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Quella di trascurare gli arti inferiori, i piedi in<br />
particolare, è una tendenza piuttosto difusa tra i runners,<br />
generalmente malati d’onnipotenza, che pensano che<br />
dopo tutto sono lì sempre pronti a scattare. Ci si focalizza<br />
sulle estremità inferiori solo quando s’incorre in qualche<br />
infortunio o comunque qualche “ingranaggio” di quegli<br />
splendidi e complicatissimi terminali biomeccanici s’inceppa<br />
o non funziona per il verso giusto. Proviamo invece a fare un<br />
cambio di paradigma, a ribaltare per una volta il nostro punto<br />
di vista di runners troppo presi da tabelle che prediligono corse<br />
lunghe, ripetute o corti veloci, e partiamo ad allenarci… dal basso.<br />
Forse ci renderemmo conto che lo strumento più potente e importante<br />
per incrementare le nostre prestazioni e per migliorare la nostra tecnica di corsa<br />
lo abbiamo sempre avuto con noi: il piede appunto. «Piedi e caviglie buoni sono<br />
il sogno proibito di tanti runners e, soprattutto, di tanti tecnici – conferma il<br />
dottor Sergio Migliorini medico dello Sport e traumatologo, contributor storico<br />
di Runner’s <strong>World</strong> –. È da lì, infatti, che nasce una corretta tecnica di corsa e, di<br />
conseguenza, anche una buona prestazione. Purtroppo, a diferenza di 30 anni fa,<br />
al campo d’atletica di piedi buoni se ne vedono pochi, perché i ragazzi sono sempre<br />
più sedentari e di conseguenza oggi bisogna lavorare più di ieri per insegnare<br />
tutti quegli esercizi di reattività e tecnica che possono far migliorare le qualità<br />
tecniche. Se nel 1991 erano 148 gli italiani in grado di correre sotto i 30’50” sui<br />
10.000, contro i 28 del 2014, ci sarà bene una causa…!».<br />
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RUNNER’S WORLD AGOSTO 2017