Un percorso montano forinese e le sue storie di vita
Diario della riscoperta di un sentiero di montagna e della vita che gli scorreva intorno
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servono a qualcosa, e io ho conservato nella memoria quelli <strong>di</strong> mio<br />
nonno, che rappresentano uno scrigno <strong>di</strong> tesori e allo stesso tempo<br />
un attaccamento al<strong>le</strong> ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> un luogo pieno <strong>di</strong> <strong>storie</strong> e sentimenti,<br />
che se non fossero trasmessi rischierebbero <strong>di</strong> perdersi e con essi<br />
l’identità <strong>di</strong> un luogo. Il vicolo era detto della neve perché si tramandava,<br />
nella zona, la presenza <strong>di</strong> una nevera, dove era ammassata la<br />
neve. Vista la natura del luogo, il vicolo più fresco <strong>di</strong> Avellino, dove<br />
non entrava mai un raggio <strong>di</strong> so<strong>le</strong>, la neve si trasformava in ghiaccio<br />
con opportuni accorgimenti. Coperta <strong>di</strong> foglie e sacchi, si poteva conservarla,<br />
senza sciogliersi, per lunghi perio<strong>di</strong>. Le nevere sorgevano<br />
numerose nei paesi limitrofi e in epoche in cui non esistevano frigoriferi,<br />
rappresentavano l’ unica possibilità <strong>di</strong> ottenere, nei perio<strong>di</strong> cal<strong>di</strong>,<br />
bevande o cibi fred<strong>di</strong> o <strong>di</strong> poter refrigerare e quin<strong>di</strong> conservare<br />
più a lungo cibi deperibili. I caffè <strong>di</strong> piazza Libertà preparavano sorbetti<br />
e granite meravigliosi (Caffè Roma, Centra<strong>le</strong>, Margherita) grazie<br />
alla fornitura costante <strong>di</strong> ghiaccio che veniva consegnato con carretti<br />
trainati da cavalli. <strong>Un</strong>o dei trasportatori <strong>di</strong> ghiaccio più conosciuti ad<br />
Avellino era Mariniello, personaggio caratteristico per il suo modo<br />
particolare <strong>di</strong> vestire, pantaloni alla zuava e camicia a quadri, anche<br />
d’inverno. Ricordo ancora, negli anni ‘70, la sua presenza imponente<br />
in piazza Libertà. Gli mancava sicuramente il suo carretto cancellato<br />
dal progresso che, in una scatola <strong>di</strong> latta, aveva rinchiuso tutta una<br />
poesia e un modo <strong>di</strong> vivere. Oggi il vicolo non esiste più, la ricostruzione<br />
del dopo terremoto ha visto la nascita <strong>di</strong> un palazzo con porticato<br />
soprae<strong>le</strong>vato che si raggiunge attraverso del<strong>le</strong> sca<strong>le</strong>, sulla sommità<br />
del<strong>le</strong> quali, ad ogni ingresso dei palazzi, è stato conservato fortunatamente<br />
il toponimo del luogo, come si <strong>le</strong>gge da una iscrizione<br />
su mattonella attaccata al muro. Sarebbe più giusto all’ingresso del<br />
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