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Andrea Lo Faro - il blog del Lofa

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Anche Maradona ha sbagliato un calcio di rigore 85<br />

Trentadue<br />

<strong>del</strong> Tango mo<strong>del</strong>lo España<br />

La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente<br />

come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civ<strong>il</strong>e,<br />

dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una<br />

scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di<br />

eliminarla.<br />

F. Basaglia<br />

«Cretino, non sei capace di tirarla un po’ più piano?». Il pallone, calciato<br />

con troppa foga da Mauro verso la linea invisib<strong>il</strong>e che collega <strong>il</strong> cestino a<br />

un albero e che ne <strong>del</strong>imita la porta, è andato a incastrarsi proprio sotto <strong>il</strong><br />

baracchino <strong>del</strong> barbone. «Adesso ci vai tu a prenderla!» gli urla Dante, che<br />

per comprare quel pallone in cuoio plastificato aveva dovuto investire<br />

l’intera paga settimanale e i risparmi <strong>del</strong>le mance di fine anno. Un Tango<br />

mo<strong>del</strong>lo España, replica di quello ut<strong>il</strong>izzato nel Mondiale che gli azzurri<br />

vinsero al Santiago Bernabéu <strong>il</strong> 11 luglio 1982. Non un banale Supertele.<br />

Mauro sapeva di non potersi esimere dal dare seguito all’ammonimento<br />

<strong>del</strong>l’amico: la regola, esplicita e indiscutib<strong>il</strong>e, è che la va a prendere chi la<br />

tira. Altrimenti non gioca più, neanche se la sua presenza serve per non<br />

essere in dispari oppure per mantenere un minimo di equ<strong>il</strong>ibrio tra le<br />

squadre. Sbuffa, estrae due tre sassolini che gli si erano inf<strong>il</strong>ati in una<br />

scarpa e si avvia a testa bassa. Sa già che non sarà semplice riaverlo e sa<br />

anche che non potrà tornare senza. Non ha scelta. Ci deve quanto meno<br />

provare.<br />

«Franco, dammi <strong>il</strong> pallone».<br />

«No».<br />

«Franco, che cazzo, facci finire la partita e poi te lo prestiamo». Mente, ma<br />

non se ne bada.<br />

«No. Voglio giocare anch’io».<br />

«Franco, come fai a giocare con noi, dai…».<br />

«Voglio giocare anch’io».<br />

«Franco… dai… come fai a correre con la radiolina?».<br />

Il ritornello non cambiava di una sola virgola. «Voglio giocare anch’io.<br />

Voglio giocare anch’io. Voglio giocare anch’io…».

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