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Il raccolto - Sardegna Cultura

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Pòrcina, già nelle prime pagine del romanzo, in una giornata<br />

novembrina, ha una «specie di “visione”» che poi continuerà<br />

a ricordare: «un’“imbriacata”, … così lui stesso diceva,<br />

frutto del sole che lo stordiva e della stanchezza che gli spezzava<br />

le ossa». È la visione di uno straordinario e felice esito<br />

del suo lavoro, secondato da piogge e venti favorevoli nelle<br />

fasi più delicate e con tanto, tantissimo grano da festeggiare<br />

con il banchetto tradizionale nel giorno dell’inserro. Ma nella<br />

visione di Giuanni Cinus, che puntualmente si avvererà,<br />

manca la dimensione drammatica che accompagnerà il suo<br />

“<strong>raccolto</strong>”: solo il lettore, col senno di poi, potrà coglierne<br />

qualche segnale premonitore sia nell’accenno alla dinìa, al<br />

fato, sia nell’improvviso apparire di Pasqua che chiama il<br />

padre «alla disperata», da lontano, svegliandolo dal sogno ad<br />

occhi aperti. Si potrebbe ricordare che anche in Perdu, nel<br />

sogno iniziale del bambino, che vede e sente bestie feroci, e il<br />

nonno tra queste, che fanno del male a sua madre, c’è già la<br />

chiave anticipatrice e premonitrice rispetto all’intera vicenda.<br />

In questo secondo romanzo però visioni e fantasie dei due<br />

personaggi principali sono ben lontane dall’esaurirsi in alcune<br />

pagine emblematiche: attraversano costantemente i loro<br />

pensieri, ne determinano un che di svagato e distratto, in un<br />

agire che, soprattutto in Pasqua, appare spesso come il risultato<br />

di uno stato alterato di non totale presenza a se stessi.<br />

Emblematica in questo senso è la lunga descrizione narrativizzata<br />

del ballo tondo. Le fasi del ballo sono osservate prima<br />

dall’esterno, da sotto il palco, dalla ragazza sconvolta per<br />

l’incontro inatteso con Fieli Pòrcina. Ma poi la descrizione<br />

procede in modo via via più coinvolto e interno al ballo stesso,<br />

dato che Pasqua, come in trance, sale sul palco, balla e<br />

non riconosce in Fieli il ballerino con cui si esibisce in un<br />

duetto. <strong>Il</strong> ritmo incalzante assunto dalla descrizione finisce<br />

per corrispondere a quello del ballo stesso, vibrante e passionale,<br />

al di là dell’apparente immobilismo delle posture contraddetto<br />

dal movimento velocissimo e abilissimo dei piedi<br />

dei ballerini. Le fasi del ballo tondo, che mai era stato descritto<br />

con altrettanta precisione ed efficacia, sono illustrate<br />

6<br />

in tutta la loro metaforicità di avances, corteggiamento, seduzione<br />

e coinvolgimento amoroso, oltre che nell’intreccio di<br />

amore e morte cui sembrano alludere. Solo che poi, per Pasqua<br />

che balla, tali simboli si traducono in realtà, e il suo<br />

ballo culmina nella promessa della donazione totale di sé a<br />

un partner in cui lei vede con l’immaginazione il suo Fieli,<br />

senza accorgersi che proprio con Fieli sta ballando.<br />

In una scrittura letterariamente raffinata e insieme capace<br />

di aderire credibilmente allo sguardo e/o alla voce dei<br />

personaggi, ricorrendo a una lingua che non rifugge né dagli<br />

inserti dialettali, né da espressioni colte e talvolta auliche, il<br />

romanzo è ben lungi dal trattare in modo convenzionale sia<br />

la storia narrata sia l’ambiente in cui essa si sviluppa. È un<br />

ambiente sardo cui il narratore/autore guarda con distacco<br />

spaziale e insieme con adesione emozionale (non a caso dice<br />

spesso laggiù da noi dato che, quando scrive il romanzo,<br />

Rombi non vive più da tempo nell’Isola); è un mondo che<br />

l’autore conosce bene e che risulta reinventato da tale conoscenza<br />

diretta, sfuggendo così ai luoghi comuni che spesso,<br />

nella stessa narrativa prodotta in <strong>Sardegna</strong>, sono rimbalzati<br />

da una pagina letteraria all’altra nel trattarne; ed è un<br />

mondo che, nel contempo, è attraversato dalla vocazione modernamente<br />

visionaria di Paride Rombi. Un autore tutto da<br />

riscoprire e da includere con il debito rilievo nel novero dei<br />

migliori tra gli scrittori nati in <strong>Sardegna</strong> e che alla <strong>Sardegna</strong><br />

hanno guardato per ambientarvi la propria narrativa.<br />

7<br />

Cristina Lavinio

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