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L’altra stella di David<br />

Intervista a Eyal Sivan<br />

a cura di Luca Mosso e Cristina Piccino<br />

Rue de la Chine, 38, quartiere Gambetta, un passo o appena più da Père-Lachaise,<br />

dal luogo in cui tanti anni fa i rivoluzionari della Comune<br />

di Parigi hanno combattuto e sono stati sconfitti. Qui, in un portoncino<br />

quasi invisibile, ha la sua sede la Momento! film di Eyal Sivan. Ed è qui<br />

che lo incontriamo, in una mattina parigina quasi d’autunno. Dentro c’è<br />

il caos, scatole di cartone ovunque. Sorride, prepara un caffè arrotolando<br />

una cartina, la prima di una serie infinita di sigarette. Un uomo va<br />

avanti e indietro con i pacchi, gentile, parla inglese – faceva il fotografo,<br />

dice Sivan, poi si è stufato e adesso organizza traslochi... Sivan sta andando<br />

via, si trasferisce a Londra lasciando per ora – con uno come lui<br />

“per sempre” è un’espressione che non funziona – Parigi, dove era arrivato<br />

da Israele alla fine degli anni ottanta. Una vita, o quasi, almeno per<br />

chi è nato nel 1964; la città era Haifa, la storia della famiglia la scopriremo<br />

nella nostra lunga conversazione.<br />

La stanza di Sivan è quasi vuota. Non c’è più la fotografia di Hannah<br />

Arendt, l’incontro intellettuale che più ha segnato la sua poetica, la sua<br />

esigenza di provocare verità. Non ci sono i manifesti, i libri – tantissimi,<br />

visto il numero di scatoloni. Restano le immagini dei santi appese alla<br />

parete, e una incredibile collezione di “palle di neve” chiusa in una vecchia<br />

vetrinetta.<br />

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