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muoiono se mangiano... ma non smetterebbero mai di mangiare!

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<strong>di</strong>re all’incirca un’ora <strong>di</strong> lavoro.<br />

Questa volta aveva oltrepassato la me<strong>di</strong>a abituale <strong>di</strong> quasi il<br />

doppio. Ci volevano del resto anche questi momenti <strong>di</strong> grazia,<br />

per compensare le tante giornate improduttive e vuote.<br />

Ancora teso nel pensiero, si alzò, e andò a controllare in<br />

cucina l’ora sul grande orologio appeso in alto, sulla parete<br />

frontale. Mancava un quarto a mezzogiorno. A mezzogiorno<br />

e mezza doveva recarsi a scuola a recuperare i ragazzi.<br />

“ Troppo poco tempo “ pensò “ per concentrarmi <strong>di</strong> nuovo e<br />

troppo per incominciare a vestirmi. “<br />

Rintracciò nella <strong>di</strong>spensa un succo <strong>di</strong> frutta, che sorbì con<br />

assorta partecipazione. Sbirciando dalla finestra catturò lo<br />

sguardo una ragazza, sul poggiolo della casa <strong>di</strong> fronte, sposina<br />

da poco, tutta intenta a cercare qualcosa nell’ar<strong>ma</strong><strong>di</strong>etto <strong>di</strong><br />

metallo biancolaccato.<br />

Il suo abigliamento consisteva in una canottiera leggera e in<br />

un paio <strong>di</strong> calzoncini sportivi, corti e aderenti. Giorgò rabbrividì<br />

a quella vista. Il termomemtro esterno mostrava <strong>se</strong>i<br />

gra<strong>di</strong>. La os<strong>se</strong>rvò per qualche momento. Dovette riconoscere<br />

che era piuttosto bene in carne e <strong>di</strong>scretamente bellina.<br />

Notò pure che le finestre della camera da letto e la porta del<br />

soggiorno erano del tutto spalancate. Si trovò a considerare<br />

che <strong>non</strong> avrebbe potuto <strong>ma</strong>i vivere con un pinguino, anche<br />

<strong>se</strong> formoso e grazioso.<br />

Tornò lentamente nella stanza da letto e si abbandonò al piacevole<br />

tepore dell’ambiente, che la vista della ragazza-pinguino<br />

aveva pericolosamente incrinato.<br />

Si <strong>di</strong>ste<strong>se</strong> <strong>di</strong> nuovo sul letto. Dal cas<strong>se</strong>tto pre<strong>se</strong> le poesie del<br />

Cardarelli. Aveva migliaia <strong>di</strong> libri nella sua ricca biblioteca.<br />

I pochi libri che però veramente a<strong>ma</strong>va, li teneva <strong>se</strong>mpre a<br />

portata <strong>di</strong> <strong>ma</strong>no. La raccolta poetica del Cardarelli era uno <strong>di</strong><br />

questi. Un piccolo vangelo poetico che <strong>non</strong> si stancava <strong>ma</strong>i<br />

<strong>di</strong> consultare, <strong>di</strong> sviscerare, <strong>di</strong> assaporare. Gli offriva im<strong>ma</strong>gini<br />

<strong>se</strong>mpre nuove e spunti originali che riuscivano a innestare<br />

infallibilmente le spolette della sua fantasia più inti<strong>ma</strong><br />

e profonda.<br />

Les<strong>se</strong> ad alta voce alcune poesie, lentamente, sillabando verso<br />

dopo verso, assaporando le pasto<strong>se</strong> e turgide im<strong>ma</strong>gini, le<br />

fresche e originali combinazioni, le lapidarie intuizioni,<br />

rit<strong>ma</strong>ndo la fluida costruzione musicale interna che tanto<br />

doveva alla grande lezione del Leopar<strong>di</strong>.<br />

Sulle ali dell’entusiasmo per quei mirabili versi che davano<br />

cro<strong>ma</strong>tico rilievo pittorico ai suoi <strong>se</strong>ntimenti, cercò <strong>di</strong> li<strong>ma</strong>re<br />

