luglio agosto - Club Alpino Italiano
luglio agosto - Club Alpino Italiano
luglio agosto - Club Alpino Italiano
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
» PuNTI DI VISTA<br />
Testo di ROBERTO MANTOVANI<br />
IN MESSNER<br />
MANCA LA SToRIA<br />
dallo spunto di zanzi la riflessione di mantovani<br />
ho letto anch’io, qualche mese fa, il libro di Reinhold<br />
Messner sul Cerro Torre. In via informale, m’è poi capitato<br />
di raccogliere molti commenti da parte dei lettori.<br />
Sono passati più di cinquant’anni dalla vicenda di Maestri ed<br />
Egger, ma per certi versi è come se quella scalata fosse avvenuta<br />
ieri. Difficile, negli ultimi decenni, imbattersi in un fenomeno<br />
del genere. Forse perché il Cerro Torre ha colonizzato l’immaginario<br />
montano in tempi recenti, complice la nascita di una<br />
mitologia patagonica alimentata dagli scrittori sudamericani.<br />
Chissà: capita, a volte, che strane distorsioni prospettiche avvicinino<br />
o allontanino gli eventi a dispetto della reale scansione<br />
del tempo.<br />
Ma dicevo dell’accoglienza dei lettori. Ho l’impressione che il<br />
libro di Messner abbia scatenato le tifoserie, divise tra chi giura<br />
che il Torre sia stato scalato nel 1959, e chi invece data la prima<br />
salita della montagna al 13 gennaio 1974, giorno di vetta del<br />
gruppo lecchese capeggiato da Casimiro Ferrari.<br />
Zanzi ha ragione. Anziché schierarsi o ergersi a giudice, nel volume<br />
in questione Messner ha davvero cercato di fare storia.<br />
Sappiamo che non è mai stato sulla vetta del Torre, ma per uno<br />
storico dell’alpinismo ripetere metro per metro una via non è<br />
essenziale. Tanto più che Reinhold, in fatto di montagna, sa il<br />
fatto suo. E poi, in ogni caso, ha potuto fare conto sull’esperienza<br />
di Ermanno Salvaterra, che il Torre lo conosce davvero come<br />
le sue tasche.<br />
Ho anche apprezzato il fatto che l’autore del libro abbia parlato<br />
di Maestri con grande correttezza e si sia interrogato sulla scalata,<br />
più che sui protagonisti.<br />
C’è però un punto, su cui credo vada ancora fatta chiarezza,<br />
e su cui manca una risposta “storica”. Messner esclude che il<br />
Torre sia stato scalato nel 1959. Fa molta attenzione – e di questo<br />
gliene va dato atto – a non far ricadere su Maestri giudizi<br />
inopportuni. A un certo punto, anzi, ne ribadisce la buona fede.<br />
Eppure credo che occorra ancora riflettere, prima di considerare<br />
chiusa la vicenda. Se Messner è convinto che Egger e Maestri<br />
non abbiano salito il Torre, come giustifica la “falsità” dal punto<br />
di vista storico? Le grandi bugie – ammesso che quella del<br />
Torre possa essere considerata tale – si appoggiano sempre su<br />
motivi importanti; altrimenti si dissolvono come neve al sole. Se<br />
la narrazione storica si impiglia in una inesattezza, l’indagine<br />
scientifica deve identificare l’inciampo e, soprattutto, spiegarlo,<br />
svelarne il fondamento.<br />
Provo a fare un esempio che molti conoscono. Lo storico<br />
4 | 2010 63<br />
francese Philippe Joutard, autore del famoso saggio L’invention<br />
du Mont Blanc, apparso nel 1986, duecento anni dopo la prima<br />
ascensione del Monte Biancco è riuscito a spiegarci a chiare<br />
lettere perché la tradizione abbia attribuito a Balmat il merito<br />
dell’ascensione, mettendo in ombra la figura di Paccard. Ha reso<br />
trasparente una bugia, scovandone la spiegazione nei meccanismi<br />
della memoria collettiva e trovandone una precisa giustificazione<br />
storica.<br />
Nel caso della presunta bugia sulla scalata del 1959, invece,<br />
dove starebbe la spiegazione? Il Torre, a quell’epoca, giustificava<br />
davvero una frottola del genere? Per gli alpinisti del tempo,<br />
quell’obelisco di granito non era nient’altro che un nome.<br />
È vero che sette anni prima i francesi avevano sollevato il velo<br />
di mistero che avvolgeva i picchi patagonici. Ma a quel tempo<br />
la fama alpinistica si giocava su cime riconoscibili. Su pareti<br />
famose. Il K2 era stato un’eccezione e, oltre tutto, aveva potuto<br />
godere di un battage pubblicitario e mediatico senza precedenti.<br />
Altrimenti sarebbe passato inosservato.<br />
Insomma, per quanto mi sforzi, dal punto di vista storico non<br />
riesco a trovare un motivo plausibile che regga la “balla”. E non<br />
mi accontento di una spiegazione che si basi solo sulle eventuali<br />
fantasticherie di un alpinista. Le bugie, come abbiamo detto,<br />
trovano la loro ragion d’essere nel contesto che le avvolge. Le<br />
reticenze, le mezze verità e le menzogne riguardanti gli 8000<br />
per anni sono state blindate dall’enfasi dei nazionalismi. Ma nel<br />
caso del Torre, quel contorno non esisteva.<br />
Aggiungo che un conto è ragionare da alpinista, e un altro conto<br />
farlo da storico. Se vesto i panni dello storico, la spiegazione che<br />
formulo come alpinista non può bastarmi. Devo spingermi più<br />
in là, verificare i miei riferimenti, re-interrogare le fonti in maniera<br />
critica, intrecciare differenti riferimenti disciplinari, utilizzando<br />
sino in fondo gli strumenti che la metodologia storica mi<br />
offre. E io, sul Torre, certezze non ne ho; mi limito al dubbio, che<br />
è una componente importante della valutazione storica..<br />
Infine, un’ultima notazione. Ho molto apprezzato il distacco con<br />
cui Messner ha analizzato una materia così complessa. Se mi è<br />
consentito un appunto, mi sarebbe piaciuto che questo atteggiamento<br />
fosse stato esteso a tutti i testimoni e a tutte le fonti.<br />
Mi riferisco al caso di Cesarino Fava, uomo a cui va senz’altro<br />
riconosciuta una forte vis polemica e una notevole passionalità.<br />
Credo che i sassolini dalle scarpe sia lecito toglierseli nel corso<br />
di una polemica. I conti con la storia, invece, ritengo debbano<br />
essere fatti in maniera diversa. «