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non aveva omologhi all'estero. Fu un tentativo di liberarsi dalle ipoteche luogocomuniste,<br />

ma non fece che <strong>in</strong>trodurre altro luogocomunismo.<br />

68<br />

4) Vent'anni dal "lunedì di sangue"<br />

Il 19 ottobre del 1987, un lunedì, la Borsa di New York crolla e perde il 23% del<br />

suo "valore" <strong>in</strong> una matt<strong>in</strong>a, dopo aver già perso il 10% la settimana precedente. In<br />

tutto un ammontare pari all'<strong>in</strong>tero PIL italiano, cioè il valore annuale prodotto <strong>in</strong><br />

un paese con 60 milioni di abitanti. Come riflesso, nel giro di 24 ore tutte le maggiori<br />

Borse del mondo subiscono un effetto a catena: Tokyo perde il 15%, Hong<br />

Kong l'11, Londra il 12, Bruxelles il 15, Zurigo l'11, Francoforte il 7,6, Parigi il 9,7. E<br />

le perdite si protraggono ancora nella settimana successiva, f<strong>in</strong>o a raggiungere <strong>in</strong><br />

tutto il mondo una cifra corrispondente a c<strong>in</strong>que volte il PIL italiano di allora.<br />

Ovviamente tutti, dagli economisti ai giornalisti, fanno il paragone con il 1929, il<br />

Grande Crollo che aprì la strada alla Grande Depressione. Il riferimento al crack<br />

del passato è più che comprensibile. Mentre si svolgono gli avvenimenti, e il futuro<br />

è solo <strong>in</strong>certezza, balza agli occhi un dato: nel 1929 il tragico crollo di Wall Street fu<br />

di 12,5 punti percentuali soltanto, la metà di quello verificatosi nel tremendo lunedì<br />

del 1987. L'economista Galbraith, <strong>in</strong>tervistato, dichiara che la crisi è sì più grave di<br />

quella del '29 ma che <strong>in</strong> fondo i governi hanno imparato a controllarla. Tutti sono<br />

concordi nel dire che, operati alcuni aggiustamenti nelle regole, il pericolo sarà<br />

scongiurato. Anzi, si tratta di scossoni salutari.<br />

Ora, la cancellazione <strong>in</strong> una settimana di un ammontare pari a c<strong>in</strong>que PIL di<br />

uno dei maggiori paesi europei non è precisamente una bazzecola. Eppure è vero:<br />

per il capitalismo si tratta di scossoni salutari. Naturalmente bisogna stabilire chi ci<br />

guadagna e chi ci rimette. Galbraith con la sua consueta chiarezza ci offre una chiave<br />

di lettura efficace: le crisi di borsa sono quei momenti <strong>in</strong> cui il capitale si separa<br />

dagli stupidi. E difatti qualcuno ha perso un mucchio di quattr<strong>in</strong>i, mentre altri<br />

hanno solo <strong>in</strong>cassato i guadagni ottenuti con i rialzi precedenti, e altri ancora hanno<br />

guadagnato e perso con operazioni su derivati e futures, strumenti complessi<br />

negati ai comuni mortali che pensano solo di far "fruttare" i risparmi.<br />

Da quando esistono le borse nessuno è ancora riuscito a scoprire una qualche<br />

regolarità che permetta di prevedere il comportamento dei titoli. E perciò ha sempre<br />

funzionato non tanto il gioco tra furbi e stupidi, ma quello tra grandi e piccoli<br />

capitali, nel senso che i grandi capitali, nell'epoca <strong>della</strong> sempre più difficile valorizzazione<br />

nel ciclo produttivo, escogitano qualunque espediente pur di riuscire a ramazzarne<br />

di piccoli, raschiando a volte il barile, f<strong>in</strong>o ai risparmi delle vecchiette,<br />

com'è successo con le maggiori banche <strong>in</strong>ternazionali che piazzavano obbligazioni<br />

Parmalat <strong>in</strong> un giro puramente f<strong>in</strong>anziario. O com'è successo con i titoli sui mutui<br />

dei poveracci, ben nascosti <strong>in</strong> strumenti f<strong>in</strong>anziari distribuiti capillarmente ad altri<br />

poveracci che magari s'erano con essi assicurati contro le malattie o la vecchiaia.<br />

Questo è un sistema che non si comporta più come quello del '29. Subisce meno<br />

scosse, anche se oscilla paurosamente di più. Non perché gli economisti abbiano<br />

imparato a governarlo, ma perché l'economia virtuale <strong>della</strong> securitization (azionarizzazione,<br />

f<strong>in</strong>anziarizzazione), che un tempo era ancora <strong>in</strong> competizione con quella<br />

<strong>della</strong> produzione, oggi è diventata la norma. Nell'87 non c'è stata alcuna depressione,<br />

né Grande né Piccola, perché tutto si è svolto fra capitali virtuali co<strong>in</strong>volgendo il<br />

capitale <strong>in</strong>dustriale solo di striscio. Al tempo di Hobson, di Hilferd<strong>in</strong>g e di Len<strong>in</strong> il<br />

capitale f<strong>in</strong>anziario era capitale creditizio comunque legato all'<strong>in</strong>dustria. Oggi, nell'epoca<br />

del capitalismo senile, il term<strong>in</strong>e <strong>in</strong>dica solo mercati-bisca.

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