dell'Anno della Fede - Webdiocesi
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26<br />
Anno <strong>della</strong> fede<br />
l’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!» (Es 3,7-10).<br />
A questo segno iniziale, valido per Mosè che<br />
mostra di averne veramente bisogno, Dio aggiunge<br />
un altro segno, non d’immediata percezione, ma<br />
tale da rimanere, una volta avverato, valido non<br />
solo per Mosè ma per tutte le generazioni future:<br />
11 Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal<br />
faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti?».<br />
12 Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti<br />
ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo<br />
dall’Egitto, servirete Dio su questo monte»<br />
(Es 3,11-12).<br />
Mosè ha pienamente ragione di ritenersi impari<br />
all’impresa. Essa non può avere umanamente<br />
speranza di successo. Ma Dio sarà con Mosè.<br />
La predizione dell’atto di culto presso l’Oreb (o<br />
Sinai) stabilisce un rapporto fra questa missione e<br />
la solenne adunata presso il Sinai per la stipulazione<br />
dell’Alleanza, sigillata mediante il sangue di olocausti<br />
e sacrifi ci pacifi ci (Es 24).<br />
E le prime parole di quel testo dell’Alleanza saranno<br />
appunto l’espressione del “segno”, il fondamento<br />
storico e teologico del nuovo rapporto fra<br />
Dio e quel popolo : «Io sono il Signore, il tuo Dio, che<br />
ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione<br />
di schiavitù» (Es 20,2).<br />
Quella prima solenne assemblea cultuale, dalla<br />
quale nasce il popolo di Dio, è la dimostrazione<br />
concreta che l’incredibile, l’impossibile è avvenuto<br />
e che, dunque, non Mosè, ma Dio ha fatto uscire<br />
Israele dall’Egitto.<br />
Alla proposta di Dio fa riscontro l’atteggiamento<br />
titubante di Mosè. Dopo la prima diffi coltà: «Chi<br />
sono io?», ne fa seguire altre quattro: «mi diranno:<br />
“come si chiama”? e io che cosa risponderò loro?».<br />
(Es 3,13).<br />
Mosè rispose: «Ecco, non mi crederanno, non<br />
ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è<br />
apparso il Signore!» (Es 4,1).<br />
Mosè disse al Signore: «Mio Signore, io non sono<br />
un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e<br />
neppure da quando tu hai cominciato a parlare al<br />
tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua»<br />
(Es 4,10).<br />
Mosè disse: «Perdonami, Signore mio, manda chi<br />
vuoi mandare!» (Es 4,13).<br />
È evidente che Mosè ha già la fede: crede alle parole<br />
di Dio, eppure vuole vederci chiaro su quelle che<br />
saranno le implicazioni concrete del messaggio<br />
divino. Si tratta <strong>della</strong> fi des quaerens intellectum (la<br />
fede che cerca l’intelligenza).<br />
Ma la fede più sincera non esclude, almeno per un<br />
certo tempo, il timore. Mosè non dubita di Dio, ma<br />
dubita di se stesso. E insieme teme di dover troppo<br />
soff rire.<br />
L’ultima richiesta : “ manda chi vuoi mandare!” e<br />
cioè “ manda un altro, ma non me”, è sottintesa<br />
nelle quattro prime diffi coltà. Mosè crede in Dio,<br />
crede nel destino del suo popolo, è felice che sia<br />
venuto il giorno in cui l’anelito <strong>della</strong> sua giovinezza<br />
incomincia a realizzarsi e tuttavia vorrebbe ripiegare<br />
sulla posizione del gregario entusiasta, rinunciando<br />
al peso insopportabile <strong>della</strong> condizione di<br />
condottiero.<br />
2. La missione<br />
La naturale timidezza (non è forse la balbuzie<br />
un sintomo di timidezza?) affi orerà di tanto in<br />
tanto nella storia travagliata di Mosè, quando<br />
l’esperienza gli avrà insegnato ciò che nel momento<br />
<strong>della</strong> vocazione già intuisce: egli doveva essere per<br />
quel popolo infantile e violento come un padre e<br />
insieme come una madre:<br />
11 Mosè disse al Signore: «Perché hai trattato così<br />
male il tuo servo? Perché non ho trovato grazia<br />
ai tuoi occhi, tanto che tu mi hai messo addosso<br />
il carico di tutto questo popolo?<br />
12 L’ho forse concepito io tutto questo popolo?<br />
O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi<br />
dica: Pòrtatelo in grembo, come la balia porta<br />
il bambino lattante, fi no al paese che tu hai<br />
promesso con giuramento ai suoi padri?<br />
14 Io non posso da solo portare il peso di tutto<br />
questo popolo; è un peso troppo grave per me.<br />
15 Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto,<br />
fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; io<br />
non veda più la mia sventura!» (Num 11,11-12.14-15).<br />
Piegandosi alla volontà di Dio, Mosè riuscì in<br />
quel primo momento e riuscirà anche in seguito<br />
a superare la sua timidezza, manifestandosi per<br />
quel personaggio dalla forza sovrumana pronta<br />
a traboccare in collera maestosa. Si tratta di una<br />
forza che proviene da Dio e che per rivelarsi si<br />
poggia sulla debolezza umana.<br />
Continuando la rassegna dei tratti personali <strong>della</strong><br />
fede di Mosè, sorvolo sulla sua vittoria contro le