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Bordwell - Appunti Unict

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extraconiugali e seduzioni innocenti, e le situazioni più trite sono rese<br />

complesse dalla struttura episodica della trama. Ci distanza dai suoi<br />

personaggi in vari modi, con l'ironia, quella presenza di un narratore<br />

che si rivolge direttamente a noi. In un periodo in cui altri registi<br />

seguivano l'impulso neorealista verso la semplicità, egli ricorre a tutti<br />

gli artifici del cinema da teatro di posa per creare il suo mondo rococò<br />

di ristoranti, salotti, sale da ballo, appartamenti di artisti e strade<br />

lastricate. Jean Renoir fu l'ultimo dei veterani in esilio a tornare a<br />

lavorare in Francia; il suo primo successo popolare del dopoguerra fu<br />

"French Can-Can”, seguito dai meno fortunati "Eliana e gli uomini",<br />

"picnic alla francese", "il testamento del mostro", e "le strane licenze<br />

del caporale Dupont”. Subito dopo la guerra la reputazione di Renoir<br />

era venuta meno, ma negli anni 50 vi fu una crescita costante sue<br />

delle fortune critiche; abbandonò le tecniche che utilizzava negli anni<br />

30, ad esempio la profondità di campo e i complessi movimenti di<br />

macchina, a favore di uno stile semplice, diretto, incentrato sull'attore,<br />

ed iniziò a impostare le scene in modo più piatto e frontale.<br />

Quest'esplicita teatralità si accompagnava a una serena visione della<br />

vita e lo stesso regista afferma di aver imparato una nuova capacità di<br />

accettazione durante le riprese di "il fiume". I temi di arte e natura si<br />

mescolano in questo film, dove tre ragazze vivono la loro adolescenza<br />

in una città fluviale del Bengala; nell'ultima inquadratura la macchina<br />

da presa si solleva oltre le ragazze in apprensione e lo scorrere<br />

incessante del fiume diventa il centro dell'immagine, mentre i ritmi<br />

della natura fanno da sfondo immutabile al proseguire delle passioni<br />

della vita quotidiana. Se Renoir vede nell'arte la chiave per arrivare<br />

alla natura, Jean Cocteau la tratta come la via al mito e al<br />

soprannaturale. Dopo un decennio di lavoro sul palcoscenico inizia<br />

scrivere sceneggiature, durante l'occupazione e dopo la guerra tornò<br />

con decisione alla regia dirigendo "La bella e la bestia", "i parenti<br />

terribili" e "il testamento di Orfeo", opere poetiche che cercano di<br />

creare un mondo meraviglioso distaccato dalla realtà e di comunicare<br />

vita fantasiose attraverso l'evocazione simbolica. "Orfeo" si impone<br />

come l'opera più importante del regista nel dopoguerra: il film<br />

aggiorna liberamente il mito di Orfeo facendolo rivivere nella Parigi<br />

contemporanea; crea un mondo fantastico attraverso mezzi<br />

cinematografici che colpiscono per la loro potenza. Cocteau<br />

concepiva immagini di grande ricchezza che dovranno essere<br />

trasmesse utilizzando forme diverse in accordo con la sua teoria che<br />

un poeta non è solo uno scrittore ma uno che crea la magia attraverso<br />

ogni mezzo dell'immaginazione.<br />

!<br />

Nuovi registi indipendenti: talenti notevoli emersero dalla nuova<br />

generazione: Alain Resnais, Georges Franju e Chris Marker<br />

esordirono con brevi documentari poetici, Alexandre Astruc con "La<br />

tenda scarlatta", medio metraggio privo di dialogo ispirato a Poe,<br />

Agnès Varda con una "La Punta corta”. Nelle opere di Astruc e Varda<br />

troviamo i primi fermenti della Nouvelle Vague. Più inserito nel<br />

mainstream dell'epoca era Jean-Pierre Melville, prima produttore e poi<br />

regista, infine anche sceneggiatore, montatore e a volte interprete dei<br />

suoi film. Il suo primo film, "il silenzio del mare", fu una delle opere più<br />

sperimentali dell'epoca: durante l'occupazione tedesca ad un ufficiale<br />

è assegnata la casa di un vecchio e di sua nipote. Essi lo ignorano<br />

totalmente, rifiutandosi di parlare in sua presenza e frustando i suoi<br />

tentativi di avviare una conversazione in un francese zoppicante; un<br />

terzo silenzio avvolge quasi ogni scena; il tedesco cade a sua volta<br />

nel silenzio e si ritrova incapace di parlare liberamente con i suoi<br />

amici anche al di fuori della casa. Alla fine va via e la nipote,<br />

guardandolo freddamente, finalmente gli dice addio. Melville si<br />

guadagnò fama ben maggiore con laconici film di gangster come "Bob<br />

il giocatore" o "lo spione". In questi film, impenetrabili personaggi<br />

percorrono strade grigie e si incontrano nei piano bar; sono pellicole in<br />

cui pullulano i pezzi di bravura tecnica (macchina a mano, piani<br />

sequenza e riprese con luce naturale) ma in cui il regista compie<br />

esperimenti anche con la narrazione. Amava andare al cinema e molti<br />

dei suoi film erano omaggio al cinema americano, che portavano in<br />

quello francese un po' dell'audace energia della Hollywood di serie B..<br />

Altri due importanti registi dell'epoca che proposero sperimentazioni<br />

nella struttura narrativa e nell'uso del sonoro furono Robert Bresson e<br />

Jacques Tati; il primo girò solo due film, "il diario di un curato di<br />

campagna" e "un condannato a morte è fuggito"; i suoi film mostrano<br />

poco ma suggeriscono molto, gli eventi più importanti avvengono fuori

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