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● Rapaci notturni. All’ordine degli strigiformi ap<strong>parte</strong>ngono i rapaci notturni<br />
come il gufo reale (Bubo bubo), il gufo comune (Asio otus) e l’allocco (Strix aluco).<br />
Nessuna di queste specie è esclusiva della faggeta ma tutte sono legate<br />
alle foreste decidue, almeno per la nidificazione. Questo fatto li porta ad essere<br />
più frequenti in montagna rispetto alle zone di collina e di pianura dove la<br />
deforestazione è stata più forte. Il gufo reale si riconosce subito per le grandi<br />
dimensioni e per i ciuffi di piume sul capo fortemente obliqui. Fra le sue prede<br />
figurano ghiri, lepri, martore, beccacce e perfino volpi. Nidifica in ambienti rocciosi,<br />
soprattutto in forre isolate e coperte da vegetazione. È piuttosto raro in<br />
Italia ma si identifica facilmente dalla voce, cupa e potente, udibile fino a 5 km<br />
di distanza. Il gufo comune si riconosce per i ciuffi del capo eretti e quasi<br />
paralleli tra loro, mentre l’allocco ne è completamente privo. Inoltre, l’allocco è<br />
l’unica specie, fra le tre considerate, ad avere l’iride scura anziché rosso-arancio.<br />
Sia il gufo comune che l’allocco mostrano una maggiore adattabilità a<br />
vivere negli ambienti frequentati dall’uomo, almeno dove l’attività venatoria è<br />
ridotta. Sembra che, almeno in alcune regioni, dove si è sviluppato un mosaico<br />
agro-forestale diffuso, le attività umane favoriscano questi uccelli, provocando<br />
l’aumento dei piccoli roditori di cui si nutrono.<br />
Laddove la faggeta ha ripreso terreno su antiche coltivazioni di montagna ed è<br />
ricresciuta intorno a vecchie case di campagna abbandonate, vive anche il<br />
barbagianni (Tyto alba), riconoscibile per il piumaggio chiaro sulle parti anteriori<br />
del corpo. Nidifica dentro ruderi, grotte o cavità rocciose.<br />
● Piciformi. Un ruolo assai importante<br />
nell’ecologia delle foreste viene svolto<br />
dai picchi. L’alimentazione di questi<br />
uccelli è costituita prevalentemente da<br />
insetti che vivono nei tronchi, soprattutto<br />
le grasse larve xilofaghe di<br />
coleotteri cerambicidi e buprestidi, di<br />
cui limitano il numero contribuendo<br />
alla salvaguardia degli alberi. I picchi si<br />
cibano anche di termiti, che vivono nei<br />
tronchi deperenti nutrendosi di legno<br />
morto, e di formiche che costruiscono<br />
nidi sociali nelle cavità. Il rumore che<br />
Picchio verde (Picus viridis)<br />
questi uccelli producono con il becco<br />
è indice del lavoro che svolgono continuamente bucherellando i tronchi. Inoltre<br />
rappresenta una tecnica acustica di marcatura del territorio, usata per definire<br />
i confini di questo e per segnalare la propria presenza. Veri e propri chirurghi<br />
degli alberi, i picchi usano il becco anche per scavare i loro nidi nel legno<br />
dei tronchi deperienti dando luogo a cavità che in seguito possono essere<br />
usate da altri uccelli, da mammiferi e da altri organismi. Per questo motivo, i<br />
picchi rappresentano animali-chiave dell’ecosistema forestale: oltre che da<br />
indicatori dello stato dell’ambiente, essi funzionano anche da regolatori di un<br />
equilibrio ecologico assai complesso.<br />
I picchi più frequenti nelle faggete appenniniche sono il picchio verde (Picus<br />
viridis) e il picchio rosso maggiore (Picoides major). Meno frequente è il picchio<br />
rosso minore (Picoides minor), la cui presenza è indice di un più elevato grado<br />
di complessità e diversità dell’ecosistema forestale. Ancora più raro è il picchio<br />
rosso mezzano (Picoides medius), osservabile nelle faggete dell’Appennino<br />
centro-meridionale, soprattutto fra 1000 e 1500 m. Ma la specie più rara e<br />
localizzata è il picchio dorsobianco (Picoides leucotos), rinvenibile nelle faggete<br />
mature dell’Appennino centrale, in particolare in quelle integralmente protette<br />
e quindi ricche di grandi alberi, come nel Parco Nazionale d’Abruzzo e<br />
nella Foresta Umbra del Gargano.<br />
Nelle faggete mature dell’Appennino meridionale, in Campania, Basilicata e<br />
Calabria, può essere avvistato anche il picchio nero (Dryocopus martius),<br />
una specie che tuttavia predilige i boschi di conifere. Queste, infatti, rappresentano<br />
l’habitat eletto dal picchio nero sulle Alpi e nel resto del suo vasto<br />
areale euroasiatico. Nelle radure e al margine dei boschi si può osservare<br />
anche il torcicollo (Jynx torquilla), intento a nutrirsi di formiche. Diversamente<br />
dai veri picchi non ha un piumaggio appariscente ma si mimetizza perfettamente<br />
sui tronchi.<br />
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Allocco (Strix aluco)