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Il raccolto - Sardegna Cultura

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«E tu?».<br />

Era sorpreso anche lui. Era chiaro che nemmeno lui si<br />

aspettava di incontrarla.<br />

«Sto andando alla sorgente, come vedete» lei disse. E, con<br />

subita determinazione di cui lì per lì non avrebbe saputo<br />

spiegare il motivo, aggiunse:<br />

«Perché non venite anche voi, a accompagnarmi fin là?<br />

Ho paura». E rise, dicendo questo.<br />

Ricordarsi i suoi dissidi con sé. Voleva offrirsi la prova che<br />

non lo temeva, non aveva paura di lui, non le importava<br />

niente di lui. E che la sua presenza, quand’anche avesse accettato<br />

– ma non avrebbe accettato – non la turbava per nulla.<br />

Lui non rispose né ah e né bah. Fece dietro front e la<br />

seguì. Aveva accettato.<br />

Così andarono: lei qualche passo avanti e lui dopo, dato<br />

che il sentiero li costringeva a procedere in fila indiana.<br />

E non parlavano, nessuno dei due.<br />

«Non parlate, oggi, Fieli Pòrcina. Siete diventato muto?»<br />

lei domandò a un certo punto, ancora con insolito ardire.<br />

Neanche questa volta lui rispose. Poi se ne uscì inaspettatamente<br />

in questa domanda:<br />

«Perché non mi dai del tu?».<br />

Altro silenzio. Dentro il quale, sul fondo battuto della<br />

strada di Sènniri, si udivano picchiare gli zoccoli di ginepro<br />

che lei calzava e il suono un po’ più sordo dei passi di lui.<br />

Quando ormai la risposta sembrava non dovesse venire<br />

più, lei disse senza voltarsi a guardarlo:<br />

«Darvi del tu? Perché mai?».<br />

Ma la risposta da parte di lui non venne.<br />

«Siete proprio muto, oggi» lei osservò. «Io vi dispiaccio?».<br />

E siccome lui si ostinava a tacere, lei finalmente si voltò a<br />

guardarlo. Di tre quarti. <strong>Il</strong> viso fresco, puro. Ben marcate le<br />

sopracciglia nere sugli occhi neri, la restante parte del viso<br />

chiara come un lume. Sembrava proprio che la portasse<br />

stampata sul viso, quella domanda puerile: io vi dispiaccio?<br />

«No» si decise alla fine a rispondere lui. «Oh no, certo<br />

che no». E sentiva fortissimo, ora, quel tale sgomento su ciò<br />

che provasse realmente per lei.<br />

62<br />

Ma erano ormai arrivati. Una nicchia nella spalla della<br />

collina. Una parete di roccia, attraversata da una fessura: era<br />

quella la sorgente. L’acqua, non più che una vena, veniva da<br />

lì, scorreva per un tratto lungo i bordi di quell’interstizio,<br />

poi un cannello la convogliava nella coppa di sotto, scavata<br />

in un gradino della medesima roccia.<br />

Lei mise giù l’anfora e la collocò nella coppa. In testa le<br />

rimase il cercine di panno, una specie di ciambella che, per<br />

come era alta e ritorta, somigliava a una corona di stracci, in<br />

bilico sul viluppo delle trecce.<br />

Immersa l’anfora nell’acqua della coppa, ve la tenne ferma,<br />

premendo le mani sui bracci del recipiente, in attesa<br />

che si riempisse.<br />

Fu allora.<br />

Lui, che era dietro, si avvicinò di un passo, le tenne ferme<br />

le mani sul recipiente e come lei si voltava stupita, le fu<br />

col viso sul viso. <strong>Il</strong> bacio andò a finire un po’ sghembo, fuori<br />

bersaglio, quasi all’altezza dell’occhio. Ma l’errore fu presto<br />

corretto. Le mani di lui si alzarono dai manici dell’anfora<br />

(quelle di lei invece restarono inerti, là dov’erano) le afferrarono<br />

il viso, e questa volta la cosa avvenne a modo.<br />

Più impaurita che altro, lei aveva istintivamente abbassato<br />

le palpebre. Fu perciò in questo buio improvviso che<br />

sopportò, quasi avulsa da sé, la sopraffazione inattesa. Avvertiva<br />

sulla bocca, sensazione sconosciuta, la pressione dell’altra<br />

bocca. Per un po’ tutto fu fermo. Poi la pressione si fece<br />

forte, il bacio si mosse, dissuggellò le sue labbra, le schiuse,<br />

schiuse anche i denti, lei ebbe un senso di soffocazione e terrore.<br />

Intanto anche lui si staccò, poi ritornò, una due volte,<br />

quante volte lei anzi neanche lo seppe, e di nuovo quel contatto<br />

sulla bocca quella pressione quel fuoco, lei sempre<br />

inerte e come paralizzata.<br />

E tutto questo fu fatto in silenzio, nel prodigioso silenzio<br />

dell’universo, fuorché quel cantare sommesso dell’acqua<br />

nella coppa di raccolta, nella quale l’anfora, frattanto, aveva<br />

avuto ben modo di riempirsi e traboccare.<br />

Né, finito che fu, lei disse nulla né fece nulla, come diventata<br />

anche lei di pietra e d’acqua a somiglianza della sorgente.<br />

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