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Il raccolto - Sardegna Cultura

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Oh sì sarebbe andata, sicuro che sarebbe andata, bisognava<br />

che uscisse da questo imbroglio da questo frastuono da questo<br />

orrore. Lui certo le insegnerebbe la via. Domani. Non vedeva<br />

l’ora che fosse domani.<br />

Altre volte ridente, in festa, quando s’incontrava con lui.<br />

Questa volta invece gli era davanti dolente, impaurita; scomparsa<br />

la gioia. Eppure, quei suoi occhi scuri morbidi ancora<br />

bevevano avidamente la figura di lui, come una luce. E li rischiarava.<br />

Lui era apparso crucciato, fin da lontano. Non era venuto<br />

come altra volta col cavallo lanciato per poi di botto fermarsi;<br />

ma al passo, e senza neppure curarsi di affrettare l’andatura.<br />

Salutò lei per prima, alla moderna: ciao. Come le aveva<br />

insegnato lui. Sforzandosi di sorridergli.<br />

Anche lui disse ciao, ma mantenne quella mutria e non<br />

smontò da cavallo. Domandò anzi:<br />

«Vuoi salire?» quasi si trattasse di fare come le tante volte,<br />

e non fosse accaduto nulla. E invece.<br />

Scosse la testa, no, come poteva pensarlo?<br />

Lui borbottò qualcosa, che non potevano restare lì se<br />

dovevano parlare, qualcuno poteva vederli.<br />

«Che importa, ora?» lei disse.<br />

Allora lui scese e si tirava dietro il cavallo.<br />

Camminarono un poco in silenzio. <strong>Il</strong> cavallo ogni tanto<br />

emetteva degli sbuffi che invariabilmente la facevano sussultare.<br />

Camminando a fianco a lui, lei, più piccola faceva un<br />

passo e mezzo per ciascuno di lui. In statura lui la sopravanzava<br />

quasi di un palmo.<br />

«Volevi vedermi, mi vedi» lui disse.<br />

Lei fece sì con la testa, che lo vedeva.<br />

«Ebbene, e allora?» egli insistette.<br />

«La cosa più importante» disse Pasqua «la sai già. Ti ho<br />

mandato commissione».<br />

«Uhm, quel babbeo» lui disse. E poi chiese: «Ma sei proprio<br />

sicura?».<br />

«Sicura» rispose. Ripensava alla frase di lui, mandata a dire<br />

di rimando con Jeremia: a volte sembra e non è. Lo si poteva<br />

dire di tante cose.<br />

«Come fai a essere sicura» lui protestava. «Potresti sbagliarti.<br />

Un ritardo, per esempio. Capita, a volte».<br />

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Protestò a sua volta che non c’erano dubbi, era più che sicura.<br />

Aveva mai provato a essere donna, lui? A avere un bambino<br />

dentro? A sentirlo voltare? E le tornò memoria di quella<br />

vita là, che negli abissi di lei si andava formando, indaffarata.<br />

Strano, si disse: sin qui non aveva pensato neppure una volta<br />

che quella vita avesse un legame anche con lui, anzi recasse in<br />

qualche modo il sigillo di lui, lui ne era il padre, che poi, ecco<br />

qua, veniva a dire potresti sbagliarti, ecco come la sentiva, lui,<br />

la “paternità”. Ma già, che ci vuoi fare, lui era maschio, e il<br />

maschio che ci mette? È la femmina che poi.<br />

Nuovo silenzio; camminavano. Lei guardava i calzoni di<br />

fustagno di lui, color oliva; le scarpe morbide; i propri zoccoli<br />

di ginepro. E le ombre.<br />

<strong>Il</strong> sole, da dietro, staccava le loro ombre sulla polvere della<br />

strada stirandole enormemente. Ma sempre l’ombra di lui<br />

sopravanzava quella di lei. A lato poi di quella di lui brandeggiava<br />

una terza ombra, informe e bislunga, che era quella del<br />

cavallo. Le due ombre più piccole, di lui e di lei, sembrava<br />

che si baciassero: era l’ombra lunga che baciava quella corta,<br />

con lievità, sui capelli. Ma sempre s’intrometteva quella terza,<br />

petulante e grottesca.<br />

«Non possiamo camminare per l’eternità su questa strada,<br />

se dobbiamo parlare» disse lui, irritato «voltiamo da qualche<br />

parte».<br />

«Va bene» essa disse.<br />

Presero per un varco, lungo una siepe, e si inoltrarono.<br />

Macchie di cisti, ginepri marini, mirti. I mirti formavano famiglie<br />

compatte, areole, cespugli fitti con spalliere e rientranze<br />

concave, come sofà.<br />

«Fermiamoci qui» lui disse. Pareva diventato un po’ più<br />

morbido.<br />

Legò il cavallo a un tronco di ginepro, dieci passi distante<br />

(così faceva anche allora, lei pensò; e le sembrò fosse passato<br />

un secolo, da allora, e non erano che venti giorni; ma<br />

quel che c’era in mezzo) fece che lei sedesse nel posto indicato<br />

da lui e si sedette a sua volta, due passi più in là. Tenevale<br />

gambe flesse e le ginocchia piegate, e occupava le mani<br />

settando e sfacendo le foglie di un ramo di mirto, che ogni<br />

tanto mordicchiava o portava alle nari.<br />

Senza guardarla, parlando al mirto, disse:<br />

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