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muoiono se mangiano... ma non smetterebbero mai di mangiare!

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gelido vento della valle, avrei u<strong>di</strong>to il suo estremo saluto alla<br />

vita”.<br />

“Questi episo<strong>di</strong> <strong>non</strong> tutti sono citati dai libri <strong>di</strong> storia, <strong>ma</strong><br />

ricordate <strong>se</strong>mpre, nipoti miei, che anche ai partigiani dobbiamo<br />

oggi la nostra libertà. Ecco perché la nostra “tana” ha<br />

un suo valori storico e ricorda ancora, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> decenni,<br />

la lotta partigiana.<br />

Walter Fontan è uno dei tanti eroi ed è ricordato su <strong>di</strong> una<br />

lapide alla stazione <strong>di</strong> Torino Porta Nuova, sul lato <strong>di</strong> via<br />

Nizza, che rammenta ai posteri il nome dei ferrovieri caduti<br />

per la libertà”.<br />

Il <strong>non</strong>no aveva finito il suo racconto fatto ai tre nipotini, che<br />

gli fecero altre<br />

do<strong>ma</strong>nde sulla Resistenza, sullo spirito garibal<strong>di</strong>no dei partigiani,<br />

sui rastrellamenti dei tedeschi. Egli spiegò i <strong>di</strong>fficili<br />

momenti or<strong>ma</strong>i passati e li esortò a <strong>non</strong> <strong>di</strong>menticare.<br />

Promi<strong>se</strong> infine che un giorno li avrebbe portati in via Nizza,<br />

sotto il portico<br />

ferroviario, a vedere la lapide <strong>di</strong> cui aveva parlato pri<strong>ma</strong>.<br />

Precisò inoltre che era stato un bravo ra<strong>di</strong>o - telegrafista ed<br />

aveva svolto un ruolo molto importante per i collegamenti<br />

con gli alleati. Raccontò pure <strong>di</strong> es<strong>se</strong>re stato ferito alla gamba<br />

sinistra durante un attacco nazifascista.<br />

Fu allora che i tre nipotini vollero vedere i <strong>se</strong>gni della cicatrice<br />

nella gamba e ne furono orgogliosi perché il loro <strong>non</strong>no si<br />

era battuto con onore e Giorgio esclamò: “Allora la nostra<br />

“tana” ha un valore storico, <strong>ma</strong> noi <strong>non</strong> lo sapevamo e la<br />

ricorderemo <strong>se</strong>mpre come “Tana misteriosa” perché piena<br />

<strong>di</strong> firme, <strong>di</strong> date e <strong>di</strong> motti come questo: ”.<br />

Federica era pensierosa e poi soggiun<strong>se</strong>: “Tu, <strong>non</strong>no, ci hai<br />

fatto una promessa e devi <strong>ma</strong>ntenerla, così vedremo la lapide<br />

<strong>di</strong> cui ci hai parlato e porteremo dei fiori, a ricordo <strong>di</strong> tutti<br />

i caduti per la libertà”.<br />

Da “Il grido del gufo” (1974)<br />

Sogni Bastar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Ernesto D’Acquisto - Chieri (To)<br />

“No! Basta con i sogni bastar<strong>di</strong>. Vivere... Vivere...”<br />

Erano le tre del <strong>ma</strong>ttino quando Ceco andò a stravaccarsi<br />

con la sua <strong>ma</strong>cchina in un burrone insieme con Venes. La<br />

<strong>ma</strong>cchina, nuova fiam<strong>ma</strong>nte, gliel’aveva donata suo padre<br />

come premio per avere conquistato il primo traguardo culturale.<br />

Ora, supino su un letto in una corsia <strong>di</strong> ospedale <strong>se</strong>mbrava<br />

che deliras<strong>se</strong>. Linda, entrata in quel frangente, si <strong>se</strong>ntì<br />

gelare la pelle: il ragazzo dei suoi sogni aveva la fronte fasciata<br />

e la borsa sulla testa sovrastata da una bottiglia<br />

pensolante. Gli si avvicinò: aveva gli occhi chiusi. Gli accarezzò<br />

la tempia sinistra e lo chiamò: Ceco, Ceco. Il ragazzo<br />

aprì gli occhi, e la fissò a lungo. Poi balbettò; Basta! con i<br />

sogni bastar<strong>di</strong>...<br />

“Ceco... stai <strong>ma</strong>le?”<br />

“Non moIto; <strong>ma</strong> le ferite mi bruciano” sillabò lui chiudendo<br />

gli occhi.<br />

“Quante volte ti ho pregato <strong>di</strong> lasciare perdere quella sala<br />

infernale?”<br />

Ceco <strong>non</strong> rispo<strong>se</strong>, ché nel suo cervello danzavano ancora<br />

lampi policroni, rimbombi tamburici e sferzate <strong>di</strong> bronzi.<br />

“Com’è successo?” chie<strong>se</strong> Linda.<br />

E lui abbozzò un sorriso che <strong>se</strong>mbrò <strong>di</strong> cane, e <strong>di</strong>s<strong>se</strong>: Venes<br />

è morta.<br />

Pri<strong>ma</strong>vera 2008<br />

- 51 -<br />

Ceco e Linda si erano conosciuti qualche anno pri<strong>ma</strong> ad una<br />

festa, fra loro <strong>se</strong>mbrò scoccare subito la scintilla. Ma quando<br />