l’abbozzo <strong>di</strong> una sua poesia che giaceva in embrione da mesi<br />

nel suo quaderno <strong>di</strong> appunti. La densa e originale ispirazione<br />

del Cardarelli finì però per sbiancare ulteriormente il già<br />

debole abbozzo.<br />

Un <strong>se</strong>gnale interno lo avvisò che era or<strong>ma</strong>i giunta l’ora <strong>di</strong><br />

prepararsi. La sua giornata personale era terminata. L’aveva<br />

usata bene, perchè aveva realizzato ciò che si era prefissato.<br />

In pace con sè stesso e con il mondo, si vestì in fretta e si<br />

preparò a subire l’umida e fasti<strong>di</strong>osa carezza che la pioggia<br />

gli avrebbe inevitabilmente elargito.<br />

La grotta <strong>se</strong>greta<br />

<strong>di</strong> Santi Zagami (Torino)<br />

Giorgio, Edoardo e Federica erano tre fratelli e insieme, esplorando<br />

il folto del bosco, avevano scoperto, in un anfratto,<br />

una caverna che chia<strong>ma</strong>rono “la nostra <strong>se</strong>greta”. Lì si rifugiavano<br />

sovente e si confidavano i loro sogni. La “tana”,<br />

piena <strong>di</strong> mistero per le date e gli scritti incisi sulle pareti,<br />

destava viva curiosità nei tre ragazzi, che facevano mille<br />

Il Salotto degli Autori<br />

- 50 -<br />

congetture pensando persino a creature strane come, ad e<strong>se</strong>mpio,<br />

ai folletti del bosco, o a es<strong>se</strong>ri misteriosi che volevano<br />

lasciare traccia <strong>di</strong> sé. Pensarono pure a persone a<strong>ma</strong>nti della<br />

natura e che nella “tana” avevano voluto, con la scrittura<br />

sulle pareti, soltanto richia<strong>ma</strong>re l’attenzione sul loro passaggio,<br />

come gli extraterrestri, e su questo argomento fecero<br />

mille congetture: quali motivi li avevano spinti a rifugiarsi in<br />

una caverna, a bivaccarvi e a scrivere sulle pareti frasi che,<br />

già da sole, erano piene <strong>di</strong> mistero.<br />

Deci<strong>se</strong>ro quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> parlarne al <strong>non</strong>no, che conosceva quei<br />

luoghi e certamente era in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> chiarire ogni cosa.<br />

Il <strong>non</strong>no era molto aperto e loquace e, quando i tre ragazzi<br />

avevano bisogno <strong>di</strong> chiarimenti, correvano da lui, che era<br />

<strong>se</strong>mpre a loro <strong>di</strong>sposizione per qualsiasi spiegazione. Scoperta<br />

la “tana”, i ragazzi furono quin<strong>di</strong> portati a mettere al<br />

corrente il <strong>non</strong>no della loro scoperta, <strong>ma</strong> egli aveva già intuito<br />

tutto. Fu Giorgio, il più gran<strong>di</strong>cello, a suggerire <strong>di</strong> rivelare<br />

al vegliardo la loro scoperta e allorché si pre<strong>se</strong>ntarono a<br />

lui, egli, con un sorriso sulle labbra, <strong>di</strong>s<strong>se</strong> che aveva già capito<br />

la natura del loro <strong>se</strong>greto, che era felice <strong>di</strong> vedere che si<br />

erano decisi a parlargliene e spiegò che la “tana” egli l’aveva<br />

scoperta già molti anni pri<strong>ma</strong>, ai tempi della sua gioventù<br />

e in circostanze particolari perché in tempo <strong>di</strong> guerra, per<br />

rifugiarsi durante i rastrellamenti.<br />

Quin<strong>di</strong> la tana era stata un sicuro rifugio durante le retate che<br />

i tedeschi facevano contro i partigiani.<br />

I ragazzi vollero sapere molte co<strong>se</strong> sul mistero della “tana” e<br />

il <strong>non</strong>no cominciò a raccontare la sua vita <strong>di</strong> allora, in quel<br />

riparo che si rivelò prezioso per lui e per i co<strong>ma</strong>ndati partigiani.<br />

