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2° parte - Udine Cultura

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oggi, a causa dello spopolamento dei centri abitati montani. L’allevamento<br />

brado è stato progressivamente sostituito da quello intensivo fondato sulla<br />

stabulazione, a <strong>parte</strong> pochi distretti appenninici centrali e soprattutto meridionali,<br />

in cui la tradizionale attività pastorale si mantiene in ambito locale. Tale<br />

attività, basata sulla storica transumanza, oggi facilitata dall’autotrasporto,<br />

consiste nella migrazione verticale del bestiame, in cui anche la faggeta viene<br />

sfruttata spesso illegalmente in alcuni periodi dell’anno, con conseguente<br />

accentuazione dei dissesti idrogeologici, erosione del suolo, limitazione nella<br />

naturale ripresa del bosco, destrutturazione delle cenosi e modificazione della<br />

loro composizione floristica.<br />

Da tempi antichissimi l’uomo ha sfruttato la possibilità del pascolo in foresta,<br />

praticato con tutti gli animali abitualmente allevati (pecore, capre, bovini,<br />

cavalli, asini, maiali). Tuttavia, tale attività si è notevolmente ridotta nel<br />

corso degli ultimi decenni, anche grazie all’emanazione di misure restrittive<br />

per la protezione della foresta.<br />

I diversificati cambiamenti nel costume e nell’economia locali hanno determinato<br />

vari effetti sulla faggeta. Da una <strong>parte</strong>, c’è stata la ricrescita del manto<br />

forestale in aree dove il continuo passaggio del bestiame e l’azione volontaria<br />

dei pastori impedivano la sua ricostituzione. Ciò ha rappresentato un impatto<br />

positivo sulla diversità biologica delle comunità forestali, ed ha consentito la<br />

riunificazione di frammenti forestali che erano rimasti isolati, permettendo<br />

così la ripresa del flusso genico tra popolazioni di animali e piante.<br />

D’altra <strong>parte</strong>, però, la chiusura dei<br />

pascoli ha rappresentato un problema<br />

per le comunità degli ambienti<br />

aperti che si erano formate durante<br />

una millenaria interazione tra l’uomo<br />

e le foreste. È diminuito il territorio di<br />

caccia per molti specie di uccelli<br />

rapaci (aquile, poiane, falchi ecc.) e si<br />

sono ridotte le aree di pascolo per gli<br />

erbivori selvatici come il cervo e il<br />

capriolo. Molte specie animali (e<br />

anche vegetali), inoltre, riescono a<br />

vivere soltanto quando la cotica<br />

erbosa è bassa, in quanto tagliata<br />

recentemente dagli erbivori.<br />

La riduzione eccessiva delle foreste o<br />

dei pascoli, rispettivamente causate<br />

dal disboscamento o dall’abbandono I colori autunnali del faggio<br />

della pastorizia, produce degli squilibri<br />

nelle biocenosi. Per esempio, la riduzione delle foreste crea problemi alimentari<br />

all’orso bruno soprattutto in autunno, quando faggiole e ghiande rappresentano<br />

una risorsa importante per questo animale prima di affrontare il letargo<br />

invernale. Ma anche la riduzione dei pascoli crea problemi a questa specie,<br />

soprattutto in primavera, quando si sposta negli ambienti aperti per<br />

nutrirsi di erba fresca. In entrambi i casi, trovandosi a corto di cibo, l’orso tenderà<br />

ad invadere gli ambienti agricoli alla ricerca di alimento. Un caso analogo<br />

riguarda i danni alla rinnovazione dei boschi causati dagli erbivori selvatici<br />

(cervidi) che, costretti a rifugiarsi in boschi troppo piccoli, spesso circondati<br />

da aree antropizzate, distruggono le giovani plantule e danneggiano le cortecce,<br />

soprattutto nei mesi invernali: se questi animali avessero l’opportunità<br />

di mangiare erba in ampi pascoli contigui alle foreste, questo problema<br />

sarebbe molto ridotto. Pertanto, una gestione mirata alla conservazione della<br />

biodiversità della fascia montana deve tendere a mantenere sempre un<br />

mosaico di ecosistemi in modo da consentire la sopravvivenza di tutte le<br />

componenti, specie eliofile (praticole) e sciafile (silvicole), permettendo agli<br />

animali più vagili di sfruttare entrambi gli habitat a seconda della stagione e<br />

delle loro esigenze specifiche.<br />

Per mantenere questa diversità di habitat nelle faggete, è importante la presenza<br />

abbondante di mammiferi erbivori selvatici, come i cervi e i caprioli. Un<br />

limitato numero di bovini, ovini ed equini può essere consentito anche nelle<br />

aree protette (non soggette a conservazione integrale), purché essi non supe-<br />

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La volta di una faggeta in autunno

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