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CAPITOLO VII<br />
Le ferite lasciate nel mio animo da quella dolorosa esperienza<br />
non fui in grado di capirle mentre le vivevo e quindi mi accontentai<br />
del passare del tempo come unica cura. Mi ritrovai dimagrita e<br />
poco cosciente che il mio destino dipendeva soprattutto da me.<br />
Volevo dimenticare in fretta.<br />
Un mattino, appena sveglia, spalancai la finestra e notai uno<br />
scenario sorprendente: le colline verdeggianti della mia terra, le<br />
case coloniche sparse per la campagna, filari di viti in pieno rigoglio.<br />
Persone in bicicletta, persone a piedi lungo via Garibaldi<br />
scambiavano battute scherzose. Qualcuno rideva a più non posso.<br />
Conobbi un giovane che ogni sera veniva a casa mia e mi raccontava<br />
come aveva passato la giornata. La sua presenza mi causava<br />
un formicolio su tutto il corpo, un battito cardiaco accelerato, un<br />
gran desiderio di fare l’amore.<br />
Solo camminare calmava questo desiderio continuo.<br />
Lui stravedeva per me pur sapendo che appartenevo al mondo<br />
dei poveri in canna, mentre lui era di famiglia benestante, figlio di<br />
due professionisti. Potevo entrare in un ambiente sconosciuto ma<br />
desiderato. Non avevo idee politiche, mentre il mio spasimante<br />
svolgeva politica attiva.<br />
Avevo servito in case nobili ed ero curiosa di conoscere il mondo<br />
delle famiglie benestanti. Iniziai una vera e propria esplorazione. Ci<br />
misi un mese per capire come trascorrevano la vita. Spesso andavo<br />
a casa sua e un giorno lo trovai solo.<br />
Lui prima mi parlò dei suoi impegni, poi mi invitò a cucinare un<br />
piatto di spaghetti alla carbonara. Dopo mezz’ora eravamo a tavola