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Che storia racconta Jaffa, il film a cui stai lavorando? In Israele ha già<br />
suscitato molte polemiche.<br />
Il 2008 sarà l’anniversario dei sessant’anni dello Stato di Israele. Per<br />
celebrare l’occasione un anno fa la cineteca di Gerusalemme insieme all’ottavo<br />
canale della televisione israeliana, specializzato in produzione<br />
di documentari, e una nuova fondazione per la produzione cinematografica,<br />
hanno deciso di indire un bando per il progetto di un film da<br />
realizzare con materiali d’archivio. Qualche anno fa avevo scritto una<br />
breve sceneggiatura sull’etichetta Jaffa, che in Italia è conosciuta per i<br />
pompelmi, in Inghilterra per le arance. Avevo lavorato sulla relazione<br />
dell’immagine di Israele e Palestina con questo marchio. La storia di<br />
Jaffa è in sé interessante, ci sono posti, come la Scandinavia, dove per<br />
dire arance si dice Jaffa: “voglio un chilo di Jaffa cilene o spagnole...”. Il<br />
film era pensato come una sorta di saggio sull’iconografia dell’etichetta:<br />
vediamo come in un primo tempo l’immagine della Palestina viene modellata<br />
su Jaffa e come poi i sionisti la utilizzano per imporre l’immagine<br />
del giardino nel deserto. Un altro riferimento di Jaffa. Il marchio diventa<br />
di volta in volta un affare economico, una questione di propaganda o<br />
di pubblicità. È la storia del paese attraverso l’immagine che agli occhi<br />
dell’Occidente è diventata la sua caratteristica più riconoscibile. Ho<br />
proposto il progetto e ho vinto il bando. Era la prima volta che chiedevo<br />
soldi in Israele e qualche giorno dopo la nuova fondazione per il cinema<br />
israeliano si è ritirata dal progetto dicendo che non potevano fare un<br />
film con me. Così l’ottavo canale e la Cineteca si sono rivolti alla fondazione<br />
Rabinovich di Tel Aviv, un’altra importante struttura a sostegno<br />
del cinema. Hanno accettato di collaborare chiedendo però di visionare<br />
prima anche tutti gli altri progetti arrivati in finale. Abbiamo accettato,<br />
ci siamo incontrati e alla fine siamo stati preselezionati. Il passo successivo<br />
era la grande commissione dei professionisti del cinema. A quel<br />
punto, non si sa come, su un giornale è uscito che io avrei avuto un finanziamento<br />
per realizzare il film dei sessant’anni. Si è scatenato l’inferno...<br />
La cosa è andata avanti un mese, intanto la commissione si è riunita<br />
e ha approvato il nostro progetto. Figuriamoci. Uno dei più grandi quotidiani<br />
popolari ha titolato in prima pagina: “Dall’indipendenza al suicidio”<br />
chiedendo un intervento del primo ministro che imponesse il ritiro<br />
del fondo. Il tutto senza avere letto la sceneggiatura, bastava sapere che<br />
ero quello di Route 181 e Uno specialista... A quel punto la commissione<br />
ha deciso di rimettere tutto al direttivo, il cui compito è solitamente burocratico.<br />
Si trattava solo di mettere un timbro, ma stavolta la pressione<br />
era troppo forte... Al punto che due deputati di destra hanno portato la<br />
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