tu? Perché mai?».<br />
Ma la risposta da parte di lui non venne.<br />
«Siete proprio muto, oggi» lei osservò. «Io vi dispiaccio?».<br />
E siccome lui si ostinava a tacere, lei finalmente si voltò a<br />
guardarlo. Di tre quarti. <strong>Il</strong> viso fresco, puro. Ben marcate le<br />
sopracciglia nere sugli occhi neri, la restante parte del viso<br />
chiara come un lume. Sembrava proprio che la portasse<br />
stampata sul viso, quella domanda puerile: io vi dispiaccio?<br />
«No» si decise alla fine a rispondere lui. «Oh no, certo<br />
che no». E sentiva fortissimo, ora, quel tale sgomento su ciò<br />
che provasse realmente per lei.<br />
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Ma erano ormai arrivati. Una nicchia nella spalla della<br />
collina. Una parete di roccia, attraversata da una fessura: era<br />
quella la sorgente. L’acqua, non più che una vena, veniva da<br />
lì, scorreva per un tratto lungo i bordi di quell’interstizio,<br />
poi un cannello la convogliava nella coppa di sotto, scavata<br />
in un gradino della medesima roccia.<br />
Lei mise giù l’anfora e la collocò nella coppa. In testa le<br />
rimase il cercine di panno, una specie di ciambella che, per<br />
come era alta e ritorta, somigliava a una corona di stracci, in<br />
bilico sul viluppo delle trecce.<br />
Immersa l’anfora nell’acqua della coppa, ve la tenne ferma,<br />
premendo le mani sui bracci del recipiente, in attesa<br />
che si riempisse.<br />
Fu allora.<br />
Lui, che era dietro, si avvicinò di un passo, le tenne ferme<br />
le mani sul recipiente e come lei si voltava stupita, le fu<br />
col viso sul viso. <strong>Il</strong> bacio andò a finire un po’ sghembo, fuori<br />
bersaglio, quasi all’altezza dell’occhio. Ma l’errore fu presto<br />
corretto. Le mani di lui si alzarono dai manici dell’anfora<br />
(quelle di lei invece restarono inerti, là dov’erano) le afferrarono<br />
il viso, e questa volta la cosa avvenne a modo.<br />
Più impaurita che altro, lei aveva istintivamente abbassato<br />
le palpebre. Fu perciò in questo buio improvviso che<br />
sopportò, quasi avulsa da sé, la sopraffazione inattesa. Avvertiva<br />
sulla bocca, sensazione sconosciuta, la pressione dell’altra<br />
bocca. Per un po’ tutto fu fermo. Poi la pressione si fece<br />
forte, il bacio si mosse, dissuggellò le sue labbra, le schiuse,<br />
schiuse anche i denti, lei ebbe un senso di soffocazione e terrore.<br />
Intanto anche lui si staccò, poi ritornò, una due volte,<br />
quante volte lei anzi neanche lo seppe, e di nuovo quel contatto<br />
sulla bocca quella pressione quel fuoco, lei sempre<br />
inerte e come paralizzata.<br />
E tutto questo fu fatto in silenzio, nel prodigioso silenzio<br />
dell’universo, fuorché quel cantare sommesso dell’acqua<br />
nella coppa di raccolta, nella quale l’anfora, frattanto, aveva<br />
avuto ben modo di riempirsi e traboccare.<br />
Né, finito che fu, lei disse nulla né fece nulla, come diventata<br />
anche lei di pietra e d’acqua a somiglianza della sorgente.<br />
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