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Un percorso montano forinese e le sue storie di vita

Diario della riscoperta di un sentiero di montagna e della vita che gli scorreva intorno

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sasso calcare, e così esce d’impaccio. Questo mirabilissimo traforo, la cui luce presenta<br />

<strong>le</strong> stesse <strong>di</strong>mensioni che i tratti in fabbrica, <strong>di</strong>rigesi da <strong>le</strong>vante a ponente per<br />

sotto il casa<strong>le</strong> Contrada (parte del Comune <strong>di</strong> Forino) ove nel sito cui oggi esiste una<br />

taverna, sulla consolare de Due Principati, avvi un profon<strong>di</strong>ssimo spiracolo, per<br />

entro il qua<strong>le</strong> non son molti anni che <strong>di</strong>scendevasi fino al fondo dell’acquidotto; ed<br />

altri simili, <strong>di</strong> enorme profon<strong>di</strong>tà, ve ne hanno in prosieguo. Il piano vertica<strong>le</strong> che<br />

passa per la sua <strong>di</strong>rettrice incontra, poco innanzi, la gola tra’ monti Faiesi, e Bufoni;<br />

e <strong>di</strong>poi la pianura <strong>di</strong> Forino, su la qua<strong>le</strong> il Comune rimane a destra con i suoi<br />

casali <strong>di</strong> Petruro, Pozzo, Celsi. Traversato questo piano, a non molta profon<strong>di</strong>tà, e<br />

l’altra gola che separa il monte della Laura da quello <strong>di</strong> Montuoro, sbuca fuori nel<br />

vallone che si denomina de’ pozzilli, <strong>di</strong> dove scende giù precipitosamente per <strong>le</strong> falde<br />

orienta<strong>le</strong> e settentriona<strong>le</strong> del secondo monte, nel mezzo <strong>di</strong> quel<strong>le</strong> traversando, quasi<br />

in piano, il vallone Cannavaro, che proviene da Bracigliano, e giunge al piano <strong>di</strong><br />

Montoro Inferiore, poco innanzi <strong>le</strong> rampe della Laura. Questo secondo tratto<br />

dell’acquidotto è mirabilissimo sorprendente e <strong>di</strong> un valore inestimabi<strong>le</strong>, non meno<br />

per l’arduo traforo del monte, e per la natura sal<strong>di</strong>ssima del sasso in cui lo è praticato,<br />

che per la enorme caduta <strong>di</strong> 6 o 700 palmi, come a colpo d’occhio la stimo...”.<br />

Altri sono i suoi scritti, succedutisi nel tempo, in quanto l’Abate fece<br />

del<strong>le</strong> <strong>sue</strong> convinzioni una tenace crociata. In altre pagine infatti descrive<br />

lo scavo della gal<strong>le</strong>ria, “… senza esempio per la immensa fatica per forarla,<br />

per i molti e profon<strong>di</strong> spiragli che lungo il corso v’hanno e ciò in tempo in cui la<br />

polvere tonante era ignota…”. Non meno interessanti <strong>le</strong> descrizioni dei<br />

spiracoli (sfiatatoi) che si presume appartengano all’acquedotto. L’unico<br />

<strong>di</strong> cui se ne aveva assoluta certezza era quello posto nella precedentemente<br />

accennata taverna nei pressi <strong>di</strong> Contrada (allora frazione <strong>di</strong><br />

Forino). Gli altri, si suppone siano <strong>le</strong> bocche poste ai pie<strong>di</strong> della montagna<br />

<strong>di</strong> Bufoni e il fosso del<strong>le</strong> Pescaie a Celzi. Inoltre, ci scriveva<br />

Vespucci, che il passaggio della gal<strong>le</strong>ria del l’acquedotto doveva essere<br />

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