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Il raccolto - Sardegna Cultura

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E ringraziare che tenne (la regola del tre in tre!), se no<br />

questo gioco sai quante volte può capitare che s’abbia a fare?<br />

E anche può capitare che cresca a tal punto che si debba infrenarlo,<br />

bisogna che si tendano teli di sacco dalla parte del<br />

vento a schermo dei ventilanti, pensa se è un lavorare.<br />

Qui no, quanto a tenere, tenne da galantuomo. Ma per<br />

il resto, che Dio lo fulmini, quant’è di sollievo a chi è intento<br />

a tribolare così sull’aia, con la frescura che porta. Spirava da<br />

est, caldo, fiaccante. Recava con sé, nell’altissimo, voli di nuvolette<br />

bianchicce, innumerevoli simili a piume; come se, per<br />

dire, spennassero in cielo oche, per un banchetto di quelli, e<br />

le piume, dalle cucine, le sbattessero giù, l’immondezzaio che<br />

è il mondo. E questa condizione del cielo, quei vapori che<br />

non paravano, rifrangevano anzi come tanti piccoli specchi i<br />

raggi del sole, crescevano l’afa e il patire degli uomini.<br />

Comunque, passa e ripassa, dallo sbattere delle pale il<br />

grano a poco a poco veniva fuori: nudo, rossiccio, gremito.<br />

Sembrava ghiaia, tritume di porfido. Meravigliava che per<br />

questo, un breccino di questa fatta, fosse stato tanto sudare<br />

sperare e aspettare. E avessero, per questo, lavorato non solo<br />

gli uomini, ma le forze del suolo, le piogge, i venti, insomma<br />

dato mano e cielo e terra.<br />

Tanto più che sui bordi dell’aia, dove veniva ammassata,<br />

la paglia formava ormai delle alte pile, ravvicinate e numerose.<br />

Ben altra vista. Erano volumi piramidali fulgenti di oro<br />

massello; creavano, per quanto effimere, miraggi faraonici.<br />

L’ultimo atto fu quando il grano fu passato al crivello.<br />

Si fa per mondarlo delle residue impurità. Si piantano<br />

nel grano stesso tanti bastoni forcuti, si appendono a un<br />

dente di questi altrettanti crivelli per modo che restino sbiechi,<br />

si versa dentro i crivelli il grano e si setaccia, svuotando<br />

via via il crivello della mondiglia. È l’ultima ripulitura.<br />

E fatto anche questo il grano venne ammassato in un<br />

monte solo.<br />

E allora finalmente si vide.<br />

Un cono enorme alto franoso, sul quale qualcuno – e chi,<br />

se non lui? Ma Giuanni Cinus, incarnazione di Dio! – saliva a<br />

fatica a piantare là in cima, è l’usanza, un bidente. Non un<br />

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tridente, un bidente. Un simbolo. Contro l’invidia la jettatura<br />

il malocchio, tie’ queste corna. Che preservino il grano e diano<br />

a Giuanni Cinus, a scorno di chi gli vuol male, il modo di<br />

goderne in pace e in salute e così sia.<br />

E gli dicevano adesso per stuzzicarlo:<br />

«Quante quadre avete detto che saranno, compare Cinus?».<br />

Sicuro, tronfio, sbruffone, lui sparava:<br />

«Quattromilaottocentootto!».<br />

Quelli:<br />

«Anche le otto, lasciamo?».<br />

Lui:<br />

«Anche le otto».<br />

Era pronto su questa cifra a scommettere? Tutto quello<br />

che volevano, era pronto. Che margine di errore era disposto<br />

a concedere? Trenta, quaranta quadre, cinquanta al massimo.<br />

Su quattromilaottocento? Su quattromilaottocentootto,<br />

per essere precisi, bestie che erano. E la posta, qual era la<br />

posta? La fissassero loro, minchioni; chi è che lanciava la sfida?<br />

Ma lui come lui, cos’è ch’era disposto a dare, caso che<br />

perdesse?<br />

La risposta era tracotante, orgogliosa, da eroe:<br />

«Questo!» e additava il gran mucchio del grano, l’intero<br />

<strong>raccolto</strong>.<br />

«Tutto?» osservavano increduli.<br />

«Tutto» replicava infilando i pollici negli spacchi ascellari<br />

del giustacuore e tamburellando con le altre dita sul<br />

petto; e poi chiedeva: «E voi che offrite?».<br />

Divertiti si arrendevano a tanta spavalderia:<br />

«Canzoni» dicevano.<br />

Proprio nei giorni che ventilavano, Momo si sentì male.<br />

Non mangiava non beveva non si muoveva dal suo saccone.<br />

Tre giorni durò così. <strong>Il</strong> quarto fu assalito da convulsioni.<br />

Rabbrividiva e tremava tutto, si scuoteva, sbavava. A un certo<br />

punto si irrigidì, gli occhi gli si rovesciarono e cominciò a<br />

stridere i denti che spaventava. Un’altra crisi, insomma.<br />

Gli stavano intorno in molti, le donne principalmente,dato<br />

che si temeva potesse da un momento all’altro dare<br />

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