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luglio agosto - Club Alpino Italiano

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LA RIVISTA 4 | 2010 65<br />

del Pic Adolphe. Da allora mi è rimasto questo hobby che ho<br />

coltivato come ho potuto”.<br />

Veniamo ora alla sua opera pittorica. Essenzialmente autodidatta,<br />

può essere considerato un vedutista dell’alta montagna,<br />

per certi aspetti legato alla tradizione paesistica piemontese.<br />

Rispetto ai suoi contemporanei, o di poco predecessori, cresciuti<br />

artisticamente nell’ambito della Accademia Albertina di<br />

Torino, Carlo Musso, Alessandro Lupo, il valdostano Italo Mus,<br />

sviluppa nei suoi quadri la ricerca di una forma espressiva autonoma,<br />

intesa a trasformare in un’espressione artistica figurativa<br />

l’esperienza sensoriale e interiore dell’alpinismo. Viene<br />

così proiettando nelle forme e nei colori decisi, spesso primari,<br />

il vigore del confronto con la natura, le sensazioni forti del<br />

clima minerale dell’alta montagna, lo stupore generato dall’intensa<br />

luminosità del cielo e il riflesso sui canaloni e ghiacciai.<br />

Volendo creare un riferimento letterario e filosofico della sua<br />

pittura si potrebbe pensare a qualcosa di sospeso tra il lirismo<br />

di Guido Rey e il futurismo di Ettore Zapparoli.<br />

Entrando nello specifico delle sue opere, si può notare che i<br />

disegni a penna, dai tratti vigorosi e netti, sono spesso funzionali<br />

all’individuazione dell’itinerario alpinistico o della struttura<br />

rocciosa che può suggerire un’eventuale via di salita. Gli<br />

stilemi con i quali sono individuate le categorie della roccia,<br />

del ghiaccio, del cielo sono ricorrenti e determinano così una<br />

visione coerente, seppur sintetizzata, e immediatamente riconoscibile<br />

del tipo di terreno e di ambiente raffigurato. I quadri<br />

a olio aggiungono una notevole valenza di suggestione dovuta<br />

all’impiego del colore come ulteriore elemento di definizione<br />

delle campiture intese nella loro diversa plasticità, che sembra<br />

3<br />

trasmettere una sensazione palpabile della consistenza delle<br />

rocce e del ghiaccio e una percezione termica dell’atmosfera<br />

impregnata dalle luci intense, di solito radenti del mattino o<br />

del tardo pomeriggio. Tutto viene sottolineato dalla pennellata<br />

materica, densa e decisa, dai profili netti nella contrapposizione<br />

delle masse di chiaro e scuro. Emblematica e bellissima è,<br />

ad esempio, la sequenza delle sette tavole, raffiguranti vedute<br />

della parte sud orientale della catena del Monte Bianco, che<br />

illustrano il Vol. II Monte Bianco della sua Guida dei Monti<br />

d’Italia. Lo spazio pittorico è quasi interamente occupato dai<br />

poderosi ammassi granitici che si impiantano con forza nei<br />

basamenti glaciali incutendo il senso di grandiosità che si prova<br />

al cospetto di quelle cime che sovrastano di tremila metri il<br />

fondo valle e quindi il punto di osservazione. Ma mentre qualunque<br />

ripresa fotografica in quella prospettiva porterebbe ad<br />

appiattire la sky line, la monumentalità della struttura pittorica<br />

conferisce ulteriore slancio ai rilievi.<br />

Certo, la notorietà di Chabod sarebbe assai maggiore se invece<br />

di montagne d’alta quota avesse raffigurato marine o paesaggi<br />

urbani. Ma si sa, come la letteratura, anche la pittura di montagna<br />

è un genere di nicchia, conosciuta da pochi appassionati.<br />

La mostra verrà replicata in <strong>luglio</strong> nella stessa sede, dando così<br />

modo a un pubblico più vasto di accedere alle sue opere. «<br />

1» Il Dente del Gigante, da sud //<br />

2» Punta Des Hirondelles, da est //<br />

3» Grandes Yorasses, da nord//<br />

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