“La guerra <strong>di</strong>vampava e la “tana” fu un buon nascon<strong>di</strong>glio<br />

per me e per i miei compagni e ci salvò nei rastrellamenti<br />

sulle montagne fatti dai nazisti”.<br />

“Allora tu, <strong>non</strong>no, - <strong>di</strong>s<strong>se</strong> Federica - conoscevi tutti i partigiani?”<br />

“Tutti no, ne conoscevo i capi e uno in particolare: il suo<br />

nome era Walter ed aveva frequentato l’Istituto Magistrale<br />

“Domenico Berti” <strong>di</strong> Torino, dove ci conoscemmo e <strong>di</strong>ventammo<br />

amici. Con lui, sovente, andavo a pas<strong>se</strong>ggiare a Torino<br />

sotto il duplice filare dei tigli <strong>di</strong> corso Racconigi. Walter<br />

fu promosso a pieni voti e, nell’attesa <strong>di</strong> es<strong>se</strong>re chia<strong>ma</strong>to al<br />

<strong>se</strong>rvizio militare, egli vin<strong>se</strong> un concorso delle Ferrovie dello<br />

Stato, posto che poi dovette lasciare perché chia<strong>ma</strong>to a frequentare<br />

il Corso <strong>di</strong> Allievi Ufficiali <strong>di</strong> complemento e ne<br />

uscì con il grado <strong>di</strong> sottotenente. In<strong>di</strong> fu as<strong>se</strong>gnato al suo<br />

Reggimento, che era in zona <strong>di</strong> guerra in Albania dove, però,<br />

le truppe italiane e tedesche subirono una <strong>di</strong>sfatta.<br />

Walter fu incaricato dal suo co<strong>ma</strong>ndante <strong>di</strong> portare in salvo<br />

la ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> combattimento del Reggimento per <strong>non</strong> farla<br />

cadere in <strong>ma</strong>ni nemiche. Egli attraversò il <strong>ma</strong>re a bordo <strong>di</strong><br />

un peschereccio, portando così a compimento le sua missione.<br />

Fu durante tale incarico che vide a Bologna e a Torino le<br />

deportazioni <strong>di</strong> <strong>ma</strong>ssa fatte dai tedeschi. Compre<strong>se</strong> l’orrore<br />

dei loro meto<strong>di</strong> brutali e, per i suoi principi <strong>di</strong> libertà, scel<strong>se</strong><br />

la dura e rischiosa vita del partigiano, arruolandosi volontario<br />

nelle Brigate Garibal<strong>di</strong>ne della Val <strong>di</strong> Susa, in mezzo alle<br />

montagne, dove la sua attività <strong>non</strong> conosceva soste. Ma una<br />

<strong>se</strong>ra, tra<strong>di</strong>to da due prigionieri russi, che si erano venduti ai<br />

tedeschi, cadde trafitto da una raffica <strong>di</strong> mitragliatrice presso<br />

Bruzolo. Quello fu un agguato preme<strong>di</strong>tato e atroce.”<br />

Il <strong>non</strong>no si interruppe: aveva le lacrime agli occhi, poi si<br />

ripre<strong>se</strong> e <strong>di</strong>s<strong>se</strong>: “Pensate che qui, nella nostra “tana <strong>se</strong>greta”,<br />

sarebbe stato al sicuro... Io gliela avevo mostrata per lui e<br />

peri Capi partigiani, braccati dai tedeschi.”<br />

Poi soggiun<strong>se</strong>: “Se avessi ascoltato meglio, quella <strong>se</strong>ra, nel

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