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Il raccolto - Sardegna Cultura

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di un solo podere, a Serri. E, di più, la stima azzeccata quasi<br />

in pieno, cosa possono essere cinque quadre in uno sterminio<br />

così?<br />

«Ebbene, e allora» disse calmo Giuanni Cinus «me la<br />

date per vinta, o no, la scommessa? E adesso le canterete le<br />

vostre canzoni?».<br />

Sbollita l’ira, era tornato ridente.<br />

Ma non poteva intanto, un fatto così, non rimescolargli<br />

qualcosa dentro. Qualcosa di lento e di restio a mostrarsi di<br />

fuori, però presente e premente. Come quando uno si mette<br />

a incidere con un coltello la scorza di un vecchio albero, che<br />

non è che dalla ferita subito scappi la lacrima, ma questo non<br />

vuol dire che dentro, sotto la scorza, non ci sia linfa. E d’altra<br />

parte questo fatto, nel caso suo, incideva ben profondo, il<br />

coltello penetrava ben più in giù della vecchia dura scorza. <strong>Il</strong><br />

fatto, dico, che questo <strong>raccolto</strong>, così tenacemente perseguito,<br />

fosse ormai cosa certa, chiuso e legato nei sacchi e stivato nel<br />

magazzino. Lo strano sogno novembrino avverato. L’incerta<br />

visione di quel mattino, ormai così remota, avverata. L’essere<br />

lui insomma arrivato a conoscere questo giorno. Perché questo<br />

sì – ecco ciò che sentiva – era il “suo” giorno. Da agosto<br />

in qua, ogni giorno che era passato, era passato per questo.<br />

Con oggi qualcosa finiva e qualcosa incominciava, sentiva<br />

che era così. E neanche si domandava che cosa; gli bastava<br />

fermarsi a questo: che era così.<br />

Frattanto, lì tutt’intorno, gli uomini lo festeggiavano, lo<br />

complimentavano, gli dicevano buon pro’, a consumare quest’abbondanza<br />

in salute, che ben se lo meritava. E ancora assicuravano,<br />

per la millesima volta, che raccolti così non se<br />

n’erano mai visti a Serri, neanche a ricordo dei vecchi, e che<br />

lui certamente doveva averci qualche magia, beato lui, lo<br />

provava anche il fatto che aveva azzeccato così di netto (cinque<br />

quadre? puah, uno starnuto) la stima, cose mai viste.<br />

«Eh, ma non andatelo a dire in giro» lui celiava «che ci<br />

ho la magia!». Ed era per sopraffare, pigliandola in ridere,<br />

quel qualcosa di molle e denso che gli si muoveva di dentro,<br />

e gonfiava.<br />

Quanto all’ultima quadra, ordinò che non ne versassero<br />

il contenuto nel sacco. La lasciassero lì, così com’era, sull’aia.<br />

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«Perché mai?» gli chiedevano.<br />

«Niente, so io, lasciate fare» rispondeva enigmatico.<br />

Insieme con le altre donne e qualcuno dei bastanti Pasqua<br />

si affaccendava a apparecchiare per il banchetto.<br />

Si muoveva in quell’aria di festa, in quell’allegria rumorosa<br />

che le era intorno, come il moscone incappato dentro la stanza,<br />

il quale dà di continuo sul vetro, vede la luce là fuori, crede<br />

che tutto sia aria, si prova a passare, ma no, c’è quell’ostacolo<br />

invisibile e duro, che sbarra il volo; e tutto così resta di là, lo<br />

spazio, il cielo, i colori, la libertà.<br />

Lei tale. <strong>Il</strong> cuore cocciutamente sbatteva sul vetro come<br />

il moscone perché perché.<br />

Allorché si era posta, decisa finalmente a risolverli, i problemi<br />

che si son detti, del come e del quando, a un tratto<br />

l’idea le era venuta, dopo tante incertezze, alla mente come<br />

la cosa più ovvia: ma sì, guarda, come mai non ci aveva pensato<br />

prima. E, con fermezza, quasi con violenza, aveva stabilito:<br />

“Sarà il giorno dell’inserro!”.<br />

Questo giorno era venuto, ed era oggi; e la “cosa”, dunque,<br />

doveva succedere oggi, stasera stessa, fra poche ore.<br />

Era uso che quel giorno, finiti il banchetto e le feste, tutti<br />

coloro che in qualche modo avevano avuto parte, comprese<br />

le spigolatrici, nei lavori del mietere e del trebbiare (ma più<br />

che altro erano i giovani; gli anziani normalmente se ne esentavano)<br />

sciamassero verso il mare. Là si celebrava quello strano<br />

rito che era il bagno collettivo notturno; un lavacro nel<br />

mare che, tipico ed esclusivo di questa occasione, aveva anch’esso<br />

origini remotissime e, forse, almeno ai primordi, natura<br />

per l’appunto rituale.<br />

L’uso voleva che si partisse sul vespro, in modo che il<br />

bagno potesse farsi al primo calare della notte. E meglio se<br />

in cielo, in quel momento, splendeva la luna, meglio poi<br />

soprattutto se era notte di plenilunio; perché la luna, che<br />

presiede al mistero delle nascite e delle germinazioni, sarebbe<br />

stata di buon auspicio per la prossima annata.<br />

Ancora voleva l’uso che tutti quanti si entrasse in acqua<br />

del tutto nudi, sia maschi sia femmine – separati s’intende in<br />

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