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Bordwell - Appunti Unict

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intensi primi piani dei volti degli attori. In "La passione di Giovanna<br />

d'arco" e in "il vampiro" sperimentò insoliti movimenti di macchina. I<br />

suoi ultimi quattro film sono confinati in interni e traducono l'azione in<br />

prolungati dialoghi che regista riprende con lunghe inquadrature o<br />

tenendo composizioni austere e armoniose. La sua concezione del<br />

modernismo riconosce nel testo letterario la fonte del film e crea un<br />

cinema minimale con un ritmo dalle variazioni sottili, più controllato<br />

rispetto alla teatralità aggressiva di Visconti o di Bergman. Attraverso<br />

questo stile ascetico, Dreyer presenta l'ineffabile mistero della fede e<br />

dell'amore.<br />

La teoria cinematografica francese del dopoguerra<br />

Nella Parigi del dopoguerra rifiorirono gli scritti sul cinema come arte.<br />

Alcuni critici suggerirono che l 'estetica del cinema dovesse più al<br />

romanzo che al teatro. Il parallelo tra cinema e letteratura attirò<br />

l'attenzione sullo stiele e la costruzione narrativa. I teorici iniziarono a<br />

rivalutare la tradizionale analogia gra stile di ripresa e linguaggio,<br />

sviluppando il concetto di scrittura cinematografica. Bazin rivoluzionò<br />

la critica con le sue dettagliate analisi di come il montaggio, i<br />

movimenti di macchina e la profondità di campo offrissero al cineasta<br />

particolari possibilità espressive. Allo stesso tempo cominciò a farsi<br />

strada l'idea che il cinema potesse essere qualcosa di radicalmente<br />

diverso da tutte le arti tradizionali, avendo come finalità principale<br />

quella di registrare e rivelare il mondo concreto in cui ci troviamo.<br />

!<br />

XVIII. IL CINEMA DEL DOPOGUERRA OLTRE L'OCCIDENTE<br />

Il Giappone: Il giappone era uscito in ginocchio dalla seconda<br />

guerramondiale. Le perdite umane sfioravano i 9 milioni, le città<br />

principali erano distrutte dai bombardamenti. Naturalemente il<br />

territorio fu occupato e divenne l'avanposto del capitalismo e della<br />

democrazia in oriente (anche per scacciare il comunismo che aveva<br />

invaso la cina). Sotto l'occupazione crebbe in modo considerevole la<br />

produzione indipendente, mentre le tre società cinematografiche<br />

principali, Shochiku, Toho e Daiei continuarono a gestire distribuzione<br />

ed esercizio. Nel 46 la Toho si divise i 2 gruppi, Toho e Shintoho<br />

(nuova toho), nel 50 scendi in campo la Toei, che divenne nel 56 la<br />

società più redditizia dell'industria. Il dopoguerra vide la rapida ripresa<br />

ed espansione dell'industria. IL decennio di occupazione vide una<br />

prosperità senza precedenti, che consentì alle industrie di investire nel<br />

procedimento Fujicolor e nella tecnologia dello schermo panoramico,<br />

che divenne presto lo standard. Il cinema giapponese inizio ben<br />

presto a farsi notare a livello internazionale, con registi come Akira<br />

Kurosawa e Mizoguchi. Proibiti durante l'occupazione, i film jidai-geki<br />

(storici) tornarono nel 52 dopo la partenza delgi americani, con “I sette<br />

samurai” di Kurosawa. IL grosso della produzione giapponese era<br />

comunque il gendai-geki, l'ambientazione contemporanea (tra cui<br />

anche Godzilla di Ishiro Honda). I registi che si erano imposti negli<br />

anni 20 e 30 mantennero un ruolo centrale: Kinugasa continuò ad<br />

essere noto per i suoi jidai-geki di qualità. I due più importanti maestri<br />

del dopoguerra restano ancora Mizoguchi e Ozu. Mizoguchi continua<br />

a rappresentare il problema della sofferenza sociale femminile,<br />

piazzando i personaggi a notevole distanza dalla macchina da presa.<br />

Nelle scene più intime tende a riprendere leggermente dall'alto,<br />

scegliendo il grandangolo per tenere in profondità i personaggi,<br />

spesso incorniciati da porte o muri. Insiste nelle inquadrature di<br />

lunghezza fuori dal comune, non ricorrendo quasi mai ai movimenti di<br />

macchina, creando così un enorme impatto drammatico. Dopo il 50 la<br />

regia di Mizoguchi diventa più convenzionale, ricorre spesso al primo<br />

piano e all'alternarsi di campo e controcampo. Diventa più esplicito il<br />

rimando alle tradizioni estetiche giapponesi: graie alla collaborazione<br />

con lo sceneggiatore Yoda, il regista adatta celebri opere letterarie<br />

classiche e moderne ed inizia a presentare panorami e vedute in modi<br />

che riecheggiano la puttura giapponese. La pittorescha eleganza di<br />

questi film li impose alle platee internazionali come il prodotto<br />

giaponese per antonomasia. Anche Ozu seguì un percorso analogo.<br />

Grazie alla collaborazione con il produttore Noda, produsse opere<br />

importanti, tra cui “Viaggio a Tokio”. Lo stile del regista è pervaso<br />

dalla calma. I suoi film aderiscono alle regole che si era imposto negli<br />

anni 30: macchina da presa collocata in basso, spazio di ripresa a<br />

360°, montaggio grafico, sequenze di transizione che obbediscono a<br />

logiche di somiglianze e differenze piuttosto che alla rigorosa

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