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anno 2010 - Istituto studi atellani

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accorgersene e, subito, predisse a Sossio che, in virtù di tale segno, sarebbe diventato<br />

martire. Tutto lieto e rendendo grazie a Dio, Gennaro impresse un bacio su quella testa<br />

che doveva patire per nostro Signore Gesù Cristo» 1 . Sia pure con qualche discordanza<br />

con il racconto, nella prima delle due illustrazioni, che compare, peraltro, anche sulla<br />

copertina, si osserva, infatti, un giovanissimo san Sossio nell’atto di sorreggere il<br />

Vangelo mentre un barbuto san Gennaro è intento nella lettura dello stesso. Nella<br />

sequenza successiva si osserva, invece, san Gennaro che bacia la testa al giovane<br />

diacono.<br />

San Gennaro abbraccia San Sosio<br />

Anche la quarta illustrazione è tratta dagli Atti Bolognesi e raffigura San Sosio davanti<br />

al giudice Draconzio, mentre la quinta, raffigurante San Sosio esposto alle fiere, è tratta<br />

dai cosiddetti Atti Vaticani, considerati dalla maggior parte degli autori un arbitrario<br />

rifacimento degli Atti Bolognesi infarciti oltremodo di inverosimiglianze che lasciano<br />

fortemente dubitare perfino della loro autenticità 2 . Particolarmente tagliente in proposito<br />

il giudizio di Aldo Caserta, già direttore negli Archivi di Stato e ispettore delle<br />

Catacombe di Napoli, docente di Storia Antica della Chiesa nella Pontificia Facoltà<br />

Teologica dell’Italia meridionale, che, a metà degli anni Ottanta del secolo scorso, in<br />

1 Gli Atti Bolognesi così noti per essere stati ritrovati nel 1774 in un codice conservato all’epoca<br />

nella Biblioteca dei Padri Celestini di Bologna, sono considerati la summa ovvero la ricucitura<br />

di due Passiones: quella di san Sossio, di cui sarebbe però pervenuta la sola parte iniziale, e<br />

quella di san Gennaro, di cui si conosce, viceversa, la sola parte finale. Gli Atti, ora conservati<br />

nella Biblioteca Universitaria della città felsinea, furono scritti tra il VI e il VII secolo e<br />

pubblicati la prima volta a Napoli nel 1759 dal canonico capuano Alesio Simmaco Mazzocchi,<br />

cui ne aveva reso noto l’esistenza l’abate Celestino Galiani. di Bologna. La narrazione<br />

adoperata è la traduzione alquanto letterale riportata in L. PARASCANDOLO, Memorie<br />

storiche, critiche, diplomatiche della Chiesa di Napoli, Napoli 1848, Tomo I, pp. 222 – 234. La<br />

versione è quasi sicuramente la stessa di cui si servì monsignor D’Angelo per i suoi Brevi cenni<br />

storici e quella a cui s’ispirò, altrettanto verosimilmente, anche Leonida Edel per le sue<br />

illustrazioni.<br />

2 Per una disamina storica sui vari atti della vita di san Gennaro cfr. D. MALLARDO, S.<br />

Gennaro e Compagni nei più antichi testi e monumenti, Napoli, 1940.<br />

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