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luglio agosto - Club Alpino Italiano

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» focus<br />

non solo cinema<br />

trento filmfestival - cronaca della 58esima edizione<br />

testo di giovanni padovani - foto TRENTO FILMFESTIVAL<br />

La giuria della 58sima edizione del FilmFestival poco o<br />

nulla ha concesso alle emozioni non filologicamente professionali.<br />

Forse è stata anche troppo rigorosa a giudizio<br />

di chi dava per scontato che la rassegna avrebbe riservato un<br />

riconoscimento a Nanga Parbat, di Joseph Vilsmaier, pellicola<br />

attesa a Trento già lo scorso anno e che per la sua ben nota<br />

tematica e la stessa consulenza di Reinhold Messner, ha registrato<br />

larga risposta di pubblico: l’apertura in prima serata<br />

all’auditorium Santa Chiara, con la presenza dello stesso regista,<br />

e tre riprese a sale esaurite nel corso della settimana.<br />

Ma se così fosse stato la Giuria (Maurizio Zaccaro, Alan Formanek,<br />

Michele Radici e René Verandet) non sarebbe stata quella<br />

squadra di rigorosi esperti che ha voluto essere. E l’ha fatto<br />

lavorando su linee d’analisi severe e di scelte conseguenti. Non<br />

si ricorda una conferenza stampa, come quella seguita alla<br />

proclamazione dei vincitori, così concorde nell’apprezzamento<br />

sostanziale. Forse stupiti gli stessi giurati, tanto da aprirli<br />

ad un rapporto divenuto addirittura confidenziale nei contatti<br />

personali.<br />

4 | 2010 30<br />

Certo altre preferenze e avvisi diversi potevano esserci, ma<br />

quando il Gran Premio lo si vede assegnato a "Himalaya, le<br />

chemin du ciel" della giovane etnologa Marianne Chaud, si<br />

percepisce che la giuria risultava di qualità e aveva lavorato<br />

affiatata. Sempre a voto unanime, come ha tenuto a precisare.<br />

A conferma del valore della regista francese c’è la Genziana<br />

d’oro del CAI ricevuta lo scorso anno con il documentario: “Himalaya,<br />

terre des femmes".<br />

Un vero talento della comunicazione filmica la Chaud. Affascina<br />

la spontaneità con cui manovra la cinepresa. In quanto<br />

etnologa ha maturato la capacità di immedesimarsi nella realtà<br />

indagata, d’esserne lei stessa parte, per averla condivisa. Ambedue<br />

i documentari sono il risultato di un prolungato soggiorno<br />

nello Zanskar, una remota valle dell’India a 4000 metri. La conoscenza<br />

della lingua assimilata con una prolungata permanenza<br />

sul posto le ha facilitato il contatto e la confidenza con<br />

la gente.<br />

Al centro di “Le chemin du ciel" sta Karup, ragazzo di appena<br />

otto anni, che da tre vive con la spensieratezza dell’età in<br />

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