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«Dinìa» disse sfangando nel mutar solco e quasi inciampando.<br />
Come già l’altra, pronunziò ad alta voce anche questa<br />
desueta parola, che esprime, là, più ancora che la sorte avversa,<br />
qualcosa di molto simile al fato dei popoli antichi.<br />
Lui era nato sotto il segno della dinìa. Dal passato lontano<br />
fino al presente, era stato così. E il segno più vistoso di<br />
questa dinìa era rappresentato da Momo.<br />
<strong>Il</strong> pensiero di Momo gli fu come un aculeo che gli penetrasse<br />
le costole e là indugiasse. «Hài, hài» gridò allora<br />
con forza ai buoi. E giusto nelle costole di uno di essi avventò<br />
per impulso irragionevole la punta dello stimolo,<br />
quasi a partire con quello il dolore, quasi non fosse giusto<br />
che lui solo patisse. E ve la tenne e rigirò senza pietà, incurante<br />
del balzo in avanti che la bestia, punta così di sorpresa,<br />
faceva di colpo.<br />
Da tutto questo, ecco, scaturì per reazione quel bisogno<br />
di aprire l’animo alla speranza, che si risolvette in ebbrezza.<br />
Oh basta, madonna, basta, si disse a un tratto, non bisogna<br />
pensare a questo, ora. Bisogna pensare a altro, a altro.<br />
A cosa?<br />
Al fatto che cambierà. Questo porco di destino doveva<br />
cambiare, non era possibile che durasse eternamente. Perché<br />
mai, se no, sarebbe venuto quel giorno compare Pòrcina<br />
a proporgli di fare il massaio a Serri, mutando la sua vita<br />
da così a così? L’aveva chiamato lui, quel giorno, compare<br />
Pòrcina? No, sangue di Giuda, Dio in persona lo aveva<br />
mandato. E lo avesse pure mandato il demonio non fa differenza.<br />
<strong>Il</strong> certo è che da quel momento bisognava partire.<br />
A questo doveva pensare.<br />
Impressa questa svolta al flusso dei pensieri, si immerse<br />
con godimento nell’onda nuova. Ah, refrigerio! Va’, va’, si diceva,<br />
vedrai che d’ora in poi sarà diverso. E soggiacendo allo<br />
stesso impulso di partecipazione di prima, batteva sulla culatta<br />
di Bocca-di-rosa, non più con lo stimolo stavolta, ma a palmo<br />
aperto, da amico a amico, e diceva anche alla bestia «Va’, va’».<br />
Abbastanza torpida abitualmente, la fantasia gli si sbrigliò.<br />
Vedeva le cose con occhi diversi: gli orizzonti, le nuvole,<br />
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il precipizio del cielo gli si facevano prossimi e come ruotanti<br />
in cerchio, e gli sembrava che di questo cerchio lui fosse il<br />
centro e l’asse di rotazione.<br />
Ma il miracolo nacque dal bruno della terra. La rassegnazione<br />
delle glebe, tutte pari, coppute, rovesciate bocconi; quei<br />
solchi tutti in fila, allineati e paralleli come piccole onde rapprese<br />
e nere, tutto questo scomparve. Una pelurie verde ricoprì<br />
il fianco della collina. Poi crebbe. Poi, passandovi dentro<br />
un vento, suonò come l’organo della chiesa di Baronia.<br />
Grano, era; il “suo” grano. Tutto il possesso di Serri, arato<br />
da “capodanno”, buttava impazzito. E prodigiosamente,<br />
incredibilmente, cresceva e maturava in un lampo, ancora<br />
era verde e già era biondo, già ci si poteva entrare con le falci.<br />
E ci si entrava difatti e si mieteva, si trebbiava, si misurava<br />
e insaccava. E misurare faceva impazzire, insaccare scollava<br />
le braccia, era una quantità inverosimile: misericordia,<br />
cos’era mai?<br />
Questo, a un tratto. Come un’ebrietà, già lo si disse. Come<br />
un delirio. Lui, tale era la sua sensazione, realmente “vedeva”<br />
questo.<br />
Quel distillato di vino che là chiamano “Filo di ferro”<br />
oppure “arzente”, a berne oltre il ragionevole può fare di<br />
questi scherzi. Lui era in un certo senso in queste condizioni.<br />
Come se, cioè, avesse in corpo, che figurati se era il tipo,<br />
buona provvista di questo “Filo di ferro”. Come se il cervello<br />
gli andasse in combustione per il fuoco scaturito da una<br />
buona ciucciata di questo “arzente”.<br />
E quei campi pieni di verde, le messi mature, le biche<br />
di grano mietuto e tutto il resto, stettero per un certo tratto<br />
davanti a lui, assurdi, ma nitidissimi.<br />
«Hài, hài!» gridava ai buoi, smemorandosi. Nello stordimento<br />
di quel suo andare monotono dietro l’aratro; nella<br />
secchezza dell’aria, percorsa appena da bave di vento; nelle<br />
lame d’argento e d’oro che il sole gli sbatteva davanti agli<br />
occhi, lui navigò – è difficile dire quanto – in questo stato<br />
di irrealtà.<br />
Poi ci si sveglia, si sa, e ci si scrolla: si è uomini! E il mondo<br />
si rimette normale, che fino a quel momento era stato coi<br />
piedi all’aria.<br />
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