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Ma io mi chiedo, pur senza saper dare una risposta precisa rispetto ai due filoni:<br />

come può far parte del proletariato chi non rientra <strong>in</strong> un rapporto di sfruttamento?<br />

Com'è possibile assimilare gli arrabbiati delle banlieues con i giovani<br />

proletari immigrati di Tor<strong>in</strong>o che scioperarono e impegnarono la polizia nel '62 <strong>in</strong><br />

durissimi scontri di piazza durati più giorni? Si tratta con tutta evidenza di strati<br />

sociali <strong>completa</strong>mente differenti e il parallelo che voi ne avete ricavato mi sembra<br />

piuttosto arbitrario.<br />

L'analizzare i fatti francesi dal punto di vista sociologico o marxologico non<br />

porta da nessuna parte. E comunque non è esatto ciò che anche tu ci attribuisci. Ci<br />

troviamo <strong>in</strong>fatti di fronte a una situazione generalizzata cui hanno partecipato sia<br />

proletari puri, sia semiproletari, sia lumpen, quelli che Sarkozy ha chiamato feccia,<br />

rapportando l'<strong>in</strong>tero movimento al livello che gli conveniva. Detto questo, per noi è<br />

ovvio che la rivolta non è stata di segno proletario, ma aggiungiamo subito che è<br />

esplosa a un livello politico più alto rispetto alle lotte "proletarie" che siamo abituati<br />

a vedere e che vedremo ancora per molto tempo.<br />

Abbiamo fortunatamente dei fatti eclatanti che ce lo dimostrano, come ad<br />

esempio le grandi manifestazioni, sempre <strong>in</strong> Francia, contro il CPE, contratto di<br />

primo impiego. Le prime di esse raccolsero circa due milioni di persone, giovani<br />

studenti, lavoratori precari operai di fabbrica. Si trattava di un esteso movimento<br />

rivendicativo di tipo riformista classico, che <strong>in</strong>fatti si risolse al tavolo delle trattative,<br />

accettato da tutte le componenti politiche e s<strong>in</strong>dacali del movimento, che erano<br />

almeno una dozz<strong>in</strong>a. Noi non siamo assolutamente d'accordo con coloro che diedero<br />

molta importanza a queste manifestazioni oceaniche, motivando il loro entusiasmo<br />

con il fatto che i pr<strong>in</strong>cipali protagonisti erano i giovani, futuri proletari disoccupati.<br />

La rivendicazione era s<strong>in</strong>dacale, ma di un tipo un po' speciale: gli studenti o<br />

ex studenti disoccupati e precari, rivendicavano di avere un "posto" adeguato agli<br />

studi che avevano compiuto (una protesta identica, quasi neppure annotata sui<br />

giornali, vide <strong>in</strong> corteo a Roma almeno centomila persone). Tutti gli altri richiedevano<br />

allo Stato una diversa politica del lavoro. Le oceaniche manifestazioni contro<br />

il CPE erano politiche e riformiste, come la manifestazione, celebre, contro il terrorismo<br />

e per l'articolo 18 <strong>in</strong> Italia, che a detta degli organizzatori aveva mobilitato tre<br />

milioni di persone.<br />

Grandi numeri, decisamente molto più grandi di quelli che riguardano le banlieues,<br />

le quali hanno visto attive un paio di dec<strong>in</strong>e di migliaia di persone, ma come<br />

un tutt'uno con una popolazione <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>secamente eversiva. Qui siamo al solito<br />

punto già passato alla critica di Marx: una rivolta politica può avere aspirazioni<br />

universali f<strong>in</strong> che si vuole, ma resterà mesch<strong>in</strong>a se non è espressione di un movimento<br />

reale di cambiamento; mentre una rivolta per sp<strong>in</strong>te reali apparirà mesch<strong>in</strong>a<br />

f<strong>in</strong> che si vuole, ma avrà <strong>in</strong>vece un contenuto sovversivo universale. Questa ci sembra<br />

la chiave di lettura pr<strong>in</strong>cipale <strong>della</strong> rivolta francese. I banlieusards non avevano<br />

rivendicazioni da avanzare, non volevano niente, erano solo <strong>in</strong>cazzati, soprattutto<br />

aborrivano l'<strong>in</strong>tegrazione con il nemico, che <strong>in</strong>vece è l'obiettivo di ogni riformismo.<br />

Solo <strong>in</strong> un secondo tempo si può passare a un'analisi più dettagliata. Ma anche<br />

<strong>in</strong> questo caso vediamo che la "feccia" straniera che Sarkozy s'era <strong>in</strong>ventato non era<br />

altro che la seconda o terza generazione, francesissima, di quegli immigrati che<br />

hanno fatto con le loro mani il capitalismo francese, lavorando nei cantieri e nelle<br />

fabbriche, proliferate non sotto la Tour Eiffel o davanti a Notre Dame, bensì, appunto,<br />

nelle banlieues.<br />

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