Relazione avv. Cosimo PALUMBO - Ordine degli Avvocati di Ivrea
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Ciò premesso, non può non osservarsi che, con la mo<strong>di</strong>fica apportata<br />
dall’art. 2 L. 125/08, il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione<br />
per i condannati per il reato <strong>di</strong> cui all’art. 624 bis c.p. e cc., inserito<br />
<strong>di</strong>rettamente nell’art. 656 c.p.p., non si estende alla concessione <strong>di</strong><br />
misure alternative detenzione. Ciò, in quanto l’art. 624 bis c.p. non è<br />
ricompreso nell’elenco dei gravi delitti previsti dall’art. 4 bis O.P.<br />
Conseguentemente, i condannati per delitti per i quali, in base alla nuova<br />
normativa è ora previsto il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
carcerazione, da un lato non potranno usufruire della sospensione<br />
dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione (funzionale all’accesso alle misure alternative<br />
alla detenzione) e dall’altro potranno accedere alle predette misure, senza<br />
alcuna limitazione e nelle medesime con<strong>di</strong>zioni previste prima della<br />
riforma.<br />
E’ evidente, dunque, che il legislatore, ai fini della concessione delle<br />
misure alternative alla detenzione, non ha ritenuto la condanna per il<br />
reato <strong>di</strong> cui all’art. 624 bis c.p. sintomatica della medesima pericolosità<br />
sociale dei reati <strong>di</strong> cui all’art. 4 bis O.P.<br />
Tuttavia il legislatore ha introdotto ugualmente il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione<br />
dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione, in palese contrasto con la ratio sottesa alla<br />
previsione normativa della sospensione stessa, ossia, come detto, quella<br />
<strong>di</strong> accedere alle misure alternative alla detenzione.<br />
E’ evidente che il <strong>di</strong>vieto introdotto dall’art. 2 L. 125/08 contrasta con il<br />
principio <strong>di</strong> ragionevolezza, posto che ha introdotto una <strong>di</strong>sciplina non<br />
consente ai condannati per il delitto previsto dall’art. 624 bis c.p. <strong>di</strong><br />
usufruire della sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione, al fine <strong>di</strong><br />
richiedere una misura alternativa alla detenzione, pur riconoscendo agli<br />
stessi il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accesso a tali misure nelle stesse con<strong>di</strong>zioni dei<br />
condannati per reati non previsti dall’art. 4 O.P.<br />
Al riguardo va osservato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.<br />
306 dell’8 luglio 1993, pur non prendendo una posizione sulla natura<br />
processuale o sostanziale delle norme che regolano l’esecuzione della<br />
pena, ha riconosciuto “anche in materie... non soggette al principio <strong>di</strong><br />
irretroattività della legge, che la vanificazione con legge successiva <strong>di</strong><br />
un <strong>di</strong>ritto positivamente riconosciuto da una legge precedente non può<br />
sottrarsi al necessario scrutinio <strong>di</strong> ragionevolezza...”.<br />
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