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Andrea Lo Faro - il blog del Lofa

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Anche Maradona ha sbagliato un calcio di rigore 57<br />

Ventuno<br />

Semifinale<br />

Lacchiarella, <strong>il</strong> ricordo <strong>del</strong>la sconfitta prima ancora <strong>del</strong>la consapevolezza<br />

di ritornare nella palestra in cui si è materializzata la svolta. <strong>Lo</strong> spogliatoio<br />

sotto le scale, lo stesso nel quale i ragazzi hanno scelto di indossare,<br />

indifferenti al suo mesto ep<strong>il</strong>ogo, la maglietta celebrativa di una vittoria<br />

che non c’è stata, non sul campo, non in quella partita senza ritorno<br />

giocata quasi un anno prima. Il momento in cui la tristezza per una finale<br />

persa non poteva sottacere l’aver vissuto insieme un’esperienza che<br />

avrebbe saputo lasciare un segno in<strong>del</strong>eb<strong>il</strong>e sul loro futuro, in cui due<br />

rigori calciati malamente hanno dato più di quanto non avrebbe mai potuto<br />

regalare un pezzo di latta mo<strong>del</strong>lato sulle linee tondeggianti di una coppa.<br />

Un’<strong>il</strong>lusione smascherata un attimo prima che si tramutasse in<br />

un’ingannevole verità, una promessa la cui unica condizione era la volontà<br />

di crederci.<br />

Tornano a Lacchiarella le Mine Vaganti, per disputare la semifinale <strong>del</strong><br />

campionato provinciale contro un avversario di cui non sanno nulla, se<br />

non <strong>il</strong> nome. Con una sola certezza, l’essere finalmente una squadra. Con<br />

una personalità che mai avevano dimostrato di avere, con la capacità di<br />

imporre a ogni partita i ritmi a loro più congeniali, con la continuità per<br />

arrivare a giocarsela sempre fino in fondo. Un’identità. Roba che non si<br />

trova nel sacchetto <strong>del</strong>le patatine, tanto meno scritta tra le pagine di un<br />

manuale. Che nasce, per caso o forse no, quando <strong>il</strong> gruppo sceglie di<br />

mettersi nelle mani di una sola persona, l’unica deputata a parlare mentre<br />

ognuno vorrebbe dire la sua. A mediare e prendere decisioni. Una persona<br />

che, con alle spalle un passato di allenatore, sì, ma di pallacanestro, non ha<br />

una vera esperienza calcistica se non quella maturata sul campo, con loro,<br />

prima di infortunarsi nel tentativo di difenderne la porta. Con <strong>il</strong> buonsenso<br />

di anteporre <strong>il</strong> gruppo ai risultati e <strong>il</strong> divertimento alla vittoria, assegnando<br />

responsab<strong>il</strong>ità ma allo stesso tempo sminuendo gli errori dei singoli,<br />

ottenendo in cambio <strong>il</strong> meglio da ognuno di loro.<br />

Il <strong>Lo</strong>fa passeggia ai margini <strong>del</strong> campo, un occhio ai suoi compagni e<br />

l’altro ai ragazzi con la scritta Bogside sul petto. Che hanno vinto senza<br />

grandi affanni <strong>il</strong> loro girone e altrettanto fac<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> quarto di finale.<br />

Sono in undici, sono tanti, e dovrebbero avere più ossigeno da spendere<br />

dei sette in rossoblu. Anche se - di questo <strong>il</strong> <strong>Lo</strong>fa ne è convinto nonostante

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