i luoghi dell'architettura - Dipartimento di Architettura - Università ...
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D O S S I E R<br />
NOTAZIONI E ISTITUZIONI TRA INTERNO ED ESTERNO<br />
Non è improbabile che ogni idea architettonica<br />
e il modo <strong>di</strong> svilupparla contengono<br />
qualcosa <strong>di</strong> ben definito che<br />
non deve andare oltre certi limiti; non è<br />
improbabile, ma nemmeno certo, che<br />
ogni idea in sé contempli una proporzione<br />
simile, ma è anche possibile che<br />
questa proporzione non sia presente<br />
nell’idea o almeno non solo nell’idea<br />
ma anche in noi stessi. Per comprendere<br />
un’opera si cercano le ragioni, si<br />
trova l’or<strong>di</strong>ne, si vede la chiarezza che<br />
è lì per caso, non per una legge o per<br />
una necessità. Quelle che riteniamo siano<br />
le sue leggi, sono forse soltanto<br />
leggi che permettono la comprensione,<br />
senza essere per questo le leggi a cui<br />
deve sottostare l’opera. L’opera è in<br />
grado <strong>di</strong> rispecchiare, ciò che vi si vede<br />
dentro non è altro che l’immagine riflessa<br />
della nostra natura, non in<strong>di</strong>ca il<br />
piano <strong>di</strong> orientamento dell’opera, ma<br />
solo il piano del nostro metodo <strong>di</strong> orientamento.<br />
Che si tratti dello spazio <strong>di</strong> un<br />
opera architettonica o quello <strong>di</strong> un paesaggio<br />
naturale il modo in cui ci colpisce<br />
<strong>di</strong>pende prima <strong>di</strong> tutto dalla nostra<br />
fisicità, è questa che determina il nostro<br />
orientamento e le nostre reazioni.<br />
Esclu<strong>di</strong>amo per ora implicazioni culturali,<br />
sempre e comunque presenti.<br />
Mi muovo, senza interessi precisi; dei<br />
paesaggi scorrono intorno a me in maniera<br />
in<strong>di</strong>fferente, altri, al contrario,<br />
vengono registrati, per qualche motivo<br />
scelti. In linea <strong>di</strong> principio il sud<strong>di</strong>vidersi<br />
<strong>di</strong> un paesaggio in parti più piccole o<br />
più gran<strong>di</strong> non è né una sud<strong>di</strong>visione<br />
temporale - in tempi <strong>di</strong> percezione delle<br />
parti - né una sud<strong>di</strong>visione reale dello<br />
spazio - un suo modo <strong>di</strong> apparire; ma<br />
esiste nella struttura interiore <strong>di</strong> chi<br />
parla e si ascolta.<br />
Paolo Galli<br />
Se tuttavia l’insieme delle sequenze<br />
deve essere unitario, malgrado la molteplicità<br />
dei suoi membri allora deve<br />
esserci in chi osserva, parla e ascolta<br />
quasi contemporaneamente, qualcosa<br />
che unifichi tante molteplicità e che,<br />
imponendole <strong>di</strong> <strong>di</strong>sintegrarsi in una<br />
moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> particolari <strong>di</strong>spersi e<br />
sconnessi le permetta <strong>di</strong> costituirsi,<br />
come suoi membri, in una indefinibile<br />
totalità. Questa allora è soltanto un termine<br />
<strong>di</strong> una proposizione. Questa proposizione<br />
è una determinazione dell’immagine,<br />
anzi dell’immagine legata<br />
ad un sistema <strong>di</strong> riferimento, sensazione<br />
attuale ed atti.<br />
Un paesaggio è colto come unità; una<br />
serie <strong>di</strong> colline si radunano come in<br />
una sequenza; una veduta lontana è<br />
parte integrante della sequenza. L’insieme<br />
può essere costituito in maniera<br />
tale da contenere in sé, anche se si<br />
estende per un solo momento <strong>di</strong> uno<br />
sguardo, in un certo numero <strong>di</strong> membri.<br />
Ebbene, tali membri non sono ulteriormente<br />
<strong>di</strong>fferenziabili. Le singole colline<br />
esistono nei limiti dell’insieme percepito<br />
in quanto suoi membri, possono artificialmente<br />
essere separate, avulse<br />
dall’insieme che compongono, non costituiscono<br />
elementi <strong>di</strong> senso.<br />
È dunque lecito porsi questa domanda:<br />
perché come e quando termina una<br />
sequenza <strong>di</strong> spazi, <strong>di</strong> paesaggio?<br />
Quando il senso formale è sod<strong>di</strong>sfatto,<br />
quando l’arco <strong>di</strong> un pensiero, un’idea,<br />
appaiono presentati in tutta la loro<br />
chiarezza. Questo è quello che in via<br />
provvisoria chiamiamo immagine.<br />
Un’immagine è <strong>di</strong>stinta dalla sua forza,<br />
