ITALIA JUDAICA - Direzione generale per gli archivi
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110 Ariel Toaff<br />
con la fideiussione di terzi, il che creava seri grattacapi al Comune, incapace di<br />
fare previsioni sul grano che effettivamente sarebbe stato messo a sua dispo<br />
sizione dai possidenti e dai contadini al termine del raccolto. A Piti<strong>gli</strong>ano e a<br />
Sorano il grano era quindi considerato il pegno privilegiato, anche quando tal<br />
volta <strong>gli</strong> si univano quantità di farina d'orzo o di castagne 2 8 • A<strong>gli</strong> inizi del<br />
l'estate del 1578 il Consi<strong>gli</strong>o <strong>generale</strong> del Comune di Piti<strong>gli</strong>ano decideva di<br />
istituire dei rigidi controlli sui banchieri «che davano denari a grano», esigendo<br />
la lista dei debitori e dei rubbi di grano impegnati. La necessità di denaro<br />
liquido in paesi poveri ed interamente rurali, dalle iniziative economiche scarse<br />
e di raggio limitato, incrementava il prestito al consumo e con esso l'incetta<br />
dei grani da parte dei pochi possessori di moneta, ed in primo luogo dei ban<br />
chieri. I Comuni stessi erano oberati dai debiti e finivano <strong>per</strong> cedere la riscos<br />
sione delle proprie rendite a privati, che si impegnavano a pagare <strong>per</strong> loro<br />
conto. Spesso <strong>per</strong> ottenere dei mutui erano costretti, come tanti comuni del<br />
l'Italia centrale tre secoli prima, a far ricorso alla fideiussione dei boni viri, che<br />
ne garantivano la restituzione con i propri beni, spesso immobili. Ma talvolta<br />
erano i Comuni stessi che obtorto collo finivano col pagare i propri debiti con<br />
il grano. Nel giugno del 1590, <strong>per</strong> esempio, i governanti di Piti<strong>gli</strong>ano ottene<br />
vano un prestito dal banco ebraico, consegnando come pegno 180 quintali di<br />
grano. Nel dicembre dell'anno successivo lo stesso Consi<strong>gli</strong>o comunale si lamen<br />
tava che il banchiere, avendo ottenuto in pegno dal Comune certe quantità<br />
di grano, le avesse rivendute al conte Orsini, trasferendole nottetempo nei suoi<br />
granai 29• L'impressione è che il banco fosse interessato a racco<strong>gli</strong>ere pegni in<br />
grano, tra l'altro <strong>per</strong> facilitarne l'ammasso da parte del feudatario, o<strong>per</strong>ando<br />
in suo favore e <strong>per</strong> suo conto. Comprensibili sono quindi le lamentele del<br />
Comune, che si vedeva costretto a ricomprare il suo grano dal conte a prezzo<br />
maggiorato, pagando<strong>gli</strong> somme su<strong>per</strong>iori ai canoni e diritti che <strong>gli</strong> si dovevano.<br />
In pratica la politica di « dare denari a grano » da parte dei banchieri finiva<br />
col creare un doppio indebitamento dei Comuni nei confronti dei feudatari ed<br />
a rincarare il prezzo del grano sul mercato. Non sorprende quindi che tale<br />
politica fosse all'origine di gran parte di quei conflitti e malcontenti, cui abbiamo<br />
accennato.<br />
Un aspetto in certa misura differente rispetto all'immagine del banchiere<br />
ebreo nel <strong>per</strong>iodo precedente è dato dall'influenza esercitata su di lui dall'am<br />
biente rurale in cui si trovava immerso, e dove la terra giuocava un ruolo fon<br />
damentale. Sia che il banchiere si trasformasse e<strong>gli</strong> stesso in contadino (come<br />
si trasformava in mercante di grano) o che impiegasse dei mezzadri e desse<br />
bestiame a soccida, scondo quanto ammesso dai capitoli delle condotte, il<br />
legame tra lui e la terra era in queste zone assai più forte che nel <strong>per</strong>iodo pre-<br />
28 Cfr. sull'argomento: A. BIONDI, Una comunità ignorata ... cit., p. 437; G. CELATA,<br />
Gli ebrei in una società rurale... cit., pp. 219-221.<br />
29 G. CELATA, Gli ebrei in una società rurale ... cit., pp. 219-221.<br />
