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Il raccolto - Sardegna Cultura

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A prezzo di acuti rimorsi: l’inganno alla madre, al padre,<br />

questa continua finzione, questa doppiezza. Senza parlare del<br />

tormento di quelle “voci” che le pareva di udire, di notte,<br />

mentre giaceva, insonne, sul suo saccone, accanto al letto di<br />

Momo, il cui sommesso guaire nel sonno, fra l’altro, faceva<br />

ad esse da controcanto.<br />

Ira ed esecrazione. Ma che fai, sciagurata? A che punto ti<br />

sei ridotta. Vedi cosa sei. Lo sai, di’, cosa sei? Vergogna, vergogna.<br />

Hai perduto la dignità. Non fai che mentire, e prima<br />

non mentivi mai. Non ridi più. Non hai più pace. L’unica cosa<br />

che conta è lui, tu sei strame, legna da forno. Corri, corri<br />

da lui, scodinzola, su. E lo chiami amore. Perdizione, è, altro<br />

che amore.<br />

Lei rispondeva, contrattaccava. Cercava di difendere se<br />

stessa e lui, e soprattutto di difendere, rivendicare, quel suo<br />

amore. Sì, è vero, lo amo, e non me ne vergogno, nossignore.<br />

Non m’importa cos’ero e cosa non ero. Non m’importa di<br />

mentire o di non mentire. Sì, certo, correrò, volerò da lui, tutte<br />

le volte che lo potrò. Non m’importa se rido o se piango.<br />

Piango, ebbene? Mi va di piangere. Sono felice di piangere. (E<br />

piangeva davvero, a volte, nel buio e nel silenzio, e realmente<br />

gliene veniva una specie di strana, dolceamara consolazione).<br />

Prendeva sonno sfinita, in questa lotta con ombre. Ma, fatto<br />

giorno, indomito il pensiero tornava a lui, impaziente lei<br />

aspettava il momento di riessere ancora con lui.<br />

E, una volta con lui, poi, non più lotte né voci né ombre.<br />

Tutto si rischiarava. Era ben questo, anche, il richiamo. Mia<br />

colomba, che indugi: vieni.<br />

Questi incontri avvenivano, come già il primo, lungo la<br />

strada di Serri, in giorni e ore che di volta in volta loro due<br />

stabilivano. Poi, ma più tardi e non sempre, in una casa isolata<br />

a metà strada fra Tula e Arcangia, deviando dalla strada<br />

per Serri, a un’ora di cammino dalla fattoria.<br />

E, quello che è strano – e che consolidava l’affidamento di<br />

lei, dando ala al suo abbandono – è che non erano molto dissimili,<br />

i primi di questi incontri, da quello che si è descritto.<br />

Diverse, e magari complesse, da parte di lui, le ragioni:<br />

il gusto dell’attesa, come un centellinare del vino forte; il<br />

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desiderio, chissà, di una capitolazione spontanea; le contraddizioni,<br />

anche, della sua indole un po’ capricciosa. Ma la<br />

principale era questa: che lui – già sicuro dell’esito, per questo<br />

paziente condiscendente – era anche per certo affascinato<br />

dal costume amoroso di lei. Del modo come lei sapeva ogni<br />

volta, in maniera sempre nuova varia e imprevedibile, “inventare”<br />

l’amore. Lui, in fin dei conti, cos’è che cercava? E lei<br />

invece portava altro, ma a piene mani: gioia riso candore<br />

amore. Amore susurrato narrato cantato e ballato. Amore fidente,<br />

adolescente, amore amato. Come volesse, lei, seppellirlo<br />

nella propria tenerezza e nello stesso tempo inscenare,<br />

solo per lui, una specie di festa, di sorprendente spettacolo.<br />

Perché io ho solo una bocca per ridere se il mio ridere<br />

ti rallegra. Due soli occhi (e li strizzava), se i miei occhi ti<br />

piacciono? Due sole mani, queste due sole piccole mani (le<br />

voltava e le rivoltava di sotto e di sopra), se mi servono per<br />

carezzarti?<br />

Chi le insegnava questo, chi?, lui si chiedeva trasecolato.<br />

E dove era detto che nella terra di Serri, o di Arcangia, o di<br />

Baronia, questa pianta allignasse, questa cosa di nuovo genere,<br />

di una donna amorosa che, parlando, dicesse canzoni. Io<br />

sono il tuo pane, il tuo tascapane, il manico del tuo coltello.<br />

Dove le aveva imparate, costei, cose così? Tenevano al caso<br />

in Baronia, dove lei era cresciuta, scuole di questo?<br />

E così si scordava, ascoltandola, dell’altra cosa. O almeno<br />

procrastinava. Come preso lui stesso dal gioco, entusiasmato,<br />

esaltato. Pago – per ora – di quest’essere spettatore (e destinatario,<br />

insieme) di questa cosa inconsueta e festosa, lieve e lucente,<br />

come quella pioggia minuta, diffusa, pruinosa, di quando<br />

piove e c’è il sole.<br />

<strong>Il</strong> fatto è che lei estraeva da sé tutto questo non senza suo<br />

proprio stupore. Queste cose che diceva, che faceva; questa<br />

gioia che provava e di cui si sentiva stipata, fino a frangersi;<br />

questo bene che le urgeva di dentro e del quale era impaziente,<br />

bisognosa di far dono, tutto questo riusciva nuovo in una<br />

certa misura a lei stessa, era la prima a stupirsene, si contemplava<br />

e si diceva: son proprio io?<br />

Sa l’anfora ciò che contiene? E lei così, in qualche modo.<br />

L’agitavano l’inclinavano, e traboccava di fuori ciò ch’era in lei:<br />

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