i luoghi dell'architettura - Dipartimento di Architettura - Università ...
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14 <strong>Architettura</strong> del vetro, ora in Ulrich Conrads, Manifesti<br />
e programmi per l’architettura del XX secolo,<br />
Firenze Vallecchi Centro Di 1970, p.27.<br />
15 Adolf Behne, L’architettura funzionale, Firenze<br />
Vallecchi 1968, p.15.<br />
16 Gombrich ci ricorda che Cicerone nel De oratore<br />
evidenzia le strette connessioni tra utilitas e venustas.<br />
Van de Velde cita Socrate: “Un oggetto è bello<br />
solo quando è stato creato/…/in modo che corrisponda<br />
allo scopo cui deve servire”.<br />
17 Mentre invece Le Corbusier: “La facciata, non più<br />
vincolata a una funzione portante, può essere considerata<br />
una semplice membrana che isola l’interno<br />
dall’esterno.” Maniera <strong>di</strong> pensare l’urbanistica ,<br />
Bari, Laterza 1965, p.23.<br />
18 Riportata da Giulia Veronesi (Profili, <strong>di</strong>segni, architetti,<br />
strutture, esposizioni, Firenze Vallecchi<br />
1969, p. 82). La considerazione è relativa a Ledoux,<br />
ma si ritiene <strong>di</strong> poterla estendere anche all’architettura<br />
razionale.<br />
19 Giulio Carlo Argan, Lo spazio visivo della città. In<br />
AAVV: Il fenomeno ‘città’ nella vita e nella cultura<br />
d’oggi, a cura <strong>di</strong> Piero Nar<strong>di</strong>, “Quaderni <strong>di</strong> San<br />
Giorgio” Firenze Sansoni 1971, pp. 165-167.<br />
20 Nel caso del teatro Carlo Felice <strong>di</strong> Genova, Argan<br />
osserverà che era meglio partire dalla verifica della<br />
piazza: Bisognava prima ripensare la piazza, “Rinascita”<br />
n.32, 11 agosto 1984. Con relativa replica <strong>di</strong><br />
Aldo Rossi (“Rinascita” n.33 25 agosto 1984) dove<br />
sostiene che fra tante torri a Genova ci può stare<br />
anche quella del teatro. Lui è per un progetto che<br />
“non <strong>di</strong>venti arredo urbano”. Coglie anche l’occasione<br />
per esprimere il proprio compiacimento per la realizzazione<br />
della Torre Velasca a Milano “bella da<br />
essere riprodotta sulle cartoline più <strong>di</strong>ffuse”.<br />
21 Nella stessa raccolta <strong>di</strong> saggi della rivista all’insegna<br />
del “Fenomeno ‘città’”, Giuseppe Samonà<br />
(p.150), a proposito del rapporto tra centri storici e<br />
architettura: “anche coloro che in omaggio all’idea<br />
<strong>di</strong> continuità del processo storico, teorizzano la<br />
possibilità <strong>di</strong> sostituire gli e<strong>di</strong>fici fatiscenti, e in contrasto<br />
alla matrice antica, con volumi pari a quelli<br />
dell’e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> questa matrice, quando poi si vedono<br />
davanti, finito, uno degli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> sostituzione, lo<br />
trovano sempre brutto e incongruo, con mille <strong>di</strong>fetti<br />
che cercano sempre <strong>di</strong> portare a giustificazione del<br />
loro rifiuto che contrasterebbe con l’idea metodologica<br />
dell’inserimento omogeneo. Lo stesso potrebbe<br />
ripetersi per coloro che pre<strong>di</strong>cano l’assoluta<br />
mancanza <strong>di</strong> problemi del genere, in quanto teorizzano<br />
la necessità dell’accostamento sic et simpliciter<br />
<strong>di</strong> opere modernissime alle antiche, accostamento<br />
che poi trovano perfido, quando lo vedono<br />
realizzato: Zevi, per esempio.”<br />
22 Paolo Portoghesi, La reggia e la città, in Le corti<br />
italiane, Milano, Touring Club 1977, p. 33.<br />
23 Paolo Portoghesi, La reggia e la città, cit. Da un<br />
lato il loggiato che si apre sulla città, ma che non<br />
pone in crisi il principio <strong>di</strong> realizzazione dell’e<strong>di</strong>ficio<br />
come ‘parete’, parete colorata: “la scarsità delle ombre<br />
portate non è d’altra parte che la spia <strong>di</strong> una<br />
volontà precisa e coerente che tende a rispecchiare,<br />
nel microcosmo dell’opera, il macrocosmo della<br />
