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Il raccolto - Sardegna Cultura

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ovesciato egli bocconi, restavano vanamente protese in avanti,<br />

raspando appena, stancamente, il terreno.<br />

Quell’onda arricciata crollante ghiacciata in quel punto:<br />

là.<br />

Paradossali preziosi secondi – e nessuno che si scuotesse,<br />

facesse qualcosa, gridasse almeno – impiegati freneticamente<br />

da Momo per ricaricare il fucile.<br />

E di nuovo puntava.<br />

Si era accorto con folle lucidità, che Fieli Pòrcina era<br />

sfuggito ai suoi colpi. Ed era lui, invece, che voleva vedere<br />

abbattuto. E nient’altro che questo contava, ora.<br />

Lo scovava, difatti: occhi pungenti di pietra splendevano<br />

come diamanti.<br />

I colpi questa volta distinti: due colpi, due tempi.<br />

Liberarsi di ’Ntoni, prima, presto.<br />

Questi veniva infatti finalmente all’assalto, si era rotolato<br />

pur atterrito fin presso il padre, aveva capito che il vecchio<br />

era morente. E urlava scannato, ora, trattosi in piedi e<br />

scattato in avanti. Uccidere Momo, ucciderlo, è pazzo, pazzamente<br />

pensava. E così si slanciava, come un pazzo, contro<br />

il fratello. E Momo simmetrico pazzamente pensava disfarsi<br />

di ’Ntoni: pàm.<br />

’Ntoni si piegò, come avesse una fitta all’inguine, si torse<br />

curiosamente e crollò come un sacco rotolandosi infine a<br />

terra e così restituendosi di traverso accanto al padre.<br />

Sbarazzatosi di ’Ntoni, Momo aggiustò la mira, fra i<br />

corpi stesi, su Fieli Pòrcina, sapeva dove era.<br />

<strong>Il</strong> colpo partì, le sue mani forse non strinsero con sufficiente<br />

fermezza l’arma, e il calcio di questa, come già l’altra<br />

volta gli venne a sbattere violentemente contro la chiostra dei<br />

denti, secco e brutale come una mazzata. Svenne e non seppe<br />

più nulla.<br />

Accorrevano soltanto ora, finalmente riscossi, i soccorritori.<br />

E Momo, ormai già a terra, veniva aggredito, pestato,<br />

calcagnato selvaggiamente. «È indemoniato, è indemoniato»<br />

gridavano «è l’Inimico!».<br />

Ma Momo era sicuro, prima di perdere conoscenza, che<br />

il vero bersaglio questa volta non lo aveva mancato.<br />

184<br />

Senonché, ancora una volta – la seconda nello spazio di<br />

pochi minuti – una forza disperata si era intromessa fra la<br />

morte e Fieli Pòrcina. Ed era, come già prima, la prontezza di<br />

Pasqua Cinus.<br />

Forse il balzo che essa fece stavolta non fu neppure consapevolmente<br />

diretto a salvare la vita del giovane. Forse Pasqua<br />

cercò la morte sua stessa, resa folle da ciò che aveva, se<br />

non veduto, intuito.<br />

Sta di fatto che come vide essere l’arma nuovamente<br />

puntata da questa parte, riuscì a gettarsi con rapidità prodigiosa<br />

in avanti e di lato, un salto obliquo, finendo per ricadere<br />

a valanga sul dorso di Fieli Pòrcina.<br />

<strong>Il</strong> piombo, così, passò, ma lui non ne ebbe danno. Lei,<br />

gli era stata di schermo. Lei, ricevette per lui il colpo. In tal<br />

modo egli fu salvo.<br />

Quanto a lei, il proietto l’andò a colpire di striscio sul<br />

volto, proprio in corrispondenza del setto nasale e degli occhi.<br />

Sentì come dei denti d’arpione – le grinfie di ferro di<br />

una “mano di ferro” – arrivare sugli occhi e graffiare e stracciare.<br />

Poi anch’essa perdette i sensi e, precipitando nel buio,<br />

credette fosse giunto in quest’altra maniera anticipata e inattesa,<br />

l’abbraccio sconosciuto.<br />

I suoi occhi soltanto, invece, morirono, non lei. I morbidi<br />

miti tristi-ridenti occhi; quelli per i quali aveva detto una<br />

volta a Fieli Pòrcina: perché ho soltanto due occhi, se i miei<br />

occhi ti piacciono? Morirono.<br />

E anche quell’altra segreta vita, morì, che era in lei. L’essere<br />

che nell’occulto ancora fabbricava se stesso.<br />

Ecco dunque il bilancio complessivo di quell’annata, il<br />

giorno dell’inserro, sull’aia di Giuanni Cinus.<br />

Lui, Giuanni Cinus, freddato quasi di schianto dalla prima<br />

schioppettata di Momo. <strong>Il</strong> petto gli fu quasi squarciato. <strong>Il</strong><br />

sangue rigagnolò, il tempo che si rapprese, fin sulle pietre dell’aia,<br />

mescolandosi ai chicchi di grano che lui stesso vi aveva<br />

sparsi. Rovesciando i termini di una frase da lui detta a proposito<br />

del vino che sarebbe stato servito al banchetto, si vide<br />

che non vino come sangue fu versato quel giorno, ma sangue<br />

come vino, ché giusto era rosso e porporino, il sangue, come<br />

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