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Andrea Lo Faro - il blog del Lofa

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58 <strong>Andrea</strong> <strong>Lo</strong> <strong>Faro</strong><br />

<strong>il</strong> carattere empirico <strong>del</strong>la sua teoria - non potranno mettere in campo<br />

l’intensità che le soventi sostituzioni tendono a far scemare. Nel calcio a 5<br />

due o tre cambi sono sufficienti. Quattro sono già troppi. A lui piace<br />

pensarla così e i risultati <strong>del</strong>la stagione regolare ottenuti contro compagini<br />

più numerose forse non lo dimostrano in maniera ineccepib<strong>il</strong>e, ma non lo<br />

possono affatto negare.<br />

Ami è ancora deb<strong>il</strong>itato dall’influenza e non se la sente di andare a referto.<br />

Non fa comunque mancare <strong>il</strong> suo rumoroso sostegno, seduto in tribuna<br />

affianco a Mario, che ha dato un seguito alla sua promessa. Gianlukakà<br />

resta anche stavolta una speranza vana, ma per la qual cosa non può essere<br />

condannato: ha parlato chiaro all’inizio <strong>del</strong>la stagione e <strong>il</strong> rimpianto di<br />

vederlo in campo solo di rado è metabolizzato da tempo. Il quintetto di<br />

partenza, pressoché obbligato per dare un minimo di senso alle rotazioni,<br />

prevede Asto tra i pali, <strong>il</strong> Borla e Forrest sulle fasce, Jimmy in mezzo alla<br />

difesa e <strong>il</strong> Capitano come terminale offensivo. Più che le loro giocate,<br />

però, è la tensione a scrivere la cronaca <strong>del</strong>la fase iniziale <strong>del</strong>la partita. La<br />

tensione che ognuno di loro vive in modo diverso ma che si traduce con<br />

rara sistematicità in una reiterazione di errori, dai più grossolani ai più<br />

preoccupanti. In una barriera piazzata male che costa <strong>il</strong> vantaggio<br />

avversario, nell’incapacità di tenere la propria posizione, nella foga di<br />

volere recuperare subito lo svantaggio, nel prendere iniziative fuori da<br />

ogni logica. Il risultato, non fosse che gli avversari non hanno saputo<br />

approfittare <strong>del</strong>le enormi lacune mostrate su entrambi i versanti, avrebbe<br />

dovuto essere ben più severo <strong>del</strong>l’uno a zero su cui si chiude <strong>il</strong> primo<br />

tempo.<br />

«Perché continuate a far di testa vostra? Non lo capite che così facciamo <strong>il</strong><br />

loro gioco?». Le parole spese nel preparare la partita si sono dimostrate<br />

vane e i problemi apparentemente annegati negli abissi <strong>del</strong> passato sono<br />

tornati d’attualità. Inspiegab<strong>il</strong>mente, perché <strong>il</strong> confronto, almeno sul piano<br />

tecnico, sembra sb<strong>il</strong>anciato a favore <strong>del</strong>le Mine Vaganti e la sola tensione<br />

non può quindi giustificare venti lunghi minuti in cui in campo si è visto<br />

l’esatto contrario di quello che i ragazzi si erano ripromessi di fare. La<br />

frustrazione di un allenatore, in questi frangenti, raggiunge lo zenit:<br />

l’atmosfera è rarefatta, ma l’esperienza è ossigeno. Insistere è l’unica<br />

strada percorrib<strong>il</strong>e. «State tranqu<strong>il</strong>li, non abbiate fretta, manca ancora tutto<br />

<strong>il</strong> secondo tempo. Se fra una decina di minuti siamo ancora sotto, allora ci<br />

giochiamo <strong>il</strong> tutto per tutto. Ma per <strong>il</strong> momento dobbiamo continuare a<br />

credere che la partita si possa vincere come sappiamo noi. Con le nostre

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