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2° parte - Udine Cultura

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122 tari e quindi la scarsità di prede. Ciò provoca la diminuzione del successo<br />

trario, fuori delle aree protette, la caccia illegale e l’elevato numero di cani<br />

riproduttivo e la dispersione dei predatori alla ricerca di nuovi territori, con un<br />

forte grado di mortalità durante gli spostamenti.<br />

L’orso marsicano (Ursus arctos marsicanus) e la lince (Lynx lynx) sono entrambi<br />

presenti nelle aree protette dell’Appennino centrale, ma localizzati e rari.<br />

Alcuni decenni fa, anche il lupo si trovava nelle stesse condizioni e molti davano<br />

per certa la sua prossima estinzione in Italia. Invece, condizioni favorevoli<br />

gli hanno consentito di recuperare un certo livello di densità di popolazione e<br />

di espandersi lungo tutto l’Appennino, colonizzando perfino le Alpi occidentali.<br />

Al giorno d’oggi, le popolazioni appenniniche di tutti i carnivori trovano il loro<br />

rifugio principale nelle foreste di montagna, e quindi in particolare nella faggeta,<br />

anche se per alimentarsi compiono frequentemente incursioni negli<br />

ambienti aperti come i pascoli o le zone coltivate.<br />

● Artiodattili. Le prede dei grandi carnivori, negli ecosistemi appenninici, sono<br />

molto scarse. Nonostante gli encomiabili sforzi effettuati negli ultimi decenni<br />

dalle autorità di gestione della fauna, nella maggior <strong>parte</strong> della penisola vedere<br />

un cervo o un capriolo è sempre un evento eccezionale. La densità di popolazione<br />

degli ungulati è ancora molto bassa rispetto alla capacità portante delle<br />

foreste appenniniche. Paradossalmente, in certe aree protette di piccole<br />

dimensioni, la densità di caprioli, cervi e cinghiali è così elevata da provocare<br />

danni alla vegetazione e quindi richiedere abbattimenti programmati. Al con-<br />

Lince (Lynx lynx) Cervo (Cervus elaphus)<br />

inselvatichiti impediscono a questi animali di raggiungere una densità tale da<br />

costituire un’attrazione ecoturistica ed un supporto alimentare per i grandi<br />

carnivori selvatici.<br />

Il capriolo (Capreolus capreolus) è un cervide di piccole dimensioni, provvisto<br />

di corna a tre punte e muso nero; le femmine presentano una falsa coda costituita<br />

da un ciuffo di peli bianchi. Il cervo (Cervus elaphus), invece, è un mammifero<br />

di grandi dimensioni e corna provviste di numerose punte. Sia nel<br />

capriolo che nel cervo, i parti avvengono all’inizio di giugno, e i piccoli hanno<br />

un caratteristico mantello pomellato, ovvero macchiato di bianco. Si tratta del<br />

modello di colorazione criptica, tipico degli ambienti forestali, che abbiamo già<br />

commentato nel paragrafo sui lepidotteri. Infatti, il piccolo trascorre molte ore<br />

da solo accovacciato e immobile nel sottobosco, mentre la madre si sposta<br />

per nutrirsi. Grazie alla sua colorazione, il piccolo riesce a rendersi meno evidente<br />

agli occhi dei predatori.<br />

L’ecologia e il comportamento di queste due specie mostrano notevoli differenze:<br />

il capriolo è solitario e territoriale, mentre il cervo tende a formare branchi.<br />

Il capriolo si trova in faggeta tutto l’anno mentre il cervo, se potesse scegliere<br />

dove andare, tenderebbe a frequentare le foreste soprattutto d’inverno,<br />

mentre nel resto dell’anno preferirebbe avventurarsi nei pascoli verdi di montagna.<br />

Nella realtà, però, è costretto a usare i boschi come rifugi diurni e ne<br />

esce soprattutto di notte, quando il disturbo antropico è minore. Infatti, la<br />

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