città: la esaltazione del colore come elemento fondamentale<br />
della visione, la subor<strong>di</strong>nazione dei contorni<br />
(degli ‘orli’ secondo la definizione albertiana)<br />
alla vibrazione cromatica delle superfici.” p. 27.<br />
24 Manfredo Tafuri, Il luogo teatrale dall’umanesimo a<br />
oggi, Teatri e scenografie, T. C. I., Milano 1976, p.39.<br />
25 Paola <strong>di</strong> Biagi, Lo spazio abitabile nei Congressi<br />
internazionali <strong>di</strong> architettura moderna (dal Supplemento<br />
a “Urbanistica” n. 106). Ignasi de Solà-Morales<br />
(<strong>Architettura</strong> e esistenzialismo: una crisi dell’architettura<br />
moderna, “Casabella” n. 583, ottobre<br />
1991), a proposito del CIAM del 1954: “Abitare è il<br />
para<strong>di</strong>gma della vita urbana e il sistema che si articola<br />
nella casa, nella strada, nel quartiere e nella<br />
città, è una concettualizzazione della forma urbana<br />
che, abbandonando la <strong>di</strong>visione in quattro della città<br />
[abitazione, svago, lavoro e trasporto] concepita<br />
nella Carta <strong>di</strong> Atene, pone l’in<strong>di</strong>viduo al centro dell’organizzazione<br />
dello spazio abitabile”. Pare un po’<br />
singolare vedere questi aspetti come ‘crisi dell’architettura<br />
moderna’. Semmai, a prescindere dalla<br />
80<br />
D O S S I E R<br />
loro attuabilità, come sviluppi naturali della razionalità<br />
e delle analisi sui problemi della progettazione<br />
dell’architettura.<br />
26 Anche Giulio Carlo Argan (DEAU “<strong>Architettura</strong>”)<br />
sostiene che “l’abitabilità/…/costituisce la finalità<br />
prima dell’intenzionalità dell’architetto” e che “comprende<br />
almeno due momenti <strong>di</strong> esperienza: quello<br />
dell’esterno e quello dell’interno” e che “l’a. raggiunge<br />
il fruitore senza interrompere il flusso dei<br />
suoi interessi e dei suoi atti” , ma poi, seguendo il<br />
Koenig, sostiene che le tipologie “non debbono<br />
considerarsi come prescrizioni a priori , ma come<br />
deduzione <strong>di</strong> certe costanti <strong>di</strong>stributive e strutturali<br />
dalla serie storica delle opere fatte per adempiere a<br />
una determinata funzione”, come se il rapporto con<br />
il concetto dell’abitabilità potesse esimersi dal trasferirsi<br />
imme<strong>di</strong>atamente e prioritariamente nei tipi<br />
che accolgono detta abitabilità. E, in quanto agli<br />
“schemi <strong>di</strong> abitabilità o fruibilità funzionali”, le tipologie<br />
non sono schemi, ma assetti strutturati fino<br />
nei dettagli. Il fatto è che per a. si intende una sorta<br />
<strong>di</strong> sintesi artistica in rapporto a un contenuto più o<br />
meno riconducibile a un concetto, più che ricerca<br />
della strutturazione <strong>di</strong> un tipo: la componente<br />
espressiva è vista <strong>di</strong> fatto come determinante, e<br />
quella abitativa in subor<strong>di</strong>ne. Il Battaglia ad es. definisce<br />
l’architettura “la costruzione eseguita con intento<br />
artistico” e non, per <strong>di</strong>re, l’utilizzazione dell’arte<br />
per realizzare una determinata abitabilità in rapporto<br />
alle funzioni. Per contro, il concetto<br />
lecorbuseriano <strong>di</strong> machine à habiter, se non subor<strong>di</strong>nato<br />
a un’immagine, ma trasferito all’interno e<br />
all’esterno dell’architettura, pare funzionale in relazione<br />
alla definizione <strong>di</strong> un assetto idoneo.<br />
27 Il progetto della scuola in Italia dall’unità al fascismo,<br />
Firenze, Cesis 1984, IV, p. 40.<br />
28 Erich Steingräber (Cosa è l’arte, Oggi?, fascicolo<br />
n.25 dell’Enciclope<strong>di</strong>a universale dell’arte, La Repubblica-Leonardo),<br />
nota come l’arte, oggi (ancora<br />
oggi) abbia successo in<strong>di</strong>pendentemente dalla<br />
comprensione da parte della popolazione.<br />
29 Cfr. ad es. il concetto <strong>di</strong> vivibilità su cui insiste Richard<br />
Neutra. La stessa ricerca funzionale <strong>di</strong> Josef<br />