dalla sua novità, dalla sua maniera <strong>di</strong><br />
prodursi e <strong>di</strong> sparire, dalla sua epoca;<br />
insomma dalla sua situazione mentale.<br />
Ma questa in<strong>di</strong>pendenza non è né assoluta<br />
né costante. Ci sono delle fasi durante<br />
le quali è <strong>di</strong>pendente. Tutti i caratteri<br />
della situazione si rapportano in fondo<br />
alla durata e alla transizione<br />
dell’immagine ai suoi effetti trasmissivi.<br />
Cosa determina l’unità? Un sentimento,<br />
uno stato? Ci sono dunque delle<br />
parti - dei valori - dei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong><br />
comparazione fra certi raggruppamenti<br />
e un oggetto materiale, mobile senza<br />
alterazione. Ma quali sono i limiti o quali<br />
sono i legami <strong>di</strong> questa unità? Quando<br />
nella continuità del paesaggio scelgo<br />
delle cose o dei punti particolari.<br />
Quando B segue A l’uno viene dopo<br />
l’altro - c’è dunque qualcosa <strong>di</strong> non<br />
qualunque in questo or<strong>di</strong>ne? Cosa è<br />
che fa B davanti A? È una omogeneità<br />
<strong>di</strong> natura? È un’unità <strong>di</strong> coscienza? È<br />
una durata? È paragonabile al campo<br />
<strong>di</strong> un colpo d’occhio o alla continuità <strong>di</strong><br />
un suono prolungato o un riflesso?<br />
Qui intorno, in una strada <strong>di</strong> campagna,<br />
c’è un punto speciale: i muri che<br />
l’accompagnano curvando attraverso<br />
le colline <strong>di</strong>ventano altezze molto <strong>di</strong>verse,<br />
da un lato sporgono gli ulivi, dall’altro,<br />
il più alto, sovrasta un gruppo <strong>di</strong><br />
lecci, in fondo alla curva in <strong>di</strong>scesa un<br />
cipresso contro un pezzo <strong>di</strong> cielo, in<br />
breve uno stato <strong>di</strong> cose attuali. Ma c’è<br />
anche il brillante degli ulivi, la compattezza<br />
scura dei lecci, il teso della curva,<br />
il muschioso del muro, le macchie<br />
<strong>di</strong> luce, il palpitante del cipresso, il sonoro<br />
del selciato. Là ci sono delle pure<br />
qualità o potenzialità singolari, dei puri<br />
possibili in qualche sorta. Sicuramente<br />
le qualità potenziali si rapportano agli<br />
oggetti, allo stato delle cose come alle<br />
loro cause. Ma ci sono degli effetti molto<br />
speciali: tutti insieme non rinviano<br />
che a se stessi e costituiscono<br />
l’espresso dello stato delle cose, intanto<br />
che le cause per loro conto non rinviano<br />
che a loro stesse costituendo lo<br />
stato delle cose. Il muro altissimo dal<br />
quale qualcuno si sporge può essere la<br />
sua espressione <strong>di</strong> vertigine, ma non la<br />
crea. Poiché l’espressione esiste anche<br />
senza giustificazione, essa non <strong>di</strong>viene<br />
espressione perché si aggiunge<br />
qualcosa con il pensiero. Sicuramente<br />
le qualità potenziali giocano un ruolo<br />
anticipatore, preparano l’avvenimento<br />
che potrebbe realizzarsi, il muro inclinato<br />
potrebbe franare, la luce sparire, il<br />
cipresso ondeggiare per la comparsa<br />
del vento. Ma in se stesse, mentre<br />
esprimono, esse sono già l’avvenimento.<br />
L’espresso, vale a <strong>di</strong>re l’affetto, è un<br />
complesso perché è composto da ogni<br />
sorta <strong>di</strong> singolarità che ora riunisce,<br />
ora separa. Il brillante degli ulivi, l’elastico<br />
del cipresso, il teso della curva, il<br />
vasto del cielo, sono delle qualità positive<br />
che non rinviano che a se stesse.<br />
Contemporaneamente, nelle varie parti<br />
del mio corpo si compiono dei micromovimenti<br />
che si riuniscono nella sensazione<br />
globale <strong>di</strong> un movimento che<br />
corrisponde all’espressione della commozione<br />
<strong>di</strong> tutte le mie parti.<br />
Non si può nascondere che è una sensazione<br />
<strong>di</strong>fficile da definire, perché<br />
essa è sentita piuttosto che conosciuta:<br />
concerne il nuovo dentro l’esperienza,<br />
il recente, il fugace, e pertanto<br />
l’eterno. Se si vuole è una coscienza<br />
imme<strong>di</strong>ata e istantanea tale e quale è<br />
implicata in tutto coscienza reale, che<br />
non è mai, a ben guardare, né imme<strong>di</strong>ata,<br />
né istantanea. Questa non è una<br />
sensazione, un sentimento, un’idea,<br />
ma la qualità <strong>di</strong> una sensazione, <strong>di</strong> un<br />
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