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Il raccolto - Sardegna Cultura

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III<br />

LE PIOGGE<br />

Verso gli ultimi di novembre si produsse il mutamento.<br />

Due schiere si formarono agli opposti poli del cielo: l’una<br />

accampata nel levante, con pennoni e sfioccate bandiere color<br />

ferrigno: l’altra nell’occidente, tumida e fosca, con vessilli<br />

di fiamma. A lungo restò l’una e l’altra acquattata nel proprio<br />

quartiere, come spiando le mosse dell’avversario. Indi<br />

qualcuno, qualcosa, dovette dare il segnale. Pattuglie volarono<br />

rapide, traversarono il cielo, entrarono in contatto fra loro.<br />

Si fusero, si accapigliarono: uno scontro all’arma bianca<br />

del tutto silenzioso. Ma gli eserciti mossero dai rispettivi accampamenti<br />

con una lentezza calcolata e possente. <strong>Il</strong> sole<br />

scomparve, che galleggiava a tre quarti nel cielo; e ne restò<br />

come la memoria e la brace, in quel rosso fondo che da allora<br />

prese a diffondersi per tutti i confini. L’urto successe nella<br />

zona centrale di questa dissoluzione del sole. Spararono le<br />

artiglierie. I tuoni rimbombarono col fragore di una catastrofe<br />

e il suono rotolò poi per le colline di Serri, destando le<br />

volpi e le lepri e inducendo il cinghiale a rintanarsi. Le pecore<br />

e le mandrie, dal canto loro, rabbrividirono nei chiusi.<br />

Fu un conflitto corto e rabbioso, orchestrato dai venti alti.<br />

Lampi rapidi e le spezzate scintillanti fratture dei fulmini.<br />

Poi tutto fu grigio opaco e la pioggia finalmente prese a cadere.<br />

Vennero dapprima soldoni radi, schizzanti a capriccio,<br />

che la terra ghermiva ingorda. Poi subito le monete infittirono<br />

e insieme rimpicciolirono, e ne crollavano al suolo manciate,<br />

come rovesciate da ciotole. Infine tutta pari, da terra fino<br />

alle nuvole, l’aria fu interamente acqua, a veli, a lame, che<br />

una forza scagliava in basso, sghembe, come cieche sferzate.<br />

Fu una bevuta che mai, per la terra di Serri. S’intende<br />

con le debite distinzioni. Dove la terra non era messa a cultura<br />

fu soprattutto un pauroso lavacro, l’acqua crollò sui<br />

mirti, i lentischi, le palme, frustò le tamerici, si schiantò sulle<br />

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rocce affioranti; e scivolò. Rigagnoli si formarono lungo i<br />

sentieri; i letti dei ruscelli, in secca da febbraio, accolsero fiumane<br />

limacciose, turgide da traboccare, e le incanalarono in<br />

fretta verso il mare, impazienti di liberarsene. Non senza depositare<br />

qua e là, nelle bassure, ristagni vari, che poi avrebbero,<br />

a furia finita, guardato a lungo il cielo, come occhi pieni<br />

di sbigottimento. Ma sui coltivi non così: l’acqua non scivolava,<br />

la terra non finiva mai di inzupparsene. Una sete antica,<br />

tormentosa, trovava per un momento di che placarsi. Fumava,<br />

finanche, sotto lo scroscio. Rossa sanguigna, aperta<br />

dal lavoro di lama del vomere, riceveva la benedizione dell’acqua<br />

sulla carne scuoiata come un fresco balsamo. E se ne<br />

intenerivano i chicchi, nel chiuso grembo; e i germogli, destati<br />

dalla misteriosa forza vitale, ricevevano l’annunzio.<br />

Quando cessò, Giuanni Cinus prese a scendere giù per<br />

la strada carraia, fino alla quercia. Veniva col passo rollante,<br />

un po’ ebro, della gente dei campi, che così stranamente somiglia<br />

alla camminata dei marinai. Guardava a destra e a<br />

manca, le mani affondate nelle tasche dei calzoni e annuiva.<br />

La strada era coperta da una belletta argillosa che gli si appiccicava<br />

alle suole delle scarpe, ingrossandone spropositatamente<br />

lo spessore; ma da questo, lungi da averne noia, lui<br />

traeva inconsciamente conforto, era un modo, che so, di<br />

sentirsi ancorato alla terra, e quasi in essa radicato, come<br />

una pianta.<br />

<strong>Il</strong> mento sporto in avanti, il labbro inferiore sopravanzante<br />

il compagno, continuava a annuire. Verrà, si diceva, vedrai<br />

che verrà. L’impasto di terra e acqua nel quale si era convertito<br />

il lavoro suo lo rassicurava e gli dava fierezza. Era<br />

come uno che facesse constatazione di un fatto da lui teorizzato<br />

e preveduto sulla base di calcoli e ragionamenti. Compare<br />

Pòrcina riverito, a vostra disposizione. Degnatevi di dare<br />

un’occhiata a questa grazia di Dio e sappiatemi dire. L’avete<br />

messa sì o no in buone mani la tenuta di Serri? E anche al<br />

giovane Pòrcina si rivolgeva, anzi a lui soprattutto, che si era<br />

mostrato tanto saputo sulla possibilità che piovesse. Ebbene,<br />

giovanotto, adesso che diciamo? Tzè, far la fattura alle nuvole,<br />

eh? E ecco che Giuanni Cinus, se non ti dispiace, anche<br />

di questo è capace, capitando.<br />

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