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ovinare qualsiasi iniziativa di pace. Credo che questo doloroso viaggio<br />

nell’archivio sia un passo avanti nella rappresentazione cinematografica<br />

di una geografia oggetto di tanti conflitti. In generale, l’opera di Sivan<br />

contribuisce a una comprensione più articolata delle contraddizioni<br />

morali insite nel discorso sionista.<br />

I lavori di Sivan coniugano rigore storico e spessore culturale. L’intera<br />

sua opera è percorsa da una riflessione costante sul rapporto tra estetica<br />

e politica e tra testo e storia; acuta e stringente, mostra come questioni<br />

di rappresentazione storica si ripercuotano sull’identità nazionale<br />

e sull’ideologia della terra. I suoi film possono essere considerati un modo<br />

di scrivere la storia. I suoi dialoghi con gli interlocutori in scena mettono<br />

in primo piano questioni e intuizioni che non derivano dall’analisi<br />

di fonti storiche primarie condotta per mezzo della storiografia convenzionale.<br />

Dall’opera cinematografica di Sivan emerge un progetto interdisciplinare,<br />

che è insieme storia orale ed etnografia critica. Al tempo<br />

stesso Sivan arricchisce la sua riflessione cinematografica di un dialogo<br />

implicito con le cinematografie alternative di varie zone del mondo: Stati<br />

Uniti, Europa, America Latina e Medio Oriente.<br />

Per trattare nel suo complesso l’opera di Eyal Sivan all’interno della<br />

sfera pubblica occorrerebbe considerare, accanto al lavoro di cineasta, i<br />

suoi contributi di scrittore e di editor. Coniugando un’analisi attenta e<br />

un chiaro impegno civile, Sivan ha offerto un preziosissimo contributo<br />

agli studi cinematografici e culturali organizzando anche conferenze accademiche<br />

ed eventi pubblici, scrivendo saggi giornalistici e curando<br />

varie pubblicazioni che offrono sguardi critici sul Medio Oriente. In<br />

qualità di editor presso la casa editrice francese La Fabrique ha contribuito<br />

immensamente a far conoscere voci alternative del Medio Oriente,<br />

grazie a traduzioni in francese dall’ebraico e dalle lingue inglesi. Sivan<br />

ha dimostrato di essere un mediatore importante portando nel contesto<br />

critico francese voci che in Francia si sentono raramente. (Ho avuto<br />

il piacere di lavorare con lui quando La Fabrique tradusse in francese<br />

il mio libro di critica del discorso sionista dal punto di vista degli ebrei<br />

arabi.) Sivan ha lavorato anche nella redazione del periodico di nuovi<br />

studi sociali “De l’autre côté”, anch’esso pubblicato da La Fabrique; il<br />

primo numero era dedicato alla questione dell’esilio nel pensiero ebraico<br />

e sionista e raccoglieva gli scritti di autori contemporanei, compresi<br />

scrittori quali Amnon Raz-Krakotzkin e Gil Anidjar. Inoltre Sivan è il<br />

fondatore di una nuova rivista, “Cinema South Notebooks”, pubblicazione<br />

ebraica dedicata al cinema e alla politica. Come in Francia, anche<br />

in Israele l’opera di Sivan ha aiutato a creare uno spazio pubblico per il<br />

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