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130 <strong>Basilicata</strong> Paesaggi d’autore Leonardo Sinisgalli131pomodori e il sacco dei peperoni messo di traversosul basto. I mulattieri di Sant’Arcangelo eranopiccoli e malarici, poveri saraceni che le zanzaremillenarie avevano ridotti pelle e ossa» (Il piccione,in Belliboschi cit., pp. 95-96).La produttività della Valle ancora persevera,reggendo in gara, non si sa per quanto, con leestrazioni petrolifere; e intanto ti accompagnauna bellezza quasi irridente e tuttavia intrisa dipensosa malinconia. Sinisgalli già per suo contofu consapevole dei mutamenti inevitabili dellastoria e ce ne dette icastica visione nel semplicecambio di un aggettivo: la «dolce provincia» sitrasformò in «dolorosa provincia». Il fascinotravolgente delle contrade natie si esalta in unaspecie di congiunzione tra cielo e terra, sino a dareuna precisa collocazione alla casa delle Pleiadi chevengono evocate nella loro essenza mitologica edastronomica («Non sapevo che proprio lì, a piccosul Sasso della Tufara, tra Oriente e Settentrione,tra la cima boscosa del Pallareto e i cipressi delCamposanto, ma molto più vicino alla portaAlphonse Bernoud, Roccesul fiume Agri tra Sarconi eMontemurroFoto tratta da R. Mallet, Viaggionelle aree del terremoto del 16dicembre 1857Antonio Masini, Sinisgallialla finestradella Luna che a quella del Sole, avessero il loro nido le Pleiadi», Le Pleiadi,in Belliboschi cit., p. 181). A questo stato di purezza naturale, di estensibilegodimento dell’anima si accompagna la tristezza nel constatare i primisintomi della profanazione del paesaggio per l’attività sempre più intensa deicarbonari che dovevano andare incontro alla crescente domanda («La furiadevastatrice dei mercanti cittadini avrebbe tosato in meno di un anno quellairsuta criniera, così netta sul vetusto viola delle sere», Le Pleiadi cit., p. 183).Nella prosa Orologi (in Belliboschi cit., pp. 153-156) Sinisgalli contrappone iltempo lento e lungo della vita di paese alla fretta che travolge l’andare nellacittà; e a partire da questa considerazione antropologica assapora il gusto diun soggiorno a Montemurro, nel quale si lascia andare anche a una visionepiù attenta del paesaggio altre volte trascurato non si sa perché. L’occhio siposa spaziando sulle montagne in lontananza: ne fa una descrizione minuta etesa a evidenziare l’intatta bellezza in una incredibile variazione di colori: «Hocontato le cime del grande arco che la mia finestra mi permette di accogliere.Sono sedici. […] Ce ne sono alcune calve, altre boscose. Il Sirino ha la nevequasi tutto l’anno. Sono belle in tutte le ore del giorno. Grige, rose, violette.Nere di notte sul cielo chiaro».All’Agri, «fiume tumultuoso» (prima della realizzazione dell’invaso delPertusillo), Sinisgalli dedica esplicita o sottintesa attenzione e riconoscealle sue acque la feracità dei luoghi; presso le sue rive «tra i sassi bianchi / eviola» «i vecchi ortolani» rimangono così attaccati per incanto al lavoro chedimenticano addirittura di rientrare al borgo; mentre intorno il paesaggiosi presta a una visione idillica non priva di qualche sintomo di decadenza:«Corre il leprotto / tra i giunchi e i flabelli dei totari / che si spappolanoscintillanti». (Mi gira intorno da Oriente, in La vigna vecchia, Milano,Mondadori, 1956, p. 27).Sinisgalli al tavolo di lavoro a Roma negli anni Settantae, qualche anno più tardi, affacciato alla finestra dellasua casa di Montemurro

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