Relazione avv. Cosimo PALUMBO - Ordine degli Avvocati di Ivrea

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convenienza dell’uno o dell’altro modello di cumulo attraverso quella che a prima vista sembrerebbe solo una semplice operazione matematica ( se sia più alta la somma aritmetica delle pene inflitte con le varie condanne oppure il valore conseguito moltiplicando la pena più elevata comminata per cinque ) ma che nei fatti presenta qualche complicazione. A questo ultimo proposito, giova ricordare la consolidata giurisprudenza (ex pluribus Cass. 21/03/2006, Bordoni CED Cass. rv. 233870 e 3/12/2003, Piromelli CED Cass. rv. 226474) secondo la quale in tema di cumulo giuridico, l’indulto deve essere applicato sulle pene concorrenti, prima della applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p. sulle pene residue concretamente eseguibili. Secondo questo orientamento il disposto dell’art. 78, “pur inserito tra le norme del capo III, dedicato al concorso di reati, viene a collocarsi in posizione eccentrica rispetto alle norme precedenti, fugendo da correttivo della rigidità del cumulo materiale” (da ultimo Cass., Sez. 1° penale, 3/10/2008, ric. Pronestì). Tuttavia, a giudizio di chi scrive, la scelta ermeneutica fatta propria dal Giudice di legittimità, non appare costituzionalmente orientata al rispetto della funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27 Cost.: la relativa questione, di legittimità costituzionale, più volte prospettata, è stata ritenuta, fino ad oggi, manifestamente infondata. 3. La fungibilità delle pene. L’art. 657 disciplina la materia della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo, anche in procedimento diverso da quello per cui viene emesso il titolo esecutivo e anche se la custodia cautelare è ancora in corso. C’è un solo limite al recupero incondizionato delle pene espiate senza titolo (in altri termini la c.d. “fungibilità della pena”) ed è esplicitato dal 4° comma dell’art. 657, in base al quale possono essere dichiarate fungibili solo le pene espiate o la custodia cautelare sofferta dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire. 8
4. L’art. 656 c.p.p. 4.a) La sospensione dell’ordine di carcerazione. L’art. 656 c.p.p. è norma di estrema importanza che ha subito nel corso degli anni numerose modifiche: una prima modifica fu introdotta nel 1998 dalla c.d. legge Simeone (legge 27/5/98 n. 165). Prima del 1998 se c’era da eseguire una pena, doveva essere l’interessato a chiedere la sospensione dell’ordine di carcerazione presentando domanda di affidamento in prova ai servizi sociali (o altra misura alternativa). La legge Simeone ha, di fatto, invertito la procedura prevedendo che se la pena ancora da espiare non supera i 3 anni, automaticamente il P.M. decreta la sospensione dell’ordine di carcerazione concedendo un termine di 30 giorni all’interessato per formulare le istanze di misure alternative alla detenzione. A leggere l’art. 656 e le relative note (ve ne sono ben 15) si comprende che questa norma, sia per gli interventi della Corte Costituzionale, sia soprattutto per un susseguirsi di leggi nel tempo, ha subito radicali modifiche non tutte ispirate al medesimo principio. Infatti, dopo l’apertura della legge Simeone, gli ultimi provvedimenti normativi che hanno modificato l’art. 656 c.p.p. sono la legge 5 dicembre 2005 n. 251 (nota come legge c.d. ex Cirielli, poiché il proponente alla fine ha ritirato la firma), la L. 21 febbraio 2006 n. 49 (che ha convertito in legge, con modifiche, il D.L. 30/12/2005 n. 272), la legge n. 125/08 (che ha convertito in legge il D.L. 23/05/2008 n. 92). L’art. 656, III c. c.p.p. detta le caratteristiche formali dell’ordine di carcerazione con obbligo di notifica che, ai sensi dell’art.655, V c. c.p.p. , deve essere eseguita entro 30 giorni al difensore a pena di nullità. Questo affinché il difensore possa controllare l’ordine di esecuzione per verificare che sia o non sia soggetto a sospensione. Nella stessa sentenza di condanna ci possono essere dei reati che sono ostativi alla sospensione dell’ordine di carcerazione e dei reati che invece non lo sono. Se, per esempio, la condanna riguarda un reato di rapina e un reato di furto (posti in continuazione) e la pena ancora da eseguire è calcolata dopo aver detratto la parte che già si è espiata in stato di custodia 9
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