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Anche Maradona ha sbagliato un calcio di rigore 11<br />
Uno<br />
di sguardi e invisib<strong>il</strong>i confini, ripetizioni e verità in divenire<br />
Gli sguardi si trovano senza cercarsi, poli magnetici opposti che le leggi<br />
<strong>del</strong>la fisica attraggono loro malgrado. Il Capitano, braccia conserte nel<br />
cerchio di metà campo, è cosciente <strong>del</strong>le proprie responsab<strong>il</strong>ità e maestro<br />
nel mascherare la propria snervante inquietudine. Nasconde sapientemente<br />
la propria emotività, immob<strong>il</strong>e anche quando Asto para <strong>il</strong> rigore <strong>del</strong><br />
temporaneo vantaggio: lo fa per sé, innanzitutto, per <strong>il</strong> proprio orgoglio di<br />
leader, per legittimare una volta di più un ruolo che non dovrà mai essere<br />
messo in discussione. Non di meno, per regalare serenità ai compagni in<br />
un momento diffic<strong>il</strong>e come quello che stanno vivendo insieme: la loro<br />
prima vera finale, l’adrenalina dei calci di rigore dopo cinquanta minuti di<br />
mai cessato equ<strong>il</strong>ibrio. La paura di <strong>del</strong>udere, l’ansia di chi teme di non<br />
essere all’altezza.<br />
In questo, forse solo in quest’unico risvolto <strong>del</strong> carattere <strong>del</strong> Capitano, in<br />
questa sua tendenza a sminuire sempre, agli occhi degli altri, <strong>il</strong> peso <strong>del</strong>le<br />
difficoltà, in questa sua apparente leggerezza nell’affrontare i fatti <strong>del</strong><br />
calcio ma anche <strong>del</strong>la vita, in queste circostanze la napoletanità impressa<br />
sui cromosomi paterni è un’evidenza oltremodo innegab<strong>il</strong>e.<br />
Il <strong>Lo</strong>fa, mani in tasca, è def<strong>il</strong>ato ald<strong>il</strong>à <strong>del</strong>la riga laterale, impossib<strong>il</strong>itato a<br />
tutto tranne che ad alternare gioia e dolore a ogni rete gonfiata. Di tanto in<br />
tanto dà una sistemata agli occhiali i cui naselli non sono più in grado di<br />
reggere <strong>il</strong> peso <strong>del</strong>la sua vecchia montatura in acciaio smaltato nero, più<br />
spesso si asciuga con un fazzoletto di stoffa <strong>il</strong> sudore che neanche le sue<br />
folte sopracciglia riescono ad arginare sulla fronte. Soffre nel vedere la sua<br />
maglia indossata da altri e non fa nulla per nasconderlo, maledice<br />
quell’uscita al limite <strong>del</strong>l’area che ha messo fine alle sue velleità<br />
agonistiche.<br />
Non parlano <strong>il</strong> Capitano e <strong>il</strong> <strong>Lo</strong>fa, non ce n’è bisogno: è la tensione che ne<br />
deforma i lineamenti a comunicare s<strong>il</strong>enziosamente le emozioni che stanno<br />
vivendo.<br />
Prevedib<strong>il</strong>e e previsto <strong>il</strong> rigore di Forrest, ma troppo violento per essere<br />
tenuto al di qua <strong>del</strong>la linea di porta. E’ gol ed è proprio in quel momento<br />
che i loro occhi anticipano incoscienti l’abbraccio nel quale entrambi sono<br />
certi si stringeranno presto. E’ gol e l’otturatore <strong>del</strong>la loro memoria fa<br />
click: <strong>il</strong> Borla la saprà mettere e <strong>il</strong> Capitano, ultimo a doversi presentare<br />
sul dischetto, è oltre ogni lecito sospetto. E’ fatta, sembrano dirsi nella