Il commercio del denaro e le comunità ebraiche « di confine » 111<br />
cedente oppure che altrove, anche <strong>per</strong>ché la sua attività veniva inevitabilmente<br />
ad estendersi ai settori dell'agricoltura e del pascolo 30• Nella condotta del 1591,<br />
ad esempio, il Comune di Piti<strong>gli</strong>ano confermava a<strong>gli</strong> ebrei del luogo il diritto<br />
«che i suoi bestiami possono pascere et godere come prima». Nei capitoli del<br />
1628, approvati da<strong>gli</strong> Orsini, era previsto che i banchieri di Monte San Savino<br />
fossero esenti dal pagamento di dazi e gabelle <strong>per</strong> il bestiame di loro proprietà 31•<br />
Un episodio curioso ed indicativo ci sembra essere quello avvenuto nel 1615<br />
quando le mandrie del banchiere Ventura de Pomis di Santa Fiora, essendo<br />
sconfinate nel territorio di Sorano, furono sequestrate dalle guardie comunali.<br />
Ne nacque un tafferu<strong>gli</strong>o al termine del quale l'ebreo venne arrestato e liberato<br />
solo dopo che Daniele di Simone, banchiere di Sorano, si fece garante <strong>per</strong> lui 32•<br />
Ma se i banchieri ebrei possedevano delle terre, non avevano probabilmente<br />
né la possibilità né l'intenzione di divenire dei latifondisti. Nel 1594 Abramo<br />
di Consolo, banchiere di Piti<strong>gli</strong>ano, possedeva intorno al paese appezzamenti<br />
di terreno lavorativo <strong>per</strong> 132 staia (circa ha. 21), ottenuti almeno in parte da<br />
mutui ipotecari non restituiti dai debitori. Non si trattava di grandi possessi,<br />
ma certamente tali da collocare il banchiere nella zona medio-alta della scala<br />
dei proprietari terrieri del posto, considerando che il maggiore di essi supe<br />
rava di poco ha. 42 33 • Mosè di Ventura, banchiere e mercante di tessuti a<br />
Sorano, possedeva intorno al 1640 una vigna di 5 o<strong>per</strong>e, che sembra <strong>gli</strong> desse<br />
un raccolto annuale di 70 quintali di vino circa, un terreno di ha. 3 lavorato<br />
a mezzadria, ed inoltre manzi, somari e pecore, dati a soccida 34• Non possiamo<br />
certamente parlare di banchieri-pastori o di banchieri-contadini, ma, sotto l'aspetto<br />
del legame alla terra, la loro fisionomia assume caratteristiche in certa misura<br />
peculiari.<br />
3. Abbiamo in precedenza esaminato i motivi <strong>per</strong> cui <strong>gli</strong> insediamenti<br />
ebraici ai confini tra Stato pontificio e Granducato di Toscana ne<strong>gli</strong> ultimi<br />
trent'anni del Cinquecento furono originati o ricevettero la loro linfa vitale<br />
dalle espulsioni di que<strong>gli</strong> anni. Nello stesso tempo abbiamo messo in evidenza<br />
come l'attrattiva di questi centri rurali, isolati e marginali, rimanesse pur sempre<br />
limitata e non si consolidasse nella formazione di grandi comunità e neppure<br />
di nuclei di media grandezza. Possiamo considerare infatti che nella prima metà<br />
30 Nei capitoli concessi ai banchieri di Piti<strong>gli</strong>ano nel 1571 era esplicitamente ammesso<br />
che sottoscrivessero contratti di mezzadria e soccida (dr. M. CASSANDRe, Gli ebrei e il prestito<br />
ebraico... cit., pp. 57-62). Non diversa doveva essere la situazione a Sorano dove nel 1619<br />
<strong>gli</strong> ebrei possedevano cellari, stalle e fienili <strong>per</strong> il loro bestiame (cfr. A. BIONDI, La comunità<br />
di Sorano ... cit., pp. 206-208).<br />
31 « Né (detti banchieri) passino essere gravati da dazi, guardie et altre gravezze reali<br />
e <strong>per</strong>sonali... né loro, né loro bestiami et siena exenti da ogni gabella come li homini di<br />
nostra terra» (cfr. V. DINr, P. PrRANI, Propedeutica . .. cit., pp. 188-196).<br />
32 A. BIONDI, La comunità di Sorano... cit., p. 206.<br />
33 G. CELATA, Gli ebrei in una società rurale ... cit., pp. 242-245.<br />
34 A. BIONDI, La comunità di Sorano ... cit., p. 206.