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Andrea Lo Faro - il blog del Lofa

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Anche Maradona ha sbagliato un calcio di rigore 11<br />

Uno<br />

di sguardi e invisib<strong>il</strong>i confini, ripetizioni e verità in divenire<br />

Gli sguardi si trovano senza cercarsi, poli magnetici opposti che le leggi<br />

<strong>del</strong>la fisica attraggono loro malgrado. Il Capitano, braccia conserte nel<br />

cerchio di metà campo, è cosciente <strong>del</strong>le proprie responsab<strong>il</strong>ità e maestro<br />

nel mascherare la propria snervante inquietudine. Nasconde sapientemente<br />

la propria emotività, immob<strong>il</strong>e anche quando Asto para <strong>il</strong> rigore <strong>del</strong><br />

temporaneo vantaggio: lo fa per sé, innanzitutto, per <strong>il</strong> proprio orgoglio di<br />

leader, per legittimare una volta di più un ruolo che non dovrà mai essere<br />

messo in discussione. Non di meno, per regalare serenità ai compagni in<br />

un momento diffic<strong>il</strong>e come quello che stanno vivendo insieme: la loro<br />

prima vera finale, l’adrenalina dei calci di rigore dopo cinquanta minuti di<br />

mai cessato equ<strong>il</strong>ibrio. La paura di <strong>del</strong>udere, l’ansia di chi teme di non<br />

essere all’altezza.<br />

In questo, forse solo in quest’unico risvolto <strong>del</strong> carattere <strong>del</strong> Capitano, in<br />

questa sua tendenza a sminuire sempre, agli occhi degli altri, <strong>il</strong> peso <strong>del</strong>le<br />

difficoltà, in questa sua apparente leggerezza nell’affrontare i fatti <strong>del</strong><br />

calcio ma anche <strong>del</strong>la vita, in queste circostanze la napoletanità impressa<br />

sui cromosomi paterni è un’evidenza oltremodo innegab<strong>il</strong>e.<br />

Il <strong>Lo</strong>fa, mani in tasca, è def<strong>il</strong>ato ald<strong>il</strong>à <strong>del</strong>la riga laterale, impossib<strong>il</strong>itato a<br />

tutto tranne che ad alternare gioia e dolore a ogni rete gonfiata. Di tanto in<br />

tanto dà una sistemata agli occhiali i cui naselli non sono più in grado di<br />

reggere <strong>il</strong> peso <strong>del</strong>la sua vecchia montatura in acciaio smaltato nero, più<br />

spesso si asciuga con un fazzoletto di stoffa <strong>il</strong> sudore che neanche le sue<br />

folte sopracciglia riescono ad arginare sulla fronte. Soffre nel vedere la sua<br />

maglia indossata da altri e non fa nulla per nasconderlo, maledice<br />

quell’uscita al limite <strong>del</strong>l’area che ha messo fine alle sue velleità<br />

agonistiche.<br />

Non parlano <strong>il</strong> Capitano e <strong>il</strong> <strong>Lo</strong>fa, non ce n’è bisogno: è la tensione che ne<br />

deforma i lineamenti a comunicare s<strong>il</strong>enziosamente le emozioni che stanno<br />

vivendo.<br />

Prevedib<strong>il</strong>e e previsto <strong>il</strong> rigore di Forrest, ma troppo violento per essere<br />

tenuto al di qua <strong>del</strong>la linea di porta. E’ gol ed è proprio in quel momento<br />

che i loro occhi anticipano incoscienti l’abbraccio nel quale entrambi sono<br />

certi si stringeranno presto. E’ gol e l’otturatore <strong>del</strong>la loro memoria fa<br />

click: <strong>il</strong> Borla la saprà mettere e <strong>il</strong> Capitano, ultimo a doversi presentare<br />

sul dischetto, è oltre ogni lecito sospetto. E’ fatta, sembrano dirsi nella

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