Hoffmann dela palazzo Stoclet (1905-14) <strong>di</strong> Bruxelles,<br />
all’insegna della ‘Gesamtkunstwerk’, della collaborazione<br />
fra tutte le arti (cfr. <strong>di</strong> Georges Marlier, La<br />
première maison totalement nouvelle du XXe siècle,<br />
“Connaissance des arts” n.140, Octobre 1963),<br />
pone in chiara evidenza questa strategia. L’accusa <strong>di</strong><br />
‘ambiguità’ che viene mossa a Hoffmann da Andrea<br />
Silipo (DEAU) “l’uso della linea come mezzo per ridurre<br />
lo spazio ad un ente conoscibile solo attraverso<br />
setti bi<strong>di</strong>mensionali”, può forse costituirsi come<br />
chiave <strong>di</strong> lettura per la rottura della monoliticità dell’oggetto.<br />
Di particolare interesse, la progettazione<br />
totale, anche nel senso dell’integrazione nel progetto<br />
dei più minuti dettagli dell’arredamento. “Cultura da<br />
cui nacque la Bauhaus”, dove tuttavia le singole<br />
componenti (perdendo una committenza specifica<br />
tipo Stoclet che le rilega ad un determinato ‘spazio’)<br />
subiscono un processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>saggregazione, e rendendosi<br />
reciprocamente autonome, ‘sacralizzano’ le<br />
relative componenti.<br />
30 “Penso si possa <strong>di</strong>re che il modernismo contempla<br />
una linea analitico-razionale e una <strong>di</strong> avventura<br />
irrazionale” (Carmelo Strano, What was postmodernism?,<br />
“l’Arca” n. 5, aprile 1987, p. 107).<br />
31 “L’analogia /…/è simiglianza, <strong>di</strong>retta simiglianza<br />
tra oggetti qualsiasi, isolati e tenuti immobili” (Ferruccio<br />
Rossi-Lan<strong>di</strong>, Meto<strong>di</strong>ca filosofica e scienza<br />
dei segni, Milano Bompiani 1985, p. 51).<br />
32 Ad esempio, a proposito <strong>di</strong> Frank O. Gehry, Sebastiano<br />
Brandolini, “La Repubblica delle Donne”<br />
cit., scrive <strong>di</strong> “una felice coincidenza tra il suo stile e<br />
le idee dei critici <strong>di</strong> architettura”.<br />
33 Hegel, Estetica, Torino Einau<strong>di</strong> 1963, p.38.<br />
34 Hegel, Estetica, cit., p.39. Imprimendo l’uomo il<br />
sigillo del proprio interno, l’oggetto tende alla comunicazione<br />
universale e alla <strong>di</strong>alettica con il contesto<br />
come dalla riflessione <strong>di</strong> Goethe che riportiamo <strong>di</strong><br />
seguito. Mentre - seguendo le considerazioni <strong>di</strong><br />
Theodor Adorno ( Teoria estetica . Torino Einau<strong>di</strong><br />
1977, p.528) - l’arte che si aggiu<strong>di</strong>ca “l’alieno” <strong>di</strong>venta<br />
antagonista della realtà (Cfr. <strong>di</strong> Quirino Principe<br />
L’armonia? È antagonista della realtà -“Il Sole 24<br />
ore” 11.10.98- secondo Adorno “la funzione dell’arte<br />
è <strong>di</strong>alettica, nel senso che l’arte (e la musica in<br />
particolare) è un’antagonista della realtà, non un<br />
suo arricchimento. Perciò la felicità concessa dall’arte<br />
è un istante privo <strong>di</strong> estensione nel tempo e <strong>di</strong><br />
possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione; è rivelatrice, non appagante,<br />
e non appaga proprio perché rivela”.<br />
35 E spesso anche la vita nei confronti della “superstiziosa<br />
riverenza al passato” (Marx, citato da Karel<br />
Teige, Il mercato dell’arte. L’arte tra capitalismo e<br />
rivoluzione, Torino Einau<strong>di</strong> 1973, p. 130). Ovvia esigenza<br />
<strong>di</strong> valutare le ipotesi d’intervento in funzione<br />
dei costi/benefici in modo atten<strong>di</strong>bile e non improvvisato<br />
anche in rapporto alle preesistenze, tenendo<br />
conto che “né, soprattutto, sono immortali quelle<br />
opere create con l’aspirazione alla vita eterna.” Le<br />
opere con un carattere <strong>di</strong> convincimento sono quelle<br />
che hanno ‘risolto’ e che continuano a risolvere<br />
determinate situazioni con una ‘oggettività’ che non<br />
può essere conquistata che me<strong>di</strong>ante confronti<br />
