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muoiono se mangiano... ma non smetterebbero mai di mangiare!

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Pri<strong>ma</strong>vera 2008<br />

DANTE DANTE ALIGHIERI<br />

ALIGHIERI<br />

OPERE OPERE MINORI<br />

MINORI<br />

<strong>di</strong> Carlo Alberto CALCAGNO (Arenzano - Ge)<br />

Questio florulenta ac perutilis de duobus elementis aquae et terrae<br />

Epistole<br />

For<strong>se</strong> Dante si recò a Mantova 1 nel 1319 e qui nacque,<br />

come ci racconta il poeta stesso 2 , una grossa <strong>di</strong>sputa, la<br />

quale egli volle poi trattare e definire in una conferenza<br />

nella chiesa <strong>di</strong> S. Elena a Verona il 20/01/1320 3 .<br />

Tale questione concerneva il fatto <strong>se</strong> l’acqua in qualche<br />

punto fos<strong>se</strong> più alta della terra, visto che per i dotti l’elemento<br />

più nobile deve stare <strong>se</strong>mpre in alto (fuoco su aria,<br />

aria su acqua, acqua su terra) 4 .<br />

Dante affronta l’argomento anche per rispondere alle<br />

critiche ricevute per la sua cosmografia dell’Inferno 5 ed è<br />

per la negativa: la terra è in ogni punto più alta dell’acqua,<br />

che pure è elemento più nobile, per l’attrazione e<strong>se</strong>rcitata<br />

dalle stelle; porta a sostegno delle sue considerazioni<br />

Aristotele, Tolomeo e Alfergano 6 oltreché ad esperienze<br />

<strong>di</strong> carattere fisico che hanno per il poeta la <strong>ma</strong>ggior<br />

importanza.<br />

La scienza <strong>di</strong> Dante tuttavia <strong>non</strong> supera quella del suo<br />

tempo <strong>non</strong>ostante porti qualche buona ragione (ad es. l’illusione<br />

dei naviganti in alto <strong>ma</strong>re <strong>di</strong> vedere la terra più<br />

bassa): l’opera tuttavia ha un valore storico perché fa il<br />

punto sullo stato delle conoscenze del <strong>se</strong>colo.<br />

Interessa anche la <strong>di</strong>chiarazione del poeta <strong>di</strong> es<strong>se</strong>re vissuto<br />

fin dalla puerizia nell’amore della verità e la condanna<br />

delle indagini volte a co<strong>se</strong> che trascendono il nostro<br />

intelletto.<br />

Il valore letterario è invece <strong>di</strong>scutibile: il latino utilizzato<br />

è piano e <strong>di</strong>messo, <strong>se</strong>ppure l’architettura del trattato<br />

sia armonica 7 .<br />

L’attribuzione a Dante è per alcuno 8 incerta perché la<br />

concezione dell’Inferno è contrastante ed inoltre i commentatori<br />

antichi hanno ignorato quest’opera che è stata<br />

ritrovata solo nel XVI <strong>se</strong>colo.<br />

Però c’è anche da rilevare che D. parlò della questione<br />

al clero <strong>di</strong> Verona (ne è testimone il figlio Pietro) e che<br />

l’Inferno e la Questio <strong>di</strong>vergerebbero solo perché il primo<br />

è frutto <strong>di</strong> invenzione fantastica.<br />

Dell’Alighieri si sono con<strong>se</strong>rvate poche epistole <strong>ma</strong><br />

quelle <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponiamo sono <strong>di</strong> grande importanza: <strong>di</strong>rette<br />

ad uomini pubblici importanti, <strong>di</strong>battono temi politici<br />

e sociali <strong>di</strong> grande attualità e ci con<strong>se</strong>gnano degli spaccati<br />

assai preziosi del <strong>se</strong>colo XIV.<br />

Nel <strong>ma</strong>rzo del 1304 D. scrive una lettera al Car<strong>di</strong>nale<br />

Niccolò <strong>di</strong> Prato a nome dei Bianchi fuoriusciti, perché il<br />

vescovo <strong>di</strong> Ostia e legato pontificio, riporti la pace in Firenze.<br />

In altra epistola si conduole con Guido e con Oberto<br />

da Romena della morte del loro zio Alessandro (estate<br />

- 13 -<br />

del 1304); è dubbio che appartenga a Dante perché questo<br />

Alessandro troverà posto nell’Inferno.<br />

Un’epistola anteriore al 1306 è <strong>di</strong>retta a Cino da Pistoia<br />

e ha ad oggetto la risposta ad una questione - posta da<br />

Cino con un sonetto - <strong>se</strong> l’ani<strong>ma</strong> possa passare dall’amore<br />

per una persona all’amore per un’altra con la stessa<br />

facoltà.<br />

D. risponde affer<strong>ma</strong>tivamente con il sonetto “Io sono<br />

stato con amore insieme” e spiega meglio nella lettera<br />

che la potenza dell’ani<strong>ma</strong> <strong>non</strong> si esaurisce in un atto e<br />

quando questo è compiuto essa passa ad un altro.<br />

Altre tre epistole, dallo stile polemico e personale (contrariamente<br />

a quanto richiesto dall’epistolografia latina)<br />

sono scritte in occasione della <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> Arrigo VII: una<br />

ai Principi <strong>di</strong> Italia: ai re d’Italia, ai signori dei feu<strong>di</strong>, ai<br />

<strong>se</strong>natori ro<strong>ma</strong>ni, perché accolgano l’Imperatore voluto da<br />

Dio (1310), un’altra «agli scelleratissimi fiorentini <strong>di</strong><br />

dentro» perché <strong>non</strong> resistano alla calata <strong>di</strong> Arrigo VII<br />

(1311); la terza all’Imperatore stesso, in uno stile solenne<br />

tanto quanto il destinatario cui tale epistola è rivolta (1311).<br />

Ancora nel 1311 Dante in<strong>di</strong>rizza un’epistola al <strong>ma</strong>rche<strong>se</strong><br />

Moroello Malaspina <strong>di</strong> Giovagallo: in essa confida all’amico<br />

che appena allontanato dalla Curia (quella del<br />

Marche<strong>se</strong> o <strong>di</strong> Arrigo VII) giun<strong>se</strong> sulle acque dell’Arno<br />

dove vide una donna che lo infiammò <strong>di</strong> una passione terribile<br />

(anche in questo caso for<strong>se</strong> si tratta <strong>di</strong> un’allegoria).<br />

Della pri<strong>ma</strong>vera del 1311 sono anche tre biglietti <strong>di</strong> ringraziamento<br />

scritti da Dante in nome della contessa<br />

Gherardesca <strong>di</strong> Battifolle (figlia del conte Ugolino) e destinati<br />

all’imperatrice Margherita (moglie <strong>di</strong> Arrigo VII).<br />

Altra epistola è <strong>di</strong>retta ai car<strong>di</strong>nali convenuti in conclave<br />

dopo la morte <strong>di</strong> Clemente V nel 1314, perché si accor<strong>di</strong>no<br />

ad eleggere un papa più degno (Clemente V aveva<br />

ingannato Arrigo VII) e soprattutto eleggano un pontefice<br />

italiano in modo che la <strong>se</strong>de <strong>di</strong> Pietro sia riportata a<br />

Ro<strong>ma</strong>.<br />

Del 1315 è invece un’epistola destinata ad un amico<br />

fiorentino (<strong>di</strong> valore inferiore rispetto a quelle scritte in<br />

occasione della calata <strong>di</strong> Arrigo VII) che il poeta <strong>non</strong> vuole<br />

nominare: D. scrive in occasione dell’amnistia concessa<br />

da Firenze, affer<strong>ma</strong>ndo <strong>di</strong> <strong>non</strong> volerne fruire poiché egli<br />

è <strong>se</strong>mpre stato innocente e quin<strong>di</strong> <strong>non</strong> ha intenzione <strong>di</strong><br />

piegarsi ad inutili umiliazioni, <strong>ma</strong> preferisce <strong>se</strong>guire la<br />

ragione che appunto gli impe<strong>di</strong>sce il ritorno.<br />

L’ulti<strong>ma</strong> epistola è <strong>di</strong>retta al signore <strong>di</strong> Verona<br />

Cangrande della Scala (Par., XVII, 76 e ss.) <strong>ma</strong> sull’autenticità<br />

i dantisti sono quanto <strong>ma</strong>i <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>; per contrac-

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