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A LFIO RAGAZZO DEL SUD 223<br />

Oggi sono in casa invaso da una immensa tristezza e sento il<br />

bisogno di avere qualcuno accanto. Spesso mi chiedo che cosa è<br />

stata la mia vita sino ad oggi, se non un grande continuo tormento,<br />

una vita insoddisfatta, una successione di patimenti. In alcuni<br />

momenti mi sembra di trascorrere una vita senza speranza, circondato<br />

da un buio totale.<br />

Mi sono convinto che non è possibile vivere senza una persona<br />

cara accanto. In questo momento vorrei abbracciarti e donarti tutta<br />

la mia vita. Vorrei che il mio respiro si mescolasse al tuo. Con te<br />

vicino sicuramente non vivrò più in disordine e riacquisterò la quiete<br />

perduta. Un giorno, seduti sotto il pergolato della signora Elvira,<br />

mi hai detto che bisogna sapere amare per superare senza problemi<br />

i momenti negativi che la vita ci presenta giornalmente. Io sono<br />

rimasto in silenzio, perché ancora non avevo idee chiare sul futuro.<br />

Poi ho capito che avevi ragione e che la vita in due si affronta con<br />

maggiore coraggio e determinazione. Se accetti la mia proposta,<br />

verrò a trovarti e stabiliremo insieme il nostro futuro. Ti saluto e ti<br />

mando un affettuoso abbraccio”.<br />

Appena finito di scrivere la lettera, con cui si dichiarava alla<br />

ragazza, si ricordò che doveva portare il cavallo dal maniscalco per<br />

sostituire i ferri già consumati dall’uso.<br />

Era un animale intelligente, giovane, di corporatura regolare. Il<br />

suo modo di camminare faceva capire che si trattava di un cavallo<br />

focoso. Percorreva le strade del feudo con un’andatura piuttosto<br />

sostenuta. Spesso voleva essere frenato per la sua irruenza.<br />

Mentre rientrava dal maniscalco, incontrò in via Macedonia un<br />

vecchio amico di famiglia. Aveva la carnagione annerita dai raggi<br />

del sole che faceva intendere la dura vita dei campi. Il poveretto gli<br />

confidò che non poteva andare più a lavorare, quindi viveva in<br />

povertà. Alfio, che conosceva la situazione della famiglia, si rammaricò<br />

e pensò al detto “Un patri campa centu figghi e centu figghi<br />

non campunu un patri”.<br />

Era la pura sacrosanta verità. Ciccio Spaventa, così si chiamava<br />

il vecchietto, aveva fatto tutti i mestieri del mondo per la sopravvivenza<br />

della famiglia, ed ora che gli erano venute a mancare le forze,

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