serrati tra aspetti <strong>di</strong>versi e anche con l’in<strong>di</strong>viduazione<br />
<strong>di</strong> adeguati livelli decisionali.<br />
36 Pare problema <strong>di</strong> tutta l’arte moderna che tende,<br />
possiamo <strong>di</strong>re, istituzionalmente, a imporsi all’attenzione<br />
<strong>di</strong>retta del pubblico che deve essere ‘educato’<br />
a comprenderla: “L’artista moderno non vuole interme<strong>di</strong>ari.<br />
Vuole rivolgersi al pubblico <strong>di</strong>rettamente,<br />
per mezzo della sua opera. Se il pubblico non lo capisce<br />
spetta a lui fornire le sue spiegazioni. La ragione<br />
principale per cui il pubblico si trova in posizione<br />
sbagliata, quando si tratta della nuova arte, è<br />
l’incapacità della critica profana, che oscura, con<br />
mistificanti rivelazioni sull’arte visiva, la visione e<br />
l’esperienza senza preconcetti delle opera d’arte.<br />
C’è un solo modo per ritornare a un vedere senza<br />
preconcetti, <strong>di</strong>strutto dall’ignoranza e dalla compiacenza<br />
della critica d’arte tra<strong>di</strong>zionale: si devono stabilire<br />
principi elementari e universalmente intelligibili<br />
dell’arte visiva, che è quel che si tenta qui” (Theo<br />
van Doesburg ora in Scritti <strong>di</strong> arte e <strong>di</strong> architettura, a<br />
cura <strong>di</strong> Sergio Polano, Officina E<strong>di</strong>zioni 1979, p.<br />
311. 312). Mentre van Doesburg pone il problema <strong>di</strong><br />
una lettura ‘totalitaria’ (lo spettatore deve ‘ricrerae’<br />
l’opera, in certo qual modo ‘entrarci dentro’. “Può<br />
accadere, per esempio, che qualcuno alla vista <strong>di</strong><br />
un’opera d’arte esatta, si senta piacevolmente commosso,<br />
in modo sensoriale (sul piano del gusto) per<br />
gli effetti <strong>di</strong> colore. È chiaro che tale reazione non ha<br />
niente a che vedere con un rapporto artistico con<br />
l’opera d’arte” - p. 335) isola l’opera in se stessa e<br />
in<strong>di</strong>ca tuttavia anche gli strumenti per una definizione<br />
complessiva dell’opera d’arte, esten<strong>di</strong>bile anche<br />
alle caratteristiche <strong>di</strong> un’ambiente: “Nell’arte classica<br />
il fine artistico è, in maggiore o minor misura, velato<br />
da mezzi secondari. Nell’arte moderna il fine<br />
artistico si manifesta con sempre maggior chiarezza,<br />
con esattezza sempre maggiore/…/una percezione<br />
che rende lo spettatore consapevole <strong>di</strong> un’armonia,<br />
nella quale l’azione <strong>di</strong> dominanti <strong>di</strong>verse trova<br />
il suo equilibrio/…/. L’esperienza artistica<br />
autentica non può essere passiva, perché lo spettatore<br />
è costretto a sperimentare insieme all’artista la<br />
variazione continua e ripetuta, la compensazione <strong>di</strong><br />
posizione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione, <strong>di</strong> linee e <strong>di</strong> piani. Arriverà<br />
a comprendere quali rapporti armonici nascono<br />
infine da questo gioco <strong>di</strong> variazioni ricorrenti e <strong>di</strong><br />
compensazioni <strong>di</strong> un elemento con un altro. Ogni<br />
elemento si organizza con gli altri. L’unità ‘formativa’<br />
del tutto scaturisce da ciascun elemento (ma le singole<br />
parti non si staccano e non predominano sul<br />
tutto). Si raggiunge così un equilibrio perfetto <strong>di</strong> rapporti<br />
artistici. Non c’è nulla che <strong>di</strong>stolga lo spettatore;<br />
egli è libero <strong>di</strong> parteciparvi” (ivi, p.336-337).<br />
37 Democrazia e educazione cit. p.446. La prima<br />
e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> New York è del 1917.<br />
38 “Il pensiero locale ci invita dunque a una rivoluzione<br />
copernicana” scrive Michel Maffesoli, Nel<br />
vuoto delle apparenze, Milano Garzanti 1993, p.94.<br />
39 Tratto da uno scritto <strong>di</strong> prima della guerra, da un<br />
brano riportato nell’ Introduzione a Il mercato dell’arte.<br />
L’arte tra capitalismo e rivoluzione, cit. p. XX.