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muoiono se mangiano... ma non smetterebbero mai di mangiare!

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NARRATIVA<br />

I sogni <strong>non</strong> hanno stagioni<br />

Fosca Andraghetti<br />

Il pallone ha colpito il vetro con un tonfo leggero, poi è rotolato<br />

accanto a me che sto in terrazza nascosta tra vasi <strong>di</strong> fiori<br />

e lenzuola ste<strong>se</strong> ad asciugare. Resto nel mio cantuccio, ad<br />

ascoltare i richiami dal cortile.<br />

“Lauri, Lauriii…”<br />

Fingo <strong>di</strong> <strong>non</strong> <strong>se</strong>ntire.<br />

“Laura, butta il pallone per favore!” urla Michele<br />

“Lauri, oh Lauri, ti prego butta il pallone!” scimmiotta Alessandro.<br />

Li <strong>se</strong>nto ridere, <strong>non</strong>no e nipote, amici e complici. Scosto<br />

l’angolo <strong>di</strong> un lenzuolo e sbircio giù nel cortile: stanno ancora<br />

ridacchiando. Lancio la preziosa sfera, rifiuto <strong>di</strong> andare<br />

anch’io a tirare calci e pro<strong>se</strong>guo a siste<strong>ma</strong>re i vasi.<br />

Le punte dei petali <strong>di</strong> una rosa rossa ammiccano indolenti a<br />

raggi <strong>di</strong> sole. E’ pri<strong>ma</strong>vera. E’ svanito il velo <strong>di</strong> nebbia acquosa,<br />

<strong>se</strong>gno delle ultime brume invernali, che questa <strong>ma</strong>ttina<br />

velava uomini e co<strong>se</strong>. La rosa <strong>se</strong>mbra sorridere, un po’<br />

come gli occhi <strong>di</strong> Michele quando mi guardano. Nel cortile<br />

le voci si rincorrono gioio<strong>se</strong>, fra qualche ora riempiranno le<br />

stanze <strong>di</strong> questa casa, quella dove volevo vivere sola!<br />

“Puoi chia<strong>ma</strong>rmi Ale!”<br />

Il pallone era rotolato sotto la panchina dove ero <strong>se</strong>duta. Il<br />

bambino stava in pie<strong>di</strong> davanti a me, sperduto in una <strong>ma</strong>glietta<br />

<strong>di</strong> cotone troppo lunga e con i colori della squadra del<br />

cuore. Le efeli<strong>di</strong> del viso rispecchiavano il nocciola degli<br />

occhi e del ciuffo <strong>di</strong> capelli, leggermente sudato, che gli ricadeva<br />

sulla fronte.<br />

“E tu puoi chia<strong>ma</strong>rmi Laura!” avevo ribattuto allungandogli<br />

la palla.<br />

“Fa lo stesso <strong>se</strong> ti chiamo Lauri? Mi piace <strong>di</strong> più!”<br />

Avevo annuito <strong>di</strong>vertita.<br />

Michele era comparso alle sue spalle: lungo, <strong>ma</strong>gro e infilato<br />

in una tuta che doveva avere visto tempi migliori. Mi aveva<br />

guardato. Io avevo finto in<strong>di</strong>fferenza, sorridendo al bambino<br />

che lo strattonava.<br />

“Dai, Michele, an<strong>di</strong>amo a giocare! Poi fa buio e dobbiamo<br />

tornare a casa!<br />

“Lei resta qui?” aveva chiesto l’uomo.<br />

“No! Riprendo la mia corsa!”<br />

Pri<strong>ma</strong> <strong>di</strong> salutarmi, Alessandro aveva <strong>di</strong>chiarato i suoi anni<br />

siste<strong>ma</strong>ndo puntigliosamente le <strong>di</strong>ta ad una ad una.<br />

Se ne erano andati, il <strong>non</strong>no con l’andatura <strong>di</strong>noccolata e il<br />

nipote che correva dondolando il <strong>se</strong>dere pieno. Era alto per i<br />

suoi cinque anni, <strong>ma</strong> il corpo aveva ancora le roton<strong>di</strong>tà dei<br />

bambini piccoli.<br />

Avevo lasciato il parco quasi a <strong>ma</strong>lincuore. Improvvisamente<br />

mi ero accorta <strong>di</strong> quanto grande fos<strong>se</strong> la voglia <strong>di</strong> baci e<br />

abbracci. Del mio <strong>ma</strong>trimonio finito troppo in fretta, rimpiangevo<br />

un figlio <strong>ma</strong>i nato e i nipoti or<strong>ma</strong>i cresciuti, anche<br />

<strong>se</strong> della zia avevano or<strong>ma</strong>i un ricordo nebuloso.<br />

Michele lo rivi<strong>di</strong> la <strong>se</strong>ra stessa, davanti alla porta <strong>di</strong> casa<br />

mia, il <strong>di</strong>to incollato al campanello.<br />

“Prego?” avevo chiesto os<strong>se</strong>rvandolo curiosamente.<br />

Lui aveva allungato la <strong>ma</strong>no, nascosta <strong>di</strong>etro la schiena, per<br />

porgermi un’azalea bianca.<br />

Pri<strong>ma</strong>vera 2008<br />

- 41 -<br />

“C’è anche un biglietto!” aveva aggiunto. L’avevo aperto<br />

sospettosa.<br />

“Mi vorrebbe come amico? Non sono un bruto e abitiamo<br />

sullo stesso pianerottolo.”<br />

Ero scoppiata a ridere e lo avevo guardato negli occhi. Lui<br />

aveva tirato un sospiro <strong>di</strong> sollievo.<br />

Un’amicizia nata così, quasi per gioco. E quasi per gioco<br />

misi in <strong>di</strong>scussione il mio stile <strong>di</strong> vita, la ri<strong>se</strong>rvatezza che, nei<br />

molti anni vissuti in quel palazzo, mi aveva impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> allacciare<br />

rapporti con i miei vicini <strong>di</strong> casa creandomi intorno,<br />

così mi <strong>di</strong>s<strong>se</strong> in <strong>se</strong>guito Michele, un alone <strong>di</strong> mistero.<br />

Poco per volta riuscì a creare una crepa nella mia corazza<br />

facendomi <strong>se</strong>ntire <strong>di</strong> nuovo vulnerabile. Mi raccontò della<br />

dolorosa arresa <strong>di</strong> sua moglie, volata via troppo in fretta.<br />

Assumeva, a volte, un tono querulo e con una punta <strong>di</strong> rancore<br />

verso un destino incomprensibile e inaccettabile. Avevo<br />

voglia <strong>di</strong> un amico e gli <strong>di</strong>ssi della mia solitu<strong>di</strong>ne voluta.<br />

Mi spaventava anche solo l’idea <strong>di</strong> un nuovo compagno.<br />

Lui mi parlò <strong>di</strong> un’amica speciale con la quale aveva con<strong>di</strong>viso<br />

un dolore troppo grande per sopportarlo da solo e la<br />

rabbia contro il mondo intero.<br />

“Lei mi è stata vicina in un momento particolarmente <strong>di</strong>fficile!”<br />

Avrei voluto es<strong>se</strong>re io quella donna che, <strong>se</strong>nza muovere un<br />

<strong>di</strong>to, <strong>se</strong>mbrava avere un posto privilegiato nel suo cuore.<br />

Ribellandomi a quel desiderio, for<strong>se</strong> <strong>non</strong> troppo inconscio,<br />

<strong>di</strong> uscire dal mio isolamento, mi ero stretta nelle spalle dandomi<br />

della stupida per avere cullato un sogno in un’età in<br />

cui i sogni svaniscono soltanto. Poi ci fu un momento <strong>ma</strong>gico<br />

e quella che <strong>se</strong>mbrava es<strong>se</strong>re un’amicizia <strong>se</strong>nza sbocchi,<br />

<strong>di</strong>ventò qualcosa <strong>di</strong> molto più importante.<br />

“Lauri, il pallone!”<br />

Eccolo <strong>di</strong> nuovo! Mimo il gesto <strong>di</strong> tagliarlo con le forbici,<br />

poi rido e lo ributto giù. Michele mi avverte che suo figlio e<br />

la nuora arriveranno in ritardo per cena.<br />

Michele! E’ riuscito a stemprare la sua sofferenza, ha <strong>ma</strong>ndato<br />

in frantumi la mia corazza, mi fatto dono della sua famiglia.<br />

Ale è un bambino stupendo e mi regala quegli abbracci<br />

che mi <strong>ma</strong>ncavano tanto.<br />

Mi sono lasciata alle spalle paure e insicurezze ra<strong>di</strong>cate come<br />

gramigna. In un’età dove le donne per l’altro <strong>se</strong>sso <strong>di</strong>ventano<br />

trasparenti, qualcuno mi ha vista, mi ha regalato tutto<br />

quanto potevo desiderare: tenerezza, affetto, comprensione,<br />

complicità, <strong>di</strong>alogo… E’ stato come rifiorire, un poco come<br />

le ro<strong>se</strong> del mio balcone.<br />

Il bocciolo rosso si è piegato docile sotto la carezza del vento,<br />

il sole è <strong>di</strong>ventato più coraggioso e l’aria più calda.<br />

Il cielo è azzurro come i sogni, quelli che <strong>non</strong> hanno<br />

stagioni e allora, perché <strong>non</strong> andare anch’io a tirare calci<br />

ad un pallone!<br />

La Casa<br />

<strong>di</strong> Maria Francesca Cherubini (Pg)<br />

Nor<strong>ma</strong>, abita al centro della città, tra due vie citta<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

notevole percorrenza. Il traffico è caotico.<br />

Ma lei è ugualmente immersa nel silenzio e può avere tutta<br />

la concentrazione che vuole perché, dopo aver salito i suoi<br />

quasi 103 gra<strong>di</strong>ni, tutti ripi<strong>di</strong>, si trova in ci<strong>ma</strong> ad un grande<br />

vecchio palazzo, lontana in tal modo da rumori e vocìi.<br />

La sua “ Casa” è quin<strong>di</strong> nella quiete e rappre<strong>se</strong>nta il suo rifugio<br />

e in un certo <strong>se</strong>nso, o<strong>se</strong>remmo <strong>di</strong>re, una “grande <strong>ma</strong>dre”.<br />

È “Casa” infatti che, quando Nor<strong>ma</strong> rientra affranta e stanca,<br />

la prende tra le enormi braccia e la culla.

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