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I tre film successivi, Aus Liebe zum Volk, Faces of the Fallen, Citizens<br />
K sono nati su proposte di altri. Di Aus Liebe zum Volk non dovevo essere<br />
neppure il regista, mi avevano chiesto soltanto di scrivere la sceneggiatura.<br />
Mi hanno dato il libro del signor B., l’ho letto e ho cercato di sottolineare<br />
gli aspetti che erano più in sintonia con i miei interessi. Volendo<br />
ci si può ritrovare Israele, c’è il muro, all’inizio del film si vede Sharon, si<br />
parla di sorveglianza come controllo sociale, che è in fondo la situazione<br />
dei Territori – l’occupazione infatti è una forma di controllo sociale assoluto.<br />
Lo stesso accade con Faces of the Fallen, ma l’obiettivo è sempre appropriarsi<br />
di un soggetto rimanendo coerente alla mia idea del documentario<br />
come riflessione sulla rappresentazione e strumento per rivelare<br />
i meccanismi politici. In questo senso Israele forma una capacità di<br />
lettura straordinaria. Anche Citizens K è un film sull’immagine, i due fratelli<br />
al di fuori di essa non esistono, inoltre sono due attori cinematografici,<br />
è come avere in mano della plastilina... Faces of the Fallen invece parte<br />
da una domanda che ho fatto a me stesso: valeva la pena filmare ancora<br />
una volta l’opposizione o la destra in America? Non mi interessava<br />
mostrare le solite immagini-icona, i pacifisti, gli evangelisti, i conservatori,<br />
i fascisti pro-guerra, era troppo facile. Volevo invece scoprire un’America<br />
che, senza saperlo, è molto più contestatrice, che rappresenta un<br />
atto di accusa a Bush perché lo ha votato. Non si tratta dei “poveri” iracheni<br />
che sanno di soffrire ma dell’America che si sta uccidendo. Dietro<br />
alle scelte politiche ci sono dei criminali, ma le immagini preferiscono<br />
mostrare le vittime come se non ci fossero colpevoli.<br />
Dicevi che al di là della presenza di Audrey Maurion, Aus Liebe zum<br />
Volk rappresenta, nella tua riflessione sull’immagine, il “seguito” di Uno<br />
specialista.<br />
Aus Liebe zum Volk è stata un’esperienza molto importante e la coregia<br />
con Audrey Maurion mi ha permesso di portare all’estremo il lavoro<br />
sugli archivi e sulla decostruzione dell’immagine iniziato in Uno<br />
specialista. Anche perché tratta di un argomento meno “pesante”: toccare<br />
la shoah fa subito gridare i suoi guardiani, i Claude Lanzmann, che<br />
si sentono in dovere di dire qualcosa... La Stasi, invece, non interessa a<br />
nessuno, il che permette una maggiore libertà. Il dispositivo che volevamo<br />
attivare era un film dal quale si esce con una diversa consapevolezza.<br />
C’è dentro anche il tentativo di “paranoizzare” la questione del controllo<br />
sociale, abbiamo creato un’ambiguità su chi ha realizzato le immagini:<br />
la Stasi, i dissidenti, noi stessi, le telecamere di sorveglianza che ho<br />
filmato, noi che le utilizziamo, i monitor di controllo. Abbiamo messo<br />
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