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luglio agosto - Club Alpino Italiano

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LA RIVISTA 4 | 2010 33<br />

per qualità narrativa: “The one man village" del libanese Simon<br />

El Habre. Del Libano non si parla praticamente più; le vicende<br />

dolorose di questa terra “in pagina” per un quindicennio, tra il<br />

1975 e il 1990, non fanno più notizia. È tutto tornato alla normalità?<br />

Sarebbe sperabile, ma la pellicola mostra invece ferite<br />

ancora aperte. La storia è raccontata accompagnando Seman,<br />

unico abitante di un villaggio distrutto e svuotato dalla guerra<br />

civile. Egli vi vive da contadino e con questa sua presenza incoraggia<br />

altri a ritornarvi, seppur da pendolari della provvisorietà<br />

per non tagliare i fili della propria storia.<br />

Ne citiamo poi una seconda, di diverso segno. È “The Urals" del<br />

tedesco Oliver Goetzl. Una pellicola naturalistica che conferma<br />

come il tema sia sempre affascinante, quando la curiosità di chi<br />

manovra la cinepresa sia ben nutrita d’occhio poetico.<br />

Una omissione è però da registrare nell’operato pur serio della<br />

giuria. Essa è rappresentata dal silenzio nei confronti di “Petropolis"<br />

di Peter Mettler, documentario - oltretutto - di estrema<br />

attualità, essendosi svolto il festival nei giorni in cui era esplosa<br />

l’epocale tragedia ambientale della marea petrolifera che dal<br />

Golfo del Messico s’è indirizzata verso la Luisiana. Allucinante<br />

il documentario di Mettler che fa conoscere una desolata area,<br />

nello Stato dell’Alberta in Canada, ampia quanto la Lombardia,<br />

devastata da una miniera a cielo aperto, dove viene scavata<br />

sabbia bituminosa.<br />

Per farsi un’idea di questa realtà si pensi ad una tela materica<br />

di Burri, a toni di rosso, di grigio e di nero, ampia fin dove può<br />

spaziare la nostra vista; per contrasto attorno a questa regione<br />

sta il Canada del comune immaginario con gli spazi innevati, le<br />

praterie, i boschi…<br />

La pellicola non è soltanto di attualità, bensì anche di qualità.<br />

Ad essa ha posto attenzione il Premio Bruno Cogol assegnato<br />

dalla stampa accreditata, attenuando una indifferenza che il documentario<br />

non meritava.<br />

Si diceva all’inizio di “Nanga Parbat". Il film non è uscito dalla<br />

rassegna totalmente privo di riconoscimenti. Il direttivo del<br />

sindacato dei giornalisti cinematografici gli ha attribuito il Premio<br />

Luciano Emmer, istituito proprio con questa edizione. Un<br />

verdetto che ha compensato ciò che i giurati ufficiali hanno<br />

ignorato: («Di Nanga Parbat non ci siamo occupati più di un<br />

5<br />

minuto»). Poi s’è affiancato il premio del pubblico, facile da<br />

aspettarselo, anche per i ripetuti passaggi del film nelle sale del<br />

festival.<br />

È auspicabile che il “Nanga Parbat" entri nei circuiti ordinari,<br />

perché inviterà ad attenuare i toni delle polemiche alpinistiche.<br />

Messner ha dato il suo contributo alla sceneggiatura esprimendo<br />

in tal modo la sua porzione di verità. L’ha rimarcata pure nel<br />

suo recentissimo volume “Razzo rosso" sul Nanga Parbat e c’è<br />

da prestargli fede. La stessa fede è auspicabile sia pure riservata<br />

ad altre più o meno analoghe vicende. Non fu così lo scorso<br />

anno quando egli presentò “Grido di pietra", il suo volume sul<br />

Cerro Torre.<br />

Festival non soltanto come cinema. E lo sarà, è da prevedere,<br />

sempre più con l’aggiornamento tematico che si è dato all’insegna<br />

di “montagna, società, cinema e letteratura”. Società, da<br />

intendere come capacità di guardare alla “città degli uomini”, ci<br />

pare proprio sia stata la tematica di “Petropolis". Il fine estetismo<br />

è sigla di cultura, ma non deve chiudersi in se stesso.<br />

Poi libri, incontri con gli autori, serate tematiche molto partecipate,<br />

mostre. Una kermesse di ampio ventaglio. Merita d’essere<br />

menzionata la mostra ospitata nella Casa della SAT: “Ettore e<br />

Bruno Castiglioni, due fratelli e la montagna", curata dalla Fondazione<br />

Angelini. La preziosità di questa iniziativa sta nell’indagare<br />

sulle radici familiari della passione alpinistica di Nino<br />

Castiglioni e parimenti nel far conoscere la personalità del fratello<br />

maggiore, Ettore, figura eminente, sacrificatosi per un atto<br />

di civile responsabilità a conflitto praticamente finito. Trattasi<br />

di un’operazione culturale che ha onorato il Festival e che si<br />

può far propria, pure a mostra chiusa, attraverso il catalogo.<br />

L’apprezzerà chi coltiva la storia del nostro alpinismo. Lo si può<br />

richiedere a: segreteria@angelini-fondazione.it «<br />

5» Gran Premio Città di Trento a Himalaya, le chemin du ciel di<br />

Marianne Chaud, il sindaco di Trento Alessandro Andreatta consegna il<br />

premio alla montagista del film Francoise Berger Garnavault//<br />

6» Un'immagine tratta da Himalaya, le Chemin du Ciel<br />

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