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muoiono se mangiano... ma non smetterebbero mai di mangiare!

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mo, pensavo saremmo invecchiati assieme.<br />

Ma attente voi, state attente, tra un po’ inizierà a cadervi il<br />

<strong>se</strong>no, il vostro <strong>se</strong>dere e il vostro ventre <strong>non</strong> saranno più tesi<br />

come la pelle <strong>di</strong> un tamburo e allora il vostro grand’uomo,<br />

che vi ha promesso chissà quali mon<strong>di</strong> e chissà quale vita<br />

<strong>ma</strong>gnifica, vi sostituirà con un pezzo <strong>di</strong> carne più giovane e<br />

<strong>se</strong> <strong>non</strong> siete riuscite a capitalizzare quel pezzo <strong>di</strong> strada fatta<br />

assieme vi troverete nella fogna ancor pri<strong>ma</strong> <strong>di</strong> avere capito<br />

cosa stava succedendo.<br />

E allora, care bambine, un consiglio - perché <strong>non</strong>ostante tutto<br />

ho più considerazione <strong>di</strong> voi che <strong>di</strong> lui, che <strong>di</strong> loro -: rifiutate<br />

i suoi sol<strong>di</strong>, <strong>non</strong> vi fate pagare cene o viaggi, date un bel<br />

<strong>se</strong>gno <strong>di</strong> soli<strong>di</strong>tà, d’autonomia, in modo che quando vi regalerà<br />

un brillante da migliaia d’euro o v’intesterà una casa<br />

<strong>se</strong>mbri un favore che voi fate al poveretto. Siate scaltre perché<br />

quel periodo potrebbe durare molto meno <strong>di</strong> quanto im<strong>ma</strong>ginate.<br />

Perché <strong>non</strong> <strong>se</strong>rve nessuna abilità particolare per<br />

es<strong>se</strong>re giovani, <strong>non</strong> <strong>se</strong>rve nessuna capacità, nessun talento.<br />

Lo siamo state tutte.<br />

...continua<br />

Giorgio<br />

<strong>di</strong> Tavcar Giovanni (Trieste)<br />

Giorgio si svegliò verso le nove, quella <strong>ma</strong>ttina, con un profondo<br />

<strong>se</strong>nso <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. Aveva dormito bene, saporitamente.<br />

Si stirò con energia, fremendo dal sottile piacere che<br />

l’operazione gli procurava. Poi si mi<strong>se</strong> in ascolto. Il leggero<br />

tambureggiare sui vetri della finestra lo avvisò che fuori stava<br />

piovendo. Non si rabbuiò, come era solito fare in simili<br />

circostanze. Per quanto sintonizzas<strong>se</strong> l’u<strong>di</strong>to, <strong>non</strong> percepì<br />

nessun altro rumore. L’appartamento era silenzioso come<br />

un convento <strong>di</strong> clausura. La moglie era andata al lavoro, dopo<br />

aver accompagnato i figli a scuola. Lui <strong>non</strong> si era accorto <strong>di</strong><br />

niente.<br />

Ri<strong>ma</strong><strong>se</strong> per alcuni minuti in balia <strong>di</strong> quell’insolito e ras<strong>se</strong>renante<br />

silenzio, che <strong>non</strong> aveva certo modo <strong>di</strong> esplicarsi spesso,<br />

in quella casa, abitata da tre ragazzi molto svegli e talvolta<br />

scatenati. Un fuori program<strong>ma</strong> piacevole e <strong>di</strong>stensivo, da<br />

godere fino in fondo.<br />

Annodò le <strong>ma</strong>ni <strong>di</strong>etro alla nuca e posò lo sguardo sul soffitto<br />

che <strong>non</strong> aveva ancora terminato <strong>di</strong> imbiancare. Un confine<br />

slabbrato, proprio sopra alla sua testa, delimitava il<br />

giallastro biancore del fondo vecchio dalla fresca e luminosa<br />

patina della vernice nuova. Lo assalì perentoria la voglia<br />

<strong>di</strong> rimettersi al lavoro ( <strong>non</strong> a<strong>ma</strong>va le co<strong>se</strong> incompiute ), <strong>ma</strong><br />

si ricordò che aveva qualcosa <strong>di</strong> più importante da fare.<br />

Volgendosi verso la parete alla sua sinistra si trovò ad accarezzare<br />

con lo sguardo il bel mobile a vetri che aveva <strong>di</strong><strong>se</strong>gnato<br />

lui stesso e le centinaia <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi che vi erano contenuti,<br />

riposti con or<strong>di</strong>ne e cura meticolosa. Provò un vivo piacere<br />

nell’im<strong>ma</strong>ginare la caterva <strong>di</strong> voci, u<strong>ma</strong>ne e strumentali, che<br />

riposavano nelle infinite pieghe dei tenui e delicati solchi. Si<br />

<strong>se</strong>ntì come un privilegiato custode <strong>di</strong> prezio<strong>se</strong> reliquie.<br />

Un bronzeo medaglione, che aveva acquistato anni fa a<br />

Vienna, tratteggiava con delicate e sapienti volute Johann<br />

Strauss junior, emble<strong>ma</strong> stesso della Vienna musicale, che<br />

gli sorrideva con familiare arguzia sotto l’arcuata prominenza<br />

dei famosi baffi. Un Pierrot <strong>di</strong> ceramica languiva in un<br />

angolino, immerso nel suo triste destino <strong>di</strong> <strong>ma</strong>linconico pagliaccio.<br />

Nell’aria vagava un dolce tepore che lo illangui<strong>di</strong>va. Sarebbe<br />

ri<strong>ma</strong>sto volentieri a letto, a vagabondare con i suoi pensieri.<br />

Il richiamo <strong>di</strong> un preciso dovere lo richiamò però ener-<br />

Pri<strong>ma</strong>vera 2008<br />

- 49 -<br />

gicamente alla realtà. Doveva scrivere. Doveva approfittare<br />

<strong>di</strong> quella <strong>ma</strong>ttinata piena <strong>di</strong> tranquillità e <strong>di</strong> pace per continuare<br />

il suo ro<strong>ma</strong>nzo, che incominciava appena ora, dopo<br />

quasi tre anni <strong>di</strong> lavoro, ad assumere una for<strong>ma</strong> definitiva. Il<br />

piacere <strong>di</strong> scrivere lo scos<strong>se</strong> con forza e lo fece letteralmente<br />

balzare dal letto.<br />

Indossò la vestaglia blu, la sua preferita, e si recò in bagno a<br />

farsi la barba. Quel rito quoti<strong>di</strong>ano lo aiutava a rilassarsi e gli<br />

procurava un gran <strong>se</strong>nso <strong>di</strong> freschezza e <strong>di</strong> benes<strong>se</strong>re fisico.<br />

Poi andò in cucina. Il caffè che sua moglie gli aveva preparato<br />

era ancora tiepido. Non per<strong>se</strong> tempo a riscaldarlo, <strong>ma</strong> lo<br />

sor<strong>se</strong>ggiò davanti alla grande porta-vetrata. Il cielo era plumbeo<br />

e una fitta pioggierellina stava scendendo con ostinata<br />

insistenza. Consultò il barometro: <strong>non</strong> prometteva nulla <strong>di</strong><br />

buono. Il piacevole tepore che regnava in casa lo consolò<br />

dell’umida atmosfera grigiastra che permeava l’ambiente<br />

esterno.<br />

Tornò nella stanza da letto, rias<strong>se</strong>ttò con cura il letto, vi ste<strong>se</strong><br />

sopra il copriletto <strong>ma</strong>rrone, appoggiò accuratamente il cuscino<br />

sulla testata e si coricò, <strong>se</strong>mi<strong>se</strong>duto, permeato da un<br />

vago <strong>se</strong>nso <strong>di</strong> lievitante voluttà.<br />

Aveva l’abitu<strong>di</strong>ne, fin dagli anni dell’infanzia, <strong>di</strong> leggere,<br />

scrivere e stu<strong>di</strong>are a letto. In quella posizione, <strong>se</strong>mi<strong>se</strong>duto, si<br />

<strong>se</strong>ntiva fisicamente rilassato e la concentrazione mentale ne<br />

risultava molto avvantaggiata. Poi, con il passare degli anni,<br />

aveva preso l’abitu<strong>di</strong>ne anche <strong>di</strong> ascoltare a letto; aveva perciò<br />

siste<strong>ma</strong>to il suo sofisticato impianto stereofonico proprio<br />

sul mobile che conteneva l’ampia raccolta <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi. La ra<strong>di</strong>o<br />

l’aveva invece siste<strong>ma</strong>ta <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui, sul ripiano della<br />

testata. Andava a <strong>se</strong>dersi alla scrivania solo quando doveva<br />

copiare qualcosa a <strong>ma</strong>cchina.<br />

Pri<strong>ma</strong> <strong>di</strong> iniziare a scrivere les<strong>se</strong> un breve racconto dai “<br />

Sillabari “ <strong>di</strong> Goffredo Pari<strong>se</strong>. Gli <strong>se</strong>rviva per entrare nel<br />

cli<strong>ma</strong> giusto, per colorare l’atmosfera, per spronare la fantasia.<br />

Terminata la lettura pre<strong>se</strong> il quaderno degli appunti e la penna.<br />

Sfogliò le ultime pagine che aveva abbozzato qualche<br />

giorno pri<strong>ma</strong> e riportò così alla memoria frasi e situazioni.<br />

Poi si concentrò.<br />

Una volta, quando <strong>non</strong> scriveva ancora, era convinto dell’esistenza<br />

dell’ispirazione. Poi, però, con l’andare del tempo,<br />

si era accorto che per scrivere occorrevano soprattutto<br />

or<strong>di</strong>ne e applicazione. L’ispirazione veniva, sì, ogni tanto,<br />

<strong>ma</strong> quando pareva a lei. Guai però ad aspettarla passiva<strong>ma</strong>nte.<br />

Avrebbe corso il rischio <strong>di</strong> <strong>non</strong> scrivere nulla. Bisognava<br />

invece applicarsi, giorno dopo giorno, con tenacia e insistita<br />

volontà. Talvolta la penna ri<strong>ma</strong>neva inoperosa per minuti,<br />

per ore. Talaltra invece le pagine si riempivano con appagante<br />

scorrevolezza.<br />

Giorgio compre<strong>se</strong> subito che quella <strong>ma</strong>ttinata sarebbe stata<br />

fruttuosa. Si <strong>se</strong>ntiva in felice equilibrio. I pensieri ruotavano<br />

leggeri, gli incastri tra im<strong>ma</strong>gini e parole si armonizzavano<br />

con flui<strong>di</strong>tà, la fantasia scoppiettava con allegra effervescenza.<br />

Ogni tanto alzava lo sguardo dalla pagina, la penna sostava a<br />

mezz’aria, mentre la mente tentava <strong>di</strong> modellare un’im<strong>ma</strong>gine<br />

<strong>non</strong> ancora del tutto sbozzata.<br />

Lavorò così per buone due ore, <strong>se</strong>nza apprezzabili interruzioni,<br />

che <strong>non</strong> fos<strong>se</strong>ro solo delle brevi pau<strong>se</strong> <strong>di</strong> riflessione e<br />

<strong>di</strong> concentrazione. Riusciva a <strong>se</strong>guire il trascorrere del tempo<br />

dal numero delle pagine scritte. Sapeva or<strong>ma</strong>i per lunga<br />

esperienza che tre pagine del suo abituale quaderno equivalevano<br />

a una pagina dattiloscritta e che in me<strong>di</strong>a quattro pagine<br />

<strong>di</strong> appunti, quando la fantasia lo sorreggeva, volevano

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