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oggi, a causa dello spopolamento dei centri abitati montani. L’allevamento<br />
brado è stato progressivamente sostituito da quello intensivo fondato sulla<br />
stabulazione, a <strong>parte</strong> pochi distretti appenninici centrali e soprattutto meridionali,<br />
in cui la tradizionale attività pastorale si mantiene in ambito locale. Tale<br />
attività, basata sulla storica transumanza, oggi facilitata dall’autotrasporto,<br />
consiste nella migrazione verticale del bestiame, in cui anche la faggeta viene<br />
sfruttata spesso illegalmente in alcuni periodi dell’anno, con conseguente<br />
accentuazione dei dissesti idrogeologici, erosione del suolo, limitazione nella<br />
naturale ripresa del bosco, destrutturazione delle cenosi e modificazione della<br />
loro composizione floristica.<br />
Da tempi antichissimi l’uomo ha sfruttato la possibilità del pascolo in foresta,<br />
praticato con tutti gli animali abitualmente allevati (pecore, capre, bovini,<br />
cavalli, asini, maiali). Tuttavia, tale attività si è notevolmente ridotta nel<br />
corso degli ultimi decenni, anche grazie all’emanazione di misure restrittive<br />
per la protezione della foresta.<br />
I diversificati cambiamenti nel costume e nell’economia locali hanno determinato<br />
vari effetti sulla faggeta. Da una <strong>parte</strong>, c’è stata la ricrescita del manto<br />
forestale in aree dove il continuo passaggio del bestiame e l’azione volontaria<br />
dei pastori impedivano la sua ricostituzione. Ciò ha rappresentato un impatto<br />
positivo sulla diversità biologica delle comunità forestali, ed ha consentito la<br />
riunificazione di frammenti forestali che erano rimasti isolati, permettendo<br />
così la ripresa del flusso genico tra popolazioni di animali e piante.<br />
D’altra <strong>parte</strong>, però, la chiusura dei<br />
pascoli ha rappresentato un problema<br />
per le comunità degli ambienti<br />
aperti che si erano formate durante<br />
una millenaria interazione tra l’uomo<br />
e le foreste. È diminuito il territorio di<br />
caccia per molti specie di uccelli<br />
rapaci (aquile, poiane, falchi ecc.) e si<br />
sono ridotte le aree di pascolo per gli<br />
erbivori selvatici come il cervo e il<br />
capriolo. Molte specie animali (e<br />
anche vegetali), inoltre, riescono a<br />
vivere soltanto quando la cotica<br />
erbosa è bassa, in quanto tagliata<br />
recentemente dagli erbivori.<br />
La riduzione eccessiva delle foreste o<br />
dei pascoli, rispettivamente causate<br />
dal disboscamento o dall’abbandono I colori autunnali del faggio<br />
della pastorizia, produce degli squilibri<br />
nelle biocenosi. Per esempio, la riduzione delle foreste crea problemi alimentari<br />
all’orso bruno soprattutto in autunno, quando faggiole e ghiande rappresentano<br />
una risorsa importante per questo animale prima di affrontare il letargo<br />
invernale. Ma anche la riduzione dei pascoli crea problemi a questa specie,<br />
soprattutto in primavera, quando si sposta negli ambienti aperti per<br />
nutrirsi di erba fresca. In entrambi i casi, trovandosi a corto di cibo, l’orso tenderà<br />
ad invadere gli ambienti agricoli alla ricerca di alimento. Un caso analogo<br />
riguarda i danni alla rinnovazione dei boschi causati dagli erbivori selvatici<br />
(cervidi) che, costretti a rifugiarsi in boschi troppo piccoli, spesso circondati<br />
da aree antropizzate, distruggono le giovani plantule e danneggiano le cortecce,<br />
soprattutto nei mesi invernali: se questi animali avessero l’opportunità<br />
di mangiare erba in ampi pascoli contigui alle foreste, questo problema<br />
sarebbe molto ridotto. Pertanto, una gestione mirata alla conservazione della<br />
biodiversità della fascia montana deve tendere a mantenere sempre un<br />
mosaico di ecosistemi in modo da consentire la sopravvivenza di tutte le<br />
componenti, specie eliofile (praticole) e sciafile (silvicole), permettendo agli<br />
animali più vagili di sfruttare entrambi gli habitat a seconda della stagione e<br />
delle loro esigenze specifiche.<br />
Per mantenere questa diversità di habitat nelle faggete, è importante la presenza<br />
abbondante di mammiferi erbivori selvatici, come i cervi e i caprioli. Un<br />
limitato numero di bovini, ovini ed equini può essere consentito anche nelle<br />
aree protette (non soggette a conservazione integrale), purché essi non supe-<br />
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La volta di una faggeta in autunno