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Il raccolto - Sardegna Cultura

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ti ricordavo, proprio così, un piccolo topo campagnolo o un<br />

leprotto. E invece, adesso…».<br />

Lei abbassava gli occhi e arrossiva. Quello che ascoltava le<br />

pareva molto ardito, se non proprio sconveniente. Sei diventata<br />

uno splendore. Quando mai si è sentito un uomo parlare<br />

così a una donna, e “vergine” per giunta. Si guardò bene perciò<br />

dal rispondere. E tuttavia le pareva, attraverso quelle parole,<br />

di fare d’improvviso un’esperienza gradevole e strana. Acquistare<br />

una cognizione di sé fino a quel punto ignota, come<br />

vedersi allo specchio la prima volta. Splendore, lei?<br />

Tornavano il vecchio e ’Ntoni, tornava Mariangela. Si<br />

parlò degli anni passati, dei mutamenti, della guerra. Di lui<br />

disperso. Cos’è, un disperso? Be’, un vivo creduto morto o<br />

un morto creduto vivo, dipende. Si tornò a parlare di colture<br />

di annate e di questa abbondante eccezionale seminagione<br />

fatta da Giuanni Cinus.<br />

<strong>Il</strong> vecchio si ripeté, pur sempre sibillino:<br />

«Eh, ragazzo mio, questa volta è deciso: adesso o mai<br />

più. Io so quel che dico».<br />

<strong>Il</strong> giovane non colse (come avrebbe potuto del resto?) il<br />

senso recondito di questo aut-aut. E anch’egli si ripeté: «Acqua<br />

ci vorrebbe». E chiarì: «Qui la terra è baldracca, io la conosco.<br />

Oh, scusatemi» il pentimento si indirizzava a Mariangela<br />

e Pasqua «volevo dire poco di buono. A volte dà<br />

che è una bellezza, è capace che ci si piglia il dieci, il venti,<br />

perfino il trenta, secondo come gli gira. A volte invece si<br />

può riempirla di seme quanto si vuole, e spaccarsi la schiena<br />

a lavorarla, e niente, non vuol sentirne, capite? Ma tutto a<br />

mio parere dipende dall’acqua, se piove o non piove. E, certo,<br />

se l’acqua non viene, compare Cinus…».<br />

«Questa volta verrà» il vecchio disse.<br />

«Ne sembrate convinto» l’ospite replicò.<br />

«Lo sono, infatti».<br />

«Ma se non piove? Dico: se, corna facendo, non dovesse<br />

piovere?».<br />

«Pioverà» disse Giuanni Cinus in tono perentorio.<br />

Fieli Pòrcina si alzò. «Ve lo auguro,» disse, «e, in fin dei<br />

conti, è un augurio che faccio anche a me stesso. Ma sono<br />

proprio io a dovervi avvertire di non mietere prima che il<br />

grano sia al punto giusto?».<br />

30<br />

Sorto in piedi anche lui, Giuanni Cinus gli era davanti<br />

tracagnotto e caparbio. Non sorrideva, a differenza di Fieli<br />

Pòrcina.<br />

«Aspetta e vedrai» affermò arcanamente.<br />

L’ospite partiva, manifestando l’opinione che, a buon<br />

conto, almeno per il momento, il cielo non sembrava disposto<br />

a concedere pioggia. Provasse compare Cinus a affatturare<br />

le nuvole – così proprio disse, ridendo – non si sa<br />

mai. Per intanto stessero di buon animo e tante grazie per<br />

l’accoglienza. Sì, certo, poteva darsi, chissà, che, capitando,<br />

tornasse a farsi vedere, perché no? Adesso però doveva andare,<br />

era tardi, addio addio.<br />

Su lui che si allontanava, messo il cavallo al trotto, nel<br />

tardo e ancor rosso crepuscolo, dolcemente scendeva la notte,<br />

lungo l’arco settentrionale del cielo. Un trepido colore<br />

oliva, un languore, pigliava il cielo da quella parte. E staccava<br />

ancor più la luna, già quasi piena, netta e lucente su quel<br />

velluto, come un oblò. Si smemoravano gli occhi che la fissavano.<br />

Sei diventata uno splendore. Era vero? Che strano.<br />

«Pasqua! Pasqua!» chiamava la madre dall’interno della<br />

casa.<br />

«Eccomi» rispondeva.<br />

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