Ceco la invitò insistentemente a fargli da partner nella<br />

sala dei”sogni bastar<strong>di</strong>”, lei <strong>se</strong> ne allontanò. Lui continuò a<br />

sognare con Venes. E Linda, <strong>di</strong>ciottenne, continuò a sognare<br />

per conto proprio la vita coniugale con quel ventenne alto<br />

quanto basta, sago<strong>ma</strong> perfetta, bruno con capelli ondulati,<br />

fronte alta, <strong>di</strong>sinvolto e sicuro con la coda dei capelli al vento<br />

e occhi castani piccoli e incassati. For<strong>se</strong> intendeva<br />

recuperarlo.<br />

La notizia dell’incidente, Linda l’appre<strong>se</strong> dalla televisione.<br />

Non stette più nella pelle, e cor<strong>se</strong> all’ospedale in<strong>se</strong>guita dai<br />

rimbrotti della <strong>ma</strong>dre.<br />

“Com’è successo?” insistette Linda piegandosi sul ragazzo.<br />

Ma ceco spen<strong>se</strong> il sorriso da cane; e sprofondò nei sogni <strong>di</strong><br />

quella notte.<br />

“Balio con Venes. Lei mi afferra le orecchie con una veemenza<br />

tale che <strong>se</strong>mbra voles<strong>se</strong> staccarmele. Ora mi fissa negli<br />

occhi, mi tira e sé. Sento un colpetto alla spalla. Mi stacco da<br />

lei. E’ Carlo che mi offre le sigarette estere. Prendo il pacchetto<br />

e ne pago il prezzo centuplicato. II Lampadario si è<br />

spento; s’è accesa una luce rossa. Ogni ragazzo è avvinghiato<br />

alla sua donna. Nessuno, ancora fu<strong>ma</strong>: il viaggio deve<br />

incominciare in un tempo per tutti, e il suo inizio è subor<strong>di</strong>nato<br />

alla fine dell’intermittenza sincro<strong>ma</strong>tioa delle lampa<strong>di</strong>ne<br />

rossa e verde. Fumo... Fumiamo. Incomincia una musica<br />

lenta frammista a passione e intrigo. Le coppie prendono<br />

l’abbrivio. Molte rugazze vagano ad occhi chiusi. Si accendono<br />

tutte le lampa<strong>di</strong>ne; lampeggiano. I colori si fondono e<br />

generano altri colori. La sala è un proscenio astrale in metamorfosi<br />

tempestata <strong>di</strong> larve u<strong>ma</strong>ne variopinte. Vaghiamo...<br />

Quanto tempo è che gavazziamo con i nostri corpi...? Il ritmo<br />

delle luminescenze tende a degradare; for<strong>se</strong> la fa<strong>se</strong> <strong>di</strong><br />

preparazione al viaggio sta per concludersi. Ecco, la luce<br />

bianca si è spenta; anche le altre. Buio, S’è accesa la lampa<strong>di</strong>na<br />

gialla: la sala <strong>se</strong>mbra un luogo <strong>ma</strong>gico. Io e Venes pren<strong>di</strong>amo<br />

posto sul <strong>di</strong>vano più vicino. E’ incominciata una musica<br />

ricca <strong>di</strong> sincopi altalenanti e carezzevoli ohe mi portano<br />

sopra una sottile bru<strong>ma</strong> gialla. Venes mi salta addosso; mi<br />

morde l’orecchio destro; si stacca; mi fissa; <strong>di</strong>ce qualcosa<br />

che <strong>non</strong> capisco. La sala è avviluppata in una nube trasparente.<br />

Vedo delle coppie spar<strong>se</strong> ancora vaganti; altre sono<br />

<strong>di</strong>ste<strong>se</strong> a terra sopra un largo tappeto che Carla ha <strong>di</strong>sposto<br />

nel centro della sala. La mia compagna ha finito la pri<strong>ma</strong><br />

sigaretta; ne vuole un’altra. Gliel’accendo. Nell’evanescenza<br />

spumosa vedo altre fiammelle. La mia sigaretta ora è a metà.<br />

II giallo che pri<strong>ma</strong> era opaco, ora lo vedo vivido como <strong>se</strong> il<br />

fumo delle sigarette <strong>non</strong> ci fos<strong>se</strong>; la lampa<strong>di</strong>na è d’uno splendore<br />

meraviglioso. Mi <strong>se</strong>nto illuminare la mente, Questo, è<br />

il grande potere che mi da il viaggio. Una nuova adepta gridai:<br />

No! <strong>non</strong> voglio... <strong>non</strong> voglio morire; aiuto! <strong>non</strong> voglio<br />

morire; voglio tornaro in<strong>di</strong>etro. Si alza, si butta sopra il tappeto,<br />

si rotola e grida ancora: Assassini! state dìsintegrando<br />

il mio corpo; raccoglietelo, ridatemelo, è mio, lo voglio. Che<br />

delizia! Vedo il mondo nella sua interezza, assoluto e fecondo<br />

<strong>di</strong> fuoco amorevole. Gli uomini della terra sono raccolti<br />

tutti in un punto. S’abbracciano, finalmente, cantano l’inno<br />

mon<strong>di</strong>ale accompagnato dal suono del ganzavar. E’ un’armonia<br />

<strong>di</strong> pace, <strong>di</strong> gloria u<strong>ma</strong>na eterna. Le belve hanno perduto<br />

la loro ferocia. Ballano con gli ucraini una danza uniforme<br />

è la danza del mondo; è la <strong>se</strong>mbiosi dei geni. Mio<br />

padre, come un minchione al benzolo, arde sopra la collina<br />

fiorita del mondo: torcia che si scioglie ai pie<strong>di</strong> degli uomini<br />

u<strong>ma</strong>ni e delle belve e degli in<strong>se</strong>tti. Nel <strong>ma</strong>re gli squali sono

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