luglio agosto - Club Alpino Italiano
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» CAAI<br />
di carlo barbolini<br />
emergenza e comportamento<br />
tornare a casa sani e salvi<br />
cosa vuol dire trovarsi in<br />
difficoltà e cosa significa<br />
essere in situazione<br />
d'emergenza in montagna? la<br />
questione non è molto antica.<br />
fino alla fine degli anni '70 si<br />
andava in montagna possibilmente<br />
preparati a cavarsela da<br />
soli, per cui trovarsi in difficoltà<br />
rientrava non dico nella normalità,<br />
ma per lo meno era messo in<br />
conto. difficilmente c'era la possibilità<br />
di poter comunicare la<br />
necessità di aiuto, non a caso i<br />
segnali di richiesta di soccorso<br />
che tutti i frequentatori della<br />
montagna, alpinisti e non dovevano<br />
e.... dovrebbero, ripeto dovrebbero,<br />
conoscere, erano praticamente<br />
l'unico modo per<br />
cercare di comunicare. la situazione<br />
si è evoluta, prima con<br />
l'uso delle ricetrasmittenti più o<br />
meno legali ma comunque tollerate,<br />
poi in modo esponenziale<br />
con l'avvento del telefono cellulare.<br />
Sempre più spesso gli operatori<br />
del soccorso alpino si trovano<br />
di fronte a situazioni di<br />
difficoltà più che di vera emergenza.<br />
Sia chiaro: se mi sono<br />
rotto una gamba si tratta di<br />
emergenza sanitaria reale e non<br />
rimane altro da fare che attivare<br />
il soccorso organizzato, se possibile.<br />
Purtroppo l' esperienza mi<br />
ha insegnato, mio malgrado, che<br />
bisognerebbe sapere o quantomeno<br />
avere un'idea di come cavarsela<br />
da soli anche in questi<br />
casi. non è infrequente che in<br />
zone remote, ma anche non tanto<br />
sperdute, non sia possibile un<br />
soccorso organizzato o che sia<br />
veramente problematico e difficile<br />
attivarlo ed allora la musica<br />
cambia. dobbiamo obbligatoriamente<br />
cavarcela da soli tirando<br />
» Sulle Alpi Apuane<br />
4 | 2010 82<br />
fuori il meglio di noi per tentare<br />
di limitare i danni e “ritornare a<br />
casa” se non completamente<br />
sani ma almeno salvi. ormai sulle<br />
nostre montagne più frequentate<br />
entra in gioco un perverso<br />
modo di confondere la difficoltà<br />
con l'emergenza. A metà degli<br />
anni novanta, dopo aver salito la<br />
via charlet-Platonov al versante<br />
nant blanc dell' Aig. verte al M.<br />
bianco, durante la discesa nel<br />
colloir Whymper troviamo due<br />
alpinisti francesi (guida con<br />
cliente) che quasi senza salutare<br />
ci chiedono se abbiamo la radio<br />
per chiamare il soccorso. chiediamo<br />
cosa succede e la guida ci<br />
risponde che il suo cliente ha<br />
una crisi ipoglicemica, tradotto:<br />
è un po' stanco. conclusione:<br />
dopo qualche minuto è arrivato<br />
l'elicottero ed in pochi minuti<br />
sono stati portati a chamonix,<br />
mentre noi abbiamo continuato<br />
la nostra lunga discesa. ho pensato<br />
e ripensato più volte all'episodio<br />
e ho sempre concluso che<br />
al posto loro avrei solo chiesto<br />
una mano per scendere e non mi<br />
sarebbe nemmeno passata per<br />
l'anticamera del cervello l'idea di<br />
chiamare il soccorso. Sempre<br />
negli anni novanta durante una<br />
grigia giornata di novembre salivo<br />
insieme ad un compagno la<br />
parete nord del Pizzo d'uccello<br />
sulle Alpi Apuane. vista la pluriennale<br />
conoscenza della parete<br />
da parte di entrambi abbiamo<br />
deciso di non